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La società vuole che i propri dipendenti abbandonino il contratto nazionale di lavoro per un accordo aziendale firmato con la Cisl. Chi si è rifiutato è stato o trasferito o licenziato
Ilaria lavora da dieci anni per il gruppo Snai. Otto mesi fa è diventata mamma. Ilaria è ancora in “orario ridotto”, perché usufruisce dei cosiddetti “riposi per allattamento”. Ma c’è un problema perché l’azienda per cui lavora, Festa, del gruppoSnai, le ha appena comunicato che ha due ore di tempo per decidere se accetta di firmare un accordo che deroghi dal suo contratto nazionale, quello del commercio. Se non firmerà dal lunedì successivo la sua nuova sede di lavoro sarà a Porcari, in provincia di Lucca.
Lo stesso aut aut è stato imposto anche ai suoi colleghi: chi ha rifiutato di firmare è stato prima trasferito di sede, poi licenziato.Una storia estrema che racconta bene i problemi che affrontano i lavoratori in questo paese. Festa è un call-center del gruppo Snai, ci lavorano 150 operatori, tutti Co.Co.Pro, e una ventina di ragazzi dello staff, tutti assunti con contratti a tempo indeterminato del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del commercio. Tra di loro anche Ilaria, e Debora, responsabile di una delle campagne dell’azienda. Nel mese di marzo uno dei dirigenti avverte i dipendenti: la società è in crisi, non è più possibile mantenere il CCNL. “Il riferimento che ci veniva fatto era quello di Marchionne e della Fiat – racconta Debora – ci è stato detto chiaramente che se anche uno solo di noi non avesse firmato il nuovo accordo, l’azienda avrebbe chiuso. Inoltre – continua Debora – ci è stato consigliato di non rivolgerci alla Cgil”.L’accordo, in realtà, riguarda anche i 150 operatori che, da una parte, verrebbero stabilizzati, ma dall’altra andrebbero incontro sia a un’esasperante flessibilità dell’orario di lavoro (pausa tra un turno e l’altro anche di tre ore nella stessa giornata) sia ad un verbale di conciliazione che li “costringerebbe” a rinunciare a qualsiasi pretesa di contenzioso rispetto al passato. Per tutta risposta, 12 dei venti ragazzi dello staff si iscrivono al sindacato di Corso Italia. Fiorenzo Cristiani della Cigl di Roma sud si reca in azienda per parlare con i vertici di Festa che gli assicurano: “Il nuovo contratto riguarda solo gli operatori”. Viene fissato un incontro con l’azienda, ma a sorpresa, due giorni prima dell’incontro sindacale Festa firma l’accordo con la Fistel Cisl, con la firma di Salvatore Capone e Giorgio Serao.
I dipendenti di Festa imputano alla Cisl di aver firmato un accordo senza essere rappresentata in azienda: “Nessuno ha dato mai alcun mandato a Capone” – spiega Debora. “Anzi, in un incontro sindacale organizzato dall’azienda affinché ci spiegasse l’accordo avevamo detto esplicitamente che non avevamo alcuna intenzione di firmarlo e non ci interessava neanche conoscerlo”. Capone, denunciato dai dipendenti insieme ai vertici di Festa per “estorsione, violenza e minacce”, offre un’altra versione: “Ho illustrato l’accordo, in quella che era una riunione informale, perché mi è stato chiesto da due dipendenti. E poi, in quella sede, ho ripetuto almeno 15 volte che non avevano nessun obbligo di accettarlo, e che, soprattutto, non riguardava loro, ma gli operatori di call center.” La realtà, invece, è stata ben differente: “Se l’azienda – precisa Capone – ha proposto unilateralmente quell’accordo ai lavoratori dello staff, anche con il ricatto, è un comportamento che condanno e stigmatizzo – continua Capone – ma proprio questo atteggiamento dell’azienda, se c’è stato, dimostra che l’accordo riguardava solo gli operatori”.
Fatto sta che dopo la firma con la Cisl, l’azienda pone ai dipendenti un vero e proprio aut aut: “O firmate o andate a lavorare a Lucca, nella sede dove vige ancora il contratto del commercio”. I 12, nonostante le pressioni, rifiutano di firmare e il 2 maggio vengono mandati in trasferta a Lucca per l’intera settimana. Dopo una settimana, in accordo con la CGIL e il loro avvocato, i dipendenti dicono basta: si mettono a disposizione per svolgere il proprio lavoro a Roma. Dai vertici di Festa arriva l’ennesima ritorsione: una lettera di contestazione disciplinare.
Alla Cgil e ai lavoratori non rimane altro che lo scontro: partono le denuncie, pesantissime. Nei confronti dell’azienda e dei rappresentanti CISL: oltre alla violenza, estorsione e minaccia, viene contestato il comportamento antisindacale. In più viene presentato un ricorso d’urgenza per riaffermare l’illegittima della trasferta. “Il tribunale – ci racconta l’avvocato Pierluigi Panici – ci ha dato ragione per quel che riguarda il comportamento antisindacale. Ed ha accertato che non c’è motivo che impedisca di utilizzare i lavoratori a Roma”. Però, l’impugnativa della trasferta è stata rimessa ai singoli lavoratori. Cosa che ha permesso, proprio nelle ultime ore, all’azienda di licenziare tutti i lavoratori che non si stanno recando a Lucca. Ovviamente i sindacati e gli avvocati dei ragazzi dello staff non intendono fermarsi nel far valere i propri diritti: “Ora andremo ad impugnare il licenziamento in tribunale del lavoro. Tutto questo – assicura Panici – non fa che aggravare la posizione di Festa”. Infatti, tra i lavoratori licenziati ci sono anche due RSA della Cgil e due lavoratori che godono dei diritti della legge 104 a cui l’azienda imputa di non essere andati a lavorare a 350 Km da casa.
Infine Panici, ragiona sui rapporti sindacato-azienda: “E’ evidente che qualcuno – seguendo magari l’esempio di Marchionne – vorrebbe un luogo di lavoro senza Cgil”.
di Marco Esposito
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