martedì 15 marzo 2016

pc 15 marzo - LA "CARTA DEI DIRITTI UNIVERSALI DEL LAVORO" DELLA CGIL - 2° PARTE

 La prima parte è stata pubblicata il 9 marzo:
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2016/03/pc-9-marzo-il-nuovo-statuto-della-cgil.html

Dalla presentazione del 9 marzo:
"...si tratta... di un intreccio tra: affermazioni tanto generiche quanto inutili, analisi niente affatto calate nella realtà odierna dei lavoratori e delle lavoratrici, copiatura (fatta anche male) di normative già esistenti (che, purtroppo, senza la lotta, non diventano neanche strumenti a difesa dei lavoratori).
Ma la Cgil non dice che vuole organizzare una grande campagna di lotta sui diritti violati dei lavoratori e delle lavoratrici, ma aumenta la montagna di carte, arraffando dappertutto...
...è un'operazione contro lo "Statuto dei Lavoratori". La Cgil della Camusso è salita sul carro di tutti coloro che vogliono cancellare lo Statuto dei lavoratori e sostituirlo con uno Statuto del lavoro. 
E non basteranno 96 articoli per nasconderlo.
CONTINUIAMO AD ESAMINARE GLI ARTICOLI PRINCIPALI DI QUESTA "CARTA DEI DIRITTI UNIVERSALI DEL LAVORO" - le frasi in grassetto e corsivo sono le nostre.
La Camusso vuole veramente il punto di vista dei lavoratori?
Art. 8 - Diritto al riposo
1. Salva ogni diversa previsione di maggior favore, tutti i lavoratori hanno diritto a un riposo minimo giornaliero di 11 ore, oltre che a un riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive, e a un riposo annuale di almeno 4 settimane...
A che serve questo articolo? Nella normativa sull'orario di lavoro è già previsto questo riposo. Invece di aggredire le condizioni di avanzato peggioramento del lavoro che impediscono che si attuino queste norme, la Cgil si limita a ripeterle come un “pappagallo”.
Art. 9 - Diritto alla conciliazione tra vita familiare e vita professionale
1. Lo svolgimento di esami clinici e di visite mediche specialistiche connesse alla
genitorialità rende inesigibile la prestazione lavorativa e dà diritto a permessi retribuiti o a prestazioni previdenziali...
3. I lavoratori con responsabilità familiari hanno diritto alla conciliazione secondo modalità che possono contemplare congedi, riduzioni di orario o altre forme efficaci di conciliazione alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi e dagli accordi collettivi stipulati dalle associazioni dei lavoratori autonomi, ove applicabili, ovvero dalla legge.
4. Per garantire l’ingresso e la permanenza nella vita attiva di lavoratori con responsabilità familiari o il loro rientro dopo un’assenza dovuta a tali responsabilità, la Repubblica assicura forme di orientamento e di formazione mirata all’aggiornamento della loro professionalità, nonché orari e modalità di lavoro, anche a distanza, compatibili con le esigenze familiari...
5. E’ compito della Repubblica, in relazione alle predette responsabilità familiari ed alla tutela dei diritti del bambino, assicurare servizi accessibili e di qualità per la cura, la custodia, l’educazione e l’istruzione, dei bambini di età prescolare e servizi per le persone anziane bisognose di cura.
6. Le responsabilità familiari non possono costituire valido motivo di recesso da parte dell’altro contraente.
Qui, a parte il primo e ultimo punto, gli altri sono posti in termini talmente generici che non dicono nulla, non pongono diritti certi ed esigibili. E soprattutto, le questioni più importanti: riduzioni d'orario, permessi vengono rinviati alle modalità stabilite dai CCNL o dalla legge, e, quindi, torniamo allo stessa situazione attuale in cui CCNL e legge piuttosto restringono e peggiorano i diritti, che riconoscerne di nuovi. Pertanto, è ancora un “mettersi la coscienza a posto” per non dire nulla.
Art. 10 - Diritto alle pari opportunità tra donna e uomo in materia di lavoro e professione
1. In applicazione dell’articolo 3, commi 1 e 2 della Costituzione, è assicurata la parità di trattamento e di opportunità tra lavoratrici e lavoratori.
2. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore delle donne ovvero degli uomini, nei casi e nella misura in cui l’uno o l’altro sesso risulti sottorappresentato...
