“Dietro
la guerra? Profitti!” Questo diceva il grande giornalista comunista
John Reed.
Ma,
ancor prima di lui Robert Clive, che creò la potenza delle Indie
orientali britanniche e fu anche governatore del Bengala, spiegò e
teorizzò l'interdipendenza tra espansione commerciale e forza delle
armi, sintetizzandola in una frase: “I commerci finanziano le armi
e le armi proteggono i commerci”.
Questo
oggi è particolarmente evidente nell'attivismo commerciale e
militare in progress dell'imperialismo italiano. In particolare se si
pensa al regime di al-Sisi, Matteo Renzi è stato il primo capo di
governo europeo a visitare il Cairo e ha partecipare ad un mega Forum
economico a Sharm el Sheikh.
L'Eni
è impegnato nella nuove esplorazioni con la mega scoperta del
giacimento di Al-Zhor che vale a regime ben 200mila barili di
petrolio al giorno e investimenti per almeno 12 miliardi di dollari.
Quella
scoperta ha cementato un'amicizia che vale, in scambi commerciali
(nel 2014), oltre 5 miliardi di euro e che in prospettiva mira a
progetti per i quali complessivamente il governo egiziano ha
annunciato di voler investire 80/90 miliardi di dollari nei prossimi
anni.
Infine
l'Egitto confina con la Libia, dove l'Italia nel 2011 ha perso
terreno a causa dell'intervento franco-britannico per abbattere
Gheddafi - sostenuto dalla Clinton, rispetto alla posizione più
tiepida del suo presidente Obama. Quindi, l'Egitto è anche il
garante, l'alleato principale nella zona dell'Italia, nel quadro
dell'intervento-tentativo di riprendersi la Libia, o almeno riuscire
a salvare la restante presenza dell'Eni che gestisce impianti
strategici per il gas. Ma non ci sono solo i commerci e il petrolio,
ma anche le telecomunicazioni e tutta la rete di presenza nel
Mediterraneo, dato che la Libia è la porta dell'Africa Sub sariana
dove vi sono importanti materie prime e tassi di crescita economica
forti, su cui l'Italia vuole mettere le mani o almeno non essere
tagliata fuori.
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