http://proletaricomunisti.blogspot.it/2016/03/pc-9-marzo-il-nuovo-statuto-della-cgil.html
Dalla presentazione del 9 marzo:
"...si tratta... di un
intreccio tra: affermazioni tanto generiche quanto inutili, analisi
niente affatto calate nella realtà odierna dei lavoratori e delle
lavoratrici, copiatura
(fatta anche male) di normative già esistenti (che, purtroppo, senza la
lotta, non diventano neanche strumenti a difesa dei lavoratori).
Ma
la Cgil non dice che vuole organizzare una grande campagna di lotta sui
diritti violati dei lavoratori e delle lavoratrici, ma aumenta la
montagna di carte, arraffando dappertutto...
...è un'operazione contro lo "Statuto dei Lavoratori".
La Cgil della Camusso è salita sul carro di tutti coloro che vogliono
cancellare lo Statuto dei lavoratori e sostituirlo con uno Statuto del
lavoro.
E non basteranno 96 articoli per nasconderlo.
CONTINUIAMO AD ESAMINARE GLI ARTICOLI PRINCIPALI DI QUESTA "CARTA DEI DIRITTI UNIVERSALI DEL
LAVORO" - le frasi in grassetto e corsivo sono le nostre.
Art.
8 - Diritto
al riposo
La Camusso vuole veramente il punto di vista dei lavoratori? |
1.
Salva ogni diversa previsione di maggior favore, tutti i lavoratori
hanno diritto a un riposo minimo
giornaliero di 11 ore, oltre che a un riposo settimanale di almeno 24
ore consecutive, e
a un riposo annuale di almeno 4 settimane...
A
che serve questo articolo? Nella normativa sull'orario di lavoro è
già previsto questo riposo. Invece di aggredire le condizioni di
avanzato peggioramento del lavoro che impediscono che si attuino
queste norme, la Cgil si limita a ripeterle come un “pappagallo”.
Art.
9 - Diritto
alla conciliazione tra vita familiare e vita professionale
1.
…Lo
svolgimento di esami clinici e di visite mediche specialistiche
connesse alla
genitorialità rende inesigibile la prestazione lavorativa e dà diritto a permessi retribuiti o a prestazioni previdenziali...
genitorialità rende inesigibile la prestazione lavorativa e dà diritto a permessi retribuiti o a prestazioni previdenziali...
3.
I
lavoratori con responsabilità familiari hanno diritto alla
conciliazione secondo modalità che possono
contemplare congedi, riduzioni di orario o altre forme efficaci di
conciliazione alle condizioni
e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi e dagli
accordi collettivi stipulati
dalle associazioni dei lavoratori autonomi, ove applicabili, ovvero
dalla legge.
4.
Per
garantire l’ingresso e la permanenza nella vita attiva di
lavoratori con responsabilità familiari
o il loro rientro dopo un’assenza dovuta a tali responsabilità, la
Repubblica assicura forme
di orientamento e di formazione mirata all’aggiornamento della loro
professionalità, nonché
orari e modalità di lavoro, anche a distanza, compatibili con le
esigenze familiari...
5.
E’
compito della Repubblica, in relazione alle predette responsabilità
familiari ed alla tutela dei
diritti del bambino, assicurare servizi accessibili e di qualità per
la cura, la custodia, l’educazione e l’istruzione, dei bambini di
età prescolare e servizi per le persone anziane bisognose
di cura.
6.
Le
responsabilità familiari non possono costituire valido motivo di
recesso da parte dell’altro contraente.
Qui,
a parte il primo e ultimo punto, gli altri sono posti in termini
talmente generici che non dicono nulla, non pongono diritti certi ed
esigibili. E soprattutto, le questioni più importanti: riduzioni
d'orario, permessi vengono rinviati alle modalità stabilite dai CCNL
o dalla legge, e, quindi, torniamo allo stessa situazione attuale in
cui CCNL e legge piuttosto restringono e peggiorano i diritti, che
riconoscerne di nuovi. Pertanto, è ancora un “mettersi la
coscienza a posto” per non dire nulla.
Art.
10 - Diritto
alle pari opportunità tra donna e uomo in materia di lavoro e
professione
1.
In
applicazione dell’articolo 3, commi 1 e 2 della Costituzione, è
assicurata la parità di trattamento
e di opportunità tra lavoratrici e lavoratori.
2.
Il
principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di
misure che prevedano vantaggi
specifici a favore delle donne ovvero degli uomini, nei casi e nella
misura in cui l’uno
o l’altro sesso risulti sottorappresentato...
