Ex operai della Franzoni
per 12 ore sul campanile
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TRANI - Ormai la si può chiamare “disperazione ad orologeria”. Ad ogni scadenza, infatti, il campanile della chiesa parrocchiale di San Giuseppe diventa il luogo simbolo delle rivendicazioni dei lavoratori dell’ex Filatura di Trani per il mantenimento almeno degli ammortizzatori sociali, nell’attesa che la vertenza trovi, se mai sarà possibile, uno sbocco concreto che rilanci il sito e riconverta la manodopera. Ieri, in realtà, è andata in scena la terza protesta in un anno, durata poco meno di mezza giornata: tutti su alle 6, tutti giù alle 17.30.
Protesta nata perché la cassa integrazione in deroga scade domenica e la Franzoni filati, a quanto pare, non sarebbe più disponibile a garantire un’ulteriore copertura economica e, pertanto, dal primo novembre i licenziamenti diverrebbero operativi ed i lavoratori sarebbero ufficialmente in mobilità, quindi disoccupati. Da qui la nuova azione di protesta, strumento che nelle precedenti occasioni ha sortito almeno l’effetto di bloccare processi analoghi già in atto. Tanto più che ieri era previsto un incontro decisivo fra le parti presso il Ministero dello sviluppo economico. La protesta, dunque, rappresentava anche uno strumento di pressione psicologica verso coloro che sedevano al tavolo. Peraltro il tavolo, apertosi, è stato aggiornato al 5 novembre, alle 17.
Per questo motivo, gli operai che avevano occupato il campanile di San Giuseppe ne sono ridiscesi su invito del segretario provinciale Uilta Uil, Luigi Mesaroli e dell’assessore provinciale Pompeo Camero. L’incontro romano si è sciolto dopo che fra Governo e Franzoni filati non si è riusciti a dipanare la matassa della famosa legge 488. Secondo l’esecutivo, l’azienda tessile deve restituire allo Stato i finanziamenti ricevuti a suo tempo per realizzare lo stabilimento di Trani, avendolo chiuso prima dei termini prescritti. L’azienda, invece, si dice convinta che le scadenze siano state rispettate e non debba più nulla. A questo punto, ci si prende qualche giorno per dirimere la questione e ci si rivede il 5 novembre con un quadro più chiaro. Diventa probabile una soluzione intermedia, vale a dire un’ulteriore proroga di due mesi dei termini di licenziamento da parte della Franzoni filati.
La prima scadenza era stata il 31 agosto, la seconda è diventata il 31 ottobre, la terza potrebbe essere il 31 gennaio. Fino al 5 novembre, peraltro, vi è un margine di garanzia, di cinque giorni appunto, perché l’azienda comunichi all’Ag enzia per l’impiego l’efficacia dei licenziamenti. Vi sono, quindi, anche risicati, i margini per rimediare nuovamente sul filo di lana. Da qui la scelta di abbandonare, momentaneamente, la torre campanaia di San Giuseppe. La protesta, però, è sospesa, non revocata. Almeno fino a quando non giungano impegni ufficiali che mutino lo scenario. Gli operai, nelle dodici ore di presenza in cima, a settanta metri di altezza, si sono difesi dal freddo con indumenti più che invernali e vivande calde portate dai colleghi che non sono saliti sula torre campanaria, ma ai piedi della stessa ne sostenevano la protesta. Rabbia e fiducia in una soluzione almeno provvisoria gli stati d’animo espressi, anche se nessuno aveva voglia di parlare. Intorno, curiosità di alcuni e distrazione di tanti. La protesta ad orologeria pare non sia più una sorpresa per gli svagati cittadini.
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