Oggi il peggioramento e l’impoverimento crescente della condizione degli operai, la crisi in cui si dibatte il capitalismo a livello mondiale e l’irrisolvibilità della attuale situazione economica nonostante tutte le “soluzioni” che i governi cercano di inventarsi, stanno dimostrando una cosa semplice: Marx aveva e ha ragione. Marx ha già dimostrato che il cuore del sistema sociale in cui viviamo è nel rapporto lavoro salariato e capitale; un rapporto necessario per l’esistenza stessa del sistema del capitale, della classe dei padroni, ma che, se è la vera fonte delle rovinose condizioni di esistenza della classe operaia, di tutti i lavoratori e della maggioranze della popolazione, esso costituisce per i capitalisti anche la causa della loro rovinosa fine, un cappio in cui più i capitalisti si dibattono, tentando di salvare la loro classe, più esso si stringe intorno al loro collo.
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I PARTE:
"Si pensa comunemente che “il salario è la somma di denaro che il padrone paga per un determinato tempo di lavoro o per una determinata prestazione di lavoro. Il capitalista compera a quanto sembra il loro lavoro (degli operai) con del denaro. Per denaro essi gli vendono il loro lavoro. Ma ciò non è che l’apparenza.
Ciò che essi in realtà vendono al capitalista per una somma di denaro è la loro forza-lavoro”, che per il capitalista è una merce come tutte le altre - ma particolare.
Il salario è il prezzo della merce forza-lavoro che è, come tutte le altre merci, determinato dai costi di produzione di questa merce, cioè dal tempo di lavoro impiegato per la produzione della forza-lavoro (cioè, il tempo di produzione dei beni per mangiare, per vestirsi, per riprodursi come forza-lavoro per andare a lavorare e per riprodursi come classe, ecc.).
“Il capitalista compera questa forza-lavoro per un giorno, una settimana, un mese, ecc. E dopo averla comprata egli la usa, facendo lavorare gli operai per il tempo pattuito”.
Allorchè l’operaio produce per es. una tonnellata di acciaio, il capitalista si impadronisce di questo prodotto e lo vende a x euro. Il salario dell’operaio non è una parte dell’acciaio, del prodotto del proprio lavoro, non è una parte di x euro. L’operaio ha ricevuto il suo salario molto prima che quell’acciaio fosse venduto e forse molto tempo prima che esso fosse prodotto. “Il capitalista, dunque, paga questo salario non con il denaro che egli ricaverà (dall’acciaio), ma con denaro d’anticipo”.
“E’ possibile che egli venda in modo molto vantaggioso in confronto col salario” dell’operaio. Tutto ciò non è affare” dell’operaio.
Il capitalista ha comprato la forza-lavoro come ha comprato la materia prima necessaria per l’acciaio, e la forza-lavoro gli appartiene alla stessa stregua, per esempio, del carbon coke, ecc. L’operaio partecipa al prodotto o al prezzo di esso non più di quello che vi partecipi il carbon coke.
“Il salario non è, dunque, una partecipazione dell’operaio alla merce da lui prodotta”. L’operaio non produce per sè l’acciaio, la pasta, le macchine. Ma produce per sè solo il salario. Egli può produrre, come in effetti produce, gioielli, abbigliamento ultralusso, ma ciò che produce per sè è solo il salario, con cui può solo comprarsi un abito economico.
Il significato delle 8 ore di lavoro non sta per l’operaio nel produrre acciaio, ma “soltanto nel guadagnare ciò che gli permette di andare a tavola, al banco dell’osteria, a letto”.
Il salario è il prezzo della merce forza-lavoro che è, come tutte le altre merci, determinato dai costi di produzione di questa merce, cioè dal tempo di lavoro impiegato per la produzione della forza-lavoro (cioè, il tempo di produzione dei beni per mangiare, per vestirsi, per riprodursi come forza-lavoro per andare a lavorare e per riprodursi come classe, ecc.).
“Il capitalista compera questa forza-lavoro per un giorno, una settimana, un mese, ecc. E dopo averla comprata egli la usa, facendo lavorare gli operai per il tempo pattuito”.
Allorchè l’operaio produce per es. una tonnellata di acciaio, il capitalista si impadronisce di questo prodotto e lo vende a x euro. Il salario dell’operaio non è una parte dell’acciaio, del prodotto del proprio lavoro, non è una parte di x euro. L’operaio ha ricevuto il suo salario molto prima che quell’acciaio fosse venduto e forse molto tempo prima che esso fosse prodotto. “Il capitalista, dunque, paga questo salario non con il denaro che egli ricaverà (dall’acciaio), ma con denaro d’anticipo”.
“E’ possibile che egli venda in modo molto vantaggioso in confronto col salario” dell’operaio. Tutto ciò non è affare” dell’operaio.
Il capitalista ha comprato la forza-lavoro come ha comprato la materia prima necessaria per l’acciaio, e la forza-lavoro gli appartiene alla stessa stregua, per esempio, del carbon coke, ecc. L’operaio partecipa al prodotto o al prezzo di esso non più di quello che vi partecipi il carbon coke.
“Il salario non è, dunque, una partecipazione dell’operaio alla merce da lui prodotta”. L’operaio non produce per sè l’acciaio, la pasta, le macchine. Ma produce per sè solo il salario. Egli può produrre, come in effetti produce, gioielli, abbigliamento ultralusso, ma ciò che produce per sè è solo il salario, con cui può solo comprarsi un abito economico.