In
questo articolo da un lato non si dice ancora una volta nulla che non
sia già scritto (il problema è che non viene applicato!);
dall'altro però nel secondo punto si dice una cosa negativa,
subdolamente negativa. Qui stiamo parlando della parità della donna
con le condizioni dell'uomo, o no? In realtà NO, perchè si dice che
anche l'uomo potrebbe essere “sottorappresentato”, dando così
un'arma al diritto borghese contro le lavoratrici. In questo sistema
per affermare la parità occorre affermare il “diritto diseguale”
per le donne! In questo sistema capitalista, in cui le donne, e le
lavoratrici soprattutto, sono “per principio” e prassi,
doppiamente sfruttate, discriminate, ogni politica di “pari
diritti” che metta sullo stesso piano donne e uomini, è in realtà
una perpetuazione della condizione di discriminazione delle donne.
Art.
11 - Diritto
a non essere discriminato nell’accesso al lavoro e nel corso del
rapporto di lavoro
1.
Tutti
i lavoratori hanno diritto a non essere discriminati, nell’accesso
al lavoro e nel corso del
rapporto di lavoro, a causa delle convinzioni personali,
dell’affiliazione e partecipazione all’attività
politica o sindacale, del credo religioso, del sesso e delle scelte
sessuali, dello stato
matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, dell’orientamento
sessuale, dell’età, degli handicap,
della razza, dell’origine etnica, del colore, del gruppo
linguistico, dell’ascendenza, della
nazionalità, della cittadinanza, della residenza, dello stato di
salute, di condizioni sociali
o condizioni e scelte personali, di controversie con l’attuale
datore di lavoro o con i precedenti,
o del fatto di avere denunciato condotte illecite di cui siano venuti
a conoscenza
in
ragione del rapporto di lavoro...
6.
In
deroga a quanto previsto... una differenza di
trattamento basata su di una caratteristica
correlata ad uno dei fattori individuati dal comma 1 non costituisce
discriminazione,
diretta od indiretta, laddove, per la natura dell’attività
lavorativa o per il contesto
in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un
requisito essenziale e determinante
per lo svolgimento dell’attività lavorativa medesima, purché
l’obiettivo sia legittimo
ed il requisito proporzionato...
Qui
vi è un allargamento di quanto già viene vietato dallo Statuto dei
Lavoratori. Ma il problema è il punto 6: la deroga. Si indicano
discriminazioni di vario genere... ma “se la natura dell'attività
lavorative...”, ecc. ecc., queste diventano legittime. E' scontato
come verrebbero usate queste deroghe dalle aziende e in sede
giudiziaria.
Art.
12 - Diritto
di riservatezza e divieto di controlli a distanza
1.
E' vietato l’uso di impianti audiovisivi e di ogni altro mezzo per
finalità di controllo a distanza
dell'attività dei lavoratori...
Questo
è già ampiamente previsto dallo Statuto dei lavoratori.
Art.
13 - Divieto
del trattamento dei dati ed estensione di tutele relative alla
libertà e dignità dei lavoratori...
Ci
sono già le leggi che lo prevedono, tant'è che la stessa Cgil non
può che citare e rimandare a queste leggi...
Art.
14 - Diritto
all'informazione
Idem
come sopra
Art.
15 - Diritto
a soluzioni ragionevoli in caso di disabilità oppure di malattia di
lunga durata...
Idem
come sopra
Art.
16 - Diritto
di ripensamento e diritto al congruo preavviso in caso di modifiche
contrattuali unilaterali
1.
Durante
lo svolgimento del rapporto di lavoro il lavoratore può denunciare
il patto con cui sono
attribuiti alla controparte, committente o datore di lavoro, poteri
unilaterali di modifica delle
condizioni contrattuali, sulla base di sopravvenute e documentate
ragioni connesse a:
a)
ineludibili esigenze di carattere familiare;
b)
esigenze di tutela della salute certificate dal competente Servizio
sanitario pubblico;
c)
ulteriori casi stabiliti dai contratti collettivi o dagli accordi
collettivi stipulati dalle
associazioni
dei lavoratori autonomi, ove applicabili.
2.
La
denuncia va fatta in forma scritta e deve essere accompagnata da un
preavviso di almeno
15 giorni.
3.
In
tutti i casi in cui sia attribuito dalla legge o dal contratto il
potere unilaterale del datore di lavoro
o del committente di modificare l’oggetto, il luogo o il tempo
della prestazione dovuta,
il lavoratore ha diritto ad un preavviso di almeno 15 giorni.
(E'
sintomatico come qui si usi la parola “patto”, come se fosse un
accordo tra due parti che stanno nella stessa condizione, travisando
quindi il rapporto di subordinazione del lavoratore). Nel merito. Qui
si dice solo che il lavoratore può denunciare, ma senza porre che il
lavoratore per questo non può essere licenziato, la cosa diventa una
richiesta, a cui al 90% il padrone dice NO. Invece per quanto
riguarda il potere dell'azienda di modificare (= peggiorare) le
condizioni di lavoro, si dice solo che deve dare un preavviso di 15
gg.
(CONTINUA)
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