Il 9 novembre alle ore 0900, presso il tribunale di Lecce udienza del processo sulla Kater I Rades, una nave dei veleni affondata nel canale d’Otranto, carica di rifiuti molto speciali: esseri umani
Il 3 novembre a Lecce, alla libreria Ergot (P.tta Falconieri Lecce, nei pressi di Porta Napoli), alle ore 18.00, Assemblea Antirazzista per discutere su una iniziativa per impedire il silenzio sulla vicenda.
http://www.pugliantagonista.it/osservbalcanibr/kater_appello.htm
Ricordiamo gli antefatti :
Fu nella sera del venerdì Santo , il 28 marzo 1997 che nella acque del canale d’Otranto si consumò l’ennesima tragedia ecologica ai danni del nostro mare ( se non alle nostre coscienze) ed oggi siamo giunti alle fase finale di un processo di appello al tribunale di Lecce che rischia una sentenza clamorosa e tale da creare un precedente pericoloso per il ripetersi di altre catastrofi simili.
Ricordiamo gli antefatti:
In quei giorni di marzo l’Albania era in grave crisi sociale e politica con il Sud in rivolta contro il premier Berisha accusato di aver protetto speculatori finanziari che avevano derubato i risparmi degli albanesi,
Per reprimere il Sud ribelle furono inviati carri armati e aerei da guerra mentre po’ di “scorie” avanzate da una crescita demografica poco occidentale, cercarono di fuggire, la maggior parte in gruppi familiari.
In effetti dal 1991 al 1997 gli albanesi, popolo in gran parte contadino e molto prolifico, avevano continuato a produrre “scorie tossiche” di basso valore aggiunto sotto forma di bambini e bambine, giovani coppie intenzionate a rendere il loro tenore di vita migliore e circa ventimila contenitori tossici, esseri umani di tutte le età, in quei giorni di marzo, furono caricati sul navi e barconi, definiti carrette della speranza e diretti verso la Puglia.
Sappiamo tutti che questa regione riesce a nascondere nelle sue discariche legali e non, rifiuti tossici, radioattivi di ben altro genere, provenienti da tutta Italia, come decine di inchieste giudiziarie lo hanno dimostrato ma sembrò all’opinione pubblica che quei ventimila bidoni e bidoncini albanesi, con braccia e gambe, bocche da sfamare, fossero più pericolosi di mercurio, cromo, arsenico, piombo , diossine e come potessero essere l’avanguardia di un epidemia contagiosa, una vera invasione di rifiuti umani provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico.
Fu così che l’Italia intera , i media e la classe politica furono colpiti da una smaniosa febbre ambientalista e naturista: salviamo la Puglia dall’invasione della “monnezza” albanese e salveremo l’Italia e l’Europa dal cancro dei migranti!
La cattolicissima Irene Pivetti richiese che le navi cariche di scorie albanesi fossero affondate nell’Adriatico, di fronte alle coste del Paese delle aquile.
Il governo di centrosinistra ,di allora, preferì dare l’ordine alla Marina militare italiana di “fermare ad ogni costo “ le navi dei veleni.
Un ‘ossequiosa corvetta della Marina, la Sibilla, facendo il girotondo intorno ad una vecchia motosilurante, la Kater I Rades, stracarica di bidoni e bidoncini tossici affratellati tra loro da vincoli di parentela , la speronò, affondandola, con un centinaio di pericolosi container.
Purtroppo alcuni bidoni , padri e madri dei bidoncini affondati non vollero andare a fondo e, presi a bordo e giunti in Italia, incominciarono a sostenere che la nave Italiana avesse affondati i loro figli-bidoni, le loro mogli-container .
La Marina immediatamente parlò di un piccolo incidente, in cui al massimo vi era stato uno sversamento di qualche bidoncino ma , cosa da poco al confronto di certi disastri, come l’affondamento della nave Kavtat, anni prima, nel canale d’Otranto carica di centinaia di pericolosissimi fusti al tetrametile di piombo.
