martedì 15 marzo 2016

pc 15 marzo - Giulio Regeni - Speciale 3 - La natura della dittatura militare in Egitto e la geopolitica del mediterraneo

Egitto - fusione tra classe dominante e gerarchie militari.

Si sa che nelle dittature militari, il potere è detenuto dalla classe dominante, gestito attraverso i militari. Una caratteristica dell'Egitto è una fusione tra classe dominante e gerarchie militari. Queste ultime non sono serve dei padroni ma sono padroni in primis. E questo da lungo tempo e al di là dello schieramento temporaneo che il capo militare di turno ha, dal “progressista” Nasser a Mubarak, all'odierno al-Sisi.
Sono espressione della borghesia burocratico compradora asservito all'imperialismo principalmente Usa, e lo restano anche quando cercano di contrastare gli interessi Usa e degli altri paesi imperialisti occidentali, come è successo ia tempi di Nasser ed è successo agli altri paesi del mondo arabo.
Nelle dittature militari esiste però una compattezza tutta apparente e che vale in maniera rigida solo verso oppositori, proletari e masse, mentre all'interno sono attraversate da faide feroci.
L'ascesa di al-Sisi è il frutto delle faide interne al Consiglio supremo delle Forze armate, di cui lui ha approfittato, ponendosi come il più capace di estromettere il movimento islamico, andato al potere con le elezioni e di ristabilire l'ordine politico e sociale nei confronti di ogni tipo di opposizione espressasi a piazza Thair come negli scioperi operai.
Ma, chiaramente, al-Sisi ha cercato di costruire il suo regime e questo ha provocato contraddizioni interne tra le forze militari.
Tra le varie forme di depistaggio in occasione della morte di Giulio Regeni, vi sono stati quelli che hanno sostenuto che Giulio sia stato ucciso da una di queste fazioni interne al regime per mettere in difficoltà al-Sisi. Si tratta anche qui di un falso. Il problema è esattamente il contrario. Vale a dire che Regeni è stato ucciso, come è ormai ben chiaro, dai Servizi di al-Sisi, nel quadro della sua repressione ordinaria, rivolta alle lotte dei lavoratori e ai sindacati indipendenti. E che ora, invece, è possibile che se intorno alla vicenda Regeni si sviluppasse e si intensificasse un movimento di opposizione e di isolamento internazionale del regime di al-Sisi, queste faide interne possono alimentarsi e mettere in crisi il regime.

Gli intrecci politici economici con ENI e Italia

La morte di Giulio e il movimento per la verità e giustizia all'interno e nel movimento internazionale, oltre che mettere in luce la natura del regime, i suoi intrecci economici e politici con l'Italia e l'Eni in particolare, mette in luce e alimenta un altro tipo di conflitto economico e politico, all'interno dell'imperialismo e regimi suoi servi.
Ne scrive Guido Rampoldi su Il Fatto quotidiano, che sottolinea come in questa vicenda vi sia del 'non detto' e, in particolare “lo scontro titanico tra Zhor e Leviathan, che nel prossimo futuro contribuirà a formare la geo politica del mediterraneo della sponda sud”. Questi due nomi non sono tanto un ritorno all'antichità, né due personaggi dei fumetti-film della Marvel.
Zhor è il nome del gigantesco giacimento di gas scoperto dall'Eni in Egitto. Leviathan è il non meno vasto giacimento che si estende tra le acque territoriali di Cipro, Israele e Gaza (un'area però controllata dagli israeliani).
L'Eni cerca di convincere gli israeliani che i due progetti non sono alternativi e anzi potrebbero condividere un reticolo di gasdotti, ma è evidente che i formidabili appetiti economici e geopolitici, suscitati da Leviathan, uscirebbero ridimensionati dallo sfruttamento del gas egiziano.
Quindi, Leviathan, cioè Israele, ha interesse a fermare Zhor, e quindi l'Eni, e naturalmente Israele sa di avere molto potere all'interno della dittatura militare egiziana. E' del tutto evidente, quindi, che ora dopo la morte di Giulio, siano entrati in campo interessi economici e politici consistenti. E l'Eni e il governo di cui si serve, Renzi, ha assoluto bisogno di puntellare al-Sisi e salvaguardare la sua posizione. Questo rende del tutto improbabili le dichiarazioni di 'verità' del governo Renzi e del suo portavoce Gentiloni. Anzi, questo governo e il suo padrone hanno tutto l'interesse ad una verità di comodo che metta a tacere il caso.
E' evidente, quindi, che noi invece abbiamo tutto l'interesse contrario, a svelare questo intreccio assassino e rendere così onore non solo alla vita ma anche alla morte di Giulio.

Sarebbe un bene, però, che questo lo comprendesse anche la famiglia, gli amici, il vasto movimento di ricercatori e di democratici che è mobilitato dalla morte di Giulio. Noi siamo con loro, dalla loro parte, sentiamo come tutti che “Giulio è uno di noi”, ma dobbiamo dire con chiarezza che domandare ai suoi aguzzini e ai loro complici questa verità è inutile e fuorviante, ci fa perdere tempo e non indirizza correttamente i passi da fare. 

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