In questo articolo da un lato non si dice ancora una volta nulla che non sia già scritto (il problema è che non viene applicato!); dall'altro però nel secondo punto si dice una cosa negativa, subdolamente negativa. Qui stiamo parlando della parità della donna con le condizioni dell'uomo, o no? In realtà NO, perchè si dice che anche l'uomo potrebbe essere “sottorappresentato”, dando così un'arma al diritto borghese contro le lavoratrici. In questo sistema per affermare la parità occorre affermare il “diritto diseguale” per le donne! In questo sistema capitalista, in cui le donne, e le lavoratrici soprattutto, sono “per principio” e prassi, doppiamente sfruttate, discriminate, ogni politica di “pari diritti” che metta sullo stesso piano donne e uomini, è in realtà una perpetuazione della condizione di discriminazione delle donne.
Art. 11 - Diritto a non essere discriminato nell’accesso al lavoro e nel corso del rapporto di lavoro
1. Tutti i lavoratori hanno diritto a non essere discriminati, nell’accesso al lavoro e nel corso del rapporto di lavoro, a causa delle convinzioni personali, dell’affiliazione e partecipazione all’attività politica o sindacale, del credo religioso, del sesso e delle scelte sessuali, dello stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, dell’orientamento sessuale, dell’età, degli handicap, della razza, dell’origine etnica, del colore, del gruppo linguistico, dell’ascendenza, della nazionalità, della cittadinanza, della residenza, dello stato di salute, di condizioni sociali o condizioni e scelte personali, di controversie con l’attuale datore di lavoro o con i precedenti, o del fatto di avere denunciato condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza
in ragione del rapporto di lavoro...
6. In deroga a quanto previsto... una differenza di trattamento basata su di una caratteristica correlata ad uno dei fattori individuati dal comma 1 non costituisce
discriminazione, diretta od indiretta, laddove, per la natura dell’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa medesima, purché l’obiettivo sia legittimo ed il requisito proporzionato...
Qui vi è un allargamento di quanto già viene vietato dallo Statuto dei Lavoratori. Ma il problema è il punto 6: la deroga. Si indicano discriminazioni di vario genere... ma “se la natura dell'attività lavorative...”, ecc. ecc., queste diventano legittime. E' scontato come verrebbero usate queste deroghe dalle aziende e in sede giudiziaria.
Art. 12 - Diritto di riservatezza e divieto di controlli a distanza
1. E' vietato l’uso di impianti audiovisivi e di ogni altro mezzo per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori...
Questo è già ampiamente previsto dallo Statuto dei lavoratori.
Art. 13 - Divieto del trattamento dei dati ed estensione di tutele relative alla libertà e dignità dei lavoratori...
Ci sono già le leggi che lo prevedono, tant'è che la stessa Cgil non può che citare e rimandare a queste leggi...
Art. 14 - Diritto all'informazione
Idem come sopra
Art. 15 - Diritto a soluzioni ragionevoli in caso di disabilità oppure di malattia di lunga durata...
Idem come sopra
Art. 16 - Diritto di ripensamento e diritto al congruo preavviso in caso di modifiche contrattuali unilaterali
1. Durante lo svolgimento del rapporto di lavoro il lavoratore può denunciare il patto con cui sono attribuiti alla controparte, committente o datore di lavoro, poteri unilaterali di modifica delle condizioni contrattuali, sulla base di sopravvenute e documentate ragioni connesse a:
a) ineludibili esigenze di carattere familiare;
b) esigenze di tutela della salute certificate dal competente Servizio sanitario pubblico;
c) ulteriori casi stabiliti dai contratti collettivi o dagli accordi collettivi stipulati dalle
associazioni dei lavoratori autonomi, ove applicabili.
2. La denuncia va fatta in forma scritta e deve essere accompagnata da un preavviso di almeno 15 giorni.
3. In tutti i casi in cui sia attribuito dalla legge o dal contratto il potere unilaterale del datore di lavoro o del committente di modificare l’oggetto, il luogo o il tempo della prestazione dovuta, il lavoratore ha diritto ad un preavviso di almeno 15 giorni.
(E' sintomatico come qui si usi la parola “patto”, come se fosse un accordo tra due parti che stanno nella stessa condizione, travisando quindi il rapporto di subordinazione del lavoratore). Nel merito. Qui si dice solo che il lavoratore può denunciare, ma senza porre che il lavoratore per questo non può essere licenziato, la cosa diventa una richiesta, a cui al 90% il padrone dice NO. Invece per quanto riguarda il potere dell'azienda di modificare (= peggiorare) le condizioni di lavoro, si dice solo che deve dare un preavviso di 15 gg.

(CONTINUA)

Nessun commento:

Posta un commento