Inoltre la Marina italiana addossò la colpa alla volontà suicida degli albanesi che avevano cercato a tutti i costi di farsi affondare accanto ai fusti della Kavtat
Gli albanesi naufraghi invece replicarono, sino allo sfinimento, che la loro intenzione era di arrivare in Italia per raggiungere qualche città, pardon , qualche discarica locale o qualche industria, , qualche impianto inquinante del Nord e che non essendo dei Kamikaze, mai volevano fare la fine dei bidoni di mercurio, piombo , uranio che ben altre navi dei veleni avevano affondato nell’Adriatico. A Brindisi furono pochi antirazzisti a credergli e sostenerli nella battaglia perché fossero ripescati i bidoni, pardon, i corpi delle vittime e la nave. Nello stupore generale la versione degli albanesi fu confermata da quanto affiorò dal mare sei mesi dopo.
Il primo processo, portò ad una sentenza salomonica: condannati a un paio di anni entrambi i comandanti delle navi, usciti di scena tutti gli alti gradi politici e militari che avevano dato gli ordini per fare l’opera di disinquinamento in mare , riducendo quella catastrofe ecologica alla stregua di un incidente automobilistico.
In questi giorni di autunno del 2010, al processo di appello a Lecce, abbiamo assistito ad una requisitoria del Procuratore Generale che ci ha lasciato stupefatti, con la richiesta dell’assoluzione del comandante Laudadio il comandante della nave italiana Sibilla e la condanna del pilota della nave albanese, riportando indietro le lancette di questa storia :
1) si ritengono colpevoli i bidoni tossici albanesi superstiti della strage di inaffidabilità, essendo parte in causa e quindi incattiviti nei confronti dei militari italiani,
2)si deve dare credito a quanto detto dalla Marina sin dal primo momento , ovvero che gli albanesi quel giorno avevano deciso di suicidarsi , facendosi affondare nella parte più profonda del Canale d’Otranto, dove nessuno avrebbe potuto recuperarli.
Una teoria confermata da tante storie di ecomafie e di navi dei veleni scomparse nei nostri mari!
Prendendo per buono questo ragionamento, dovremmo ritenere che nonostante che la nave albanese fosse dieci volte più piccola della corvetta Italiana , pur viaggiando sovraccarica a pelo d’acqua, a neanche dieci chilometri all’ora, riuscisse a zigzagare aumentando la velocità grazie all’aiuto di cento braccia e braccine , fuoriuscenti dagli oblò, da una parte e dall’altra, che ne aumentarono la velocità e la spinsero contro la Sibilla.
Se questa versione di fatti sarà presa per buona dalla corte di Appello di Lecce, avremo un precedente che renderà assolutamente immune da giudizio chiunque cerchi di fermare la valanga di rifiuti ( migranti) che dal Sud del mondo , spingono ai confini della nostra Europa.
A questo punto se la sentenza di appello di Lecce assolverà gli “affondatori” , che i migranti “tossici” muoiano in mare senza che le richieste di aiuto siano esaudite, che siano ripresi e riaccompagnati nei lager libici o in quelli dei paesi di origine, o che siano giustiziati sul posto non farà differenza poiché su di loro ricade la colpa di “essere animati” da volontà suicida, quindi di che lamentarsi?
Ad opporsi a questa norma di ecologia estremista ci siamo solo noi ,antirazzisti quelli sempre pronti a difendere la “monnezza degli uomini”, quella che non riesce a star ferma nel proprio paese perchè morirebbe di fame o per guerra: la “Monnezza Migrante”.
Far sentire la nostra voce , la nostra presenza in queste ultime fasi del processo in tutti i modi possibili, forse potrebbe evitare che in fondo a quel mare, nel canale d’Otranto non rischino di affondare anche le nostre coscienze….
Per questo motivo invitiamo tutti gli antirazzisti pugliesi a contattarci per organizzare iniziative di sostegno e di denuncia a partire dall’assemblea antirazzista a Lecce del 3 novembre 2010
Antonio Camuso osservatoriobrindisi@libero.it
Osservatorio sui Balcani di Brindisi
Roberto Aprile boboaprile@tiscali.it
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