Il significato delle 8 ore di lavoro non sta per l’operaio nel produrre acciaio, ma “soltanto nel guadagnare ciò che gli permette di andare a tavola, al banco dell’osteria, a letto”.
“Ma
non appena io (operaio) consumo i mezzi di sussistenza essi sono per me
irrimediabilmente perduti, nel caso in cui io non utilizzi il tempo
durante il quale quei mezzi mi tengono in vita per produrre altri mezzi
di sussistenza, per creare, cioè, con il mio lavoro... nuovi valori al
posto dei valori perduti nel consumo stesso”.
L’operaio, a differenza dello schiavo, del servo della gleba, è “libero”, perchè non si è venduto una volta per sempre al suo padrone insieme con la sua forza lavoro; “L’operaio libero invece vende se stesso pezzo a pezzo”; l’operaio è libero, ma 8 ore della sua vita quotidiana non appartengono più a lui, ma al capitalista che le ha comperate. Certo, l’operaio abbandona quando vuole il capitalista al quale si dà in affitto...”, ma “non può abbandonare l’intera classe dei compratori, cioè dei capitalisti, se non vuole rinunciare alla propria esistenza. Egli non appartiene a questo o quel capitalista, ma alla classe dei borghesi; ed è affar suo cercarsi il suo uomo, cioè trovarsi in questa classe dei capitalisti un compratore”.
“L’esistenza di una classe che non possiede null’altro che la capacità di lavorare, è una premessa necessaria del capitale”.
“L’esistenza di una classe che non possiede null’altro che la capacità di lavorare, è una premessa necessaria del capitale”.
Ora l’operaio ha venduto la sua forza lavoro al capitalista per un giorno, un mese, un anno, ecc. Ma come viene determinato il salario, cioè il prezzo della forza-lavoro? “il salario è il prezzo di una merce determinata, del lavoro. Il salario è dunque determinato dalle stesse leggi che determinano il prezzo di qualsiasi merce”.
Quindi, “il prezzo della forza lavoro (come tutte le altre merci) sarà determinato dai costi di produzione, dal tempo di lavoro che si richiede per produrre questa merce, la forza-lavoro. Ma quali sono i costi di produzione della forza-lavoro? Sono i costi necessari per conservare l’operaio come operaio e per formarlo come operaio”.
Ma come una macchina si può logorare e deve essere sostituita in dieci anni e il capitalista mette in conto ogni anno una parte dei soldi che devono servire per sostituire quella macchina, “allo stesso modo, nei costi di produzione della forza-lavoro devono anche essere conteggiati i costi di riproduzione, per cui la razza degli operai viene posta in condizioni di moltiplicarsi e di sostituire gli operai logorati dal lavoro con nuovi operai”. “Il prezzo di questi costi di esistenza e di riproduzione costituisce il salario minimo”.
“Che cosa avviene nello scambio tra capitalista e operaio salariato? L’operaio riceve in cambio della sua forza-lavoro dei mezzi di sussistenza, ma il capitalista in cambio dei suoi mezzi di sussistenza riceve del lavoro, l’attività produttiva dell’operaio, la forza creatrice con la quale l’operaio non soltanto ricostruisce ciò che consuma, ma conferisce al lavoro accumulato un valore maggiore di quanto aveva prima”.
Nel momento in cui l’operaio cede al capitalista la sua forza riproduttiva in cambio dei mezzi di sussistenza, egli l’ha perde, non è più lui proprietario della sua forza-lavoro.
Il capitalista una volta pagati, poniamo, 50 euro al giorno all’operaio, lo mette al lavoro per 8 ore durante le quali l’operaio non solo ricostruisce i 50 euro che il capitalista gli ha dato, ma li raddoppia - col che, quindi, il capitalista ha “impiegato, consumato in modo profittevole, produttivo” i 50 euro che ha dato all’operaio; l’operaio, invece, “al posto della sua forza produttiva, i cui effetti egli ha ceduto, ha ricevuto dei soldi che scambia con mezzi di sussistenza che consuma più o meno rapidamente”. Quindi i 50 euro “sono stati consumati in due modi: in modo riproduttivo per il capitale, poichè essi sono stati scambiati con una forza-lavoro che ha prodotto (100 euro); in modo improduttivo per l’operaio, poichè essi sono stati scambiati con mezzi di sussistenza, che sono scomparsi per sempre e il cui valore egli potrà riavere soltanto ripetendo il medesimo scambio (con il capitalista)”.
Un operaio, quindi, non produce solo l’acciaio o il cappotto, “egli produce capitale. Egli produce valori che serviranno nuovamente a comandare il suo lavoro, per creare a mezzo di essi nuovi valori”.
“Il capitale può accrescersi soltanto se si scambia con forza-lavoro, soltanto se produce lavoro salariato. Il lavoro salariato si può scambiare con capitale soltanto a condizione di accrescere il capitale, di rafforzare il suo potere di cui è schiavo”...
Un operaio, quindi, non produce solo l’acciaio o il cappotto, “egli produce capitale. Egli produce valori che serviranno nuovamente a comandare il suo lavoro, per creare a mezzo di essi nuovi valori”.
“Il capitale può accrescersi soltanto se si scambia con forza-lavoro, soltanto se produce lavoro salariato. Il lavoro salariato si può scambiare con capitale soltanto a condizione di accrescere il capitale, di rafforzare il suo potere di cui è schiavo”...
(CONTINUA AL PROSSIMO GIOVEDI')
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