«Le operazioni di soccorso all’interno della Striscia sono pressoché impossibili e ad altissimo rischio. Alla luce di quanto sopra, d’intesa con l’Unità di crisi, si rappresenta pertanto, allo stato attuale, l’inopportunità di operare».
Si conclude così la comunicazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con data 27 febbraio e firmata dal direttore generale Stefano Gatti, con cui il governo italiano ha bloccato le linee di finanziamento ai progetti a Gaza delle Ong italiane.
Nel momento in cui la Striscia affronta una crisi umanitaria spaventosa e la sua popolazione ha bisogno di tutto l’aiuto possibile, il ministro Antonio Tajani ha decretato «l’inopportunità» di qualsiasi attività di cooperazione a Gaza.
Un passo che segue i mesi di incertezza in cui è stato lasciato l’ufficio di Gerusalemme dell’Aics, l’agenzia della cooperazione governativa, rimasto senza un indirizzo e di fatto ignorato dal governo Meloni impegnato ad evitare qualsiasi atto nei Territori palestinesi occupati che potesse risultare
sgradito a Israele. Di ciò il nostro giornale ha riferito in un articolo pubblicato il 14 marzo.Il ministero degli Esteri indica tra i motivi della sua direttiva la situazione a Gaza descritta come «un’area bellica, al centro di una intensa operazione militare, con elevatissimi rischi per la sicurezza». Tuttavia, le Ong italiane sospettano che dietro queste ansie e la decisione di sospendere i progetti, anche quelli già approvati e finanziati da tempo, ci sia ancora la volontà del governo italiano di rassicurare Israele. L’esecutivo guidato da Benyamin Netanyahu ripete dal 7 ottobre che i progetti a favore dei palestinesi di Gaza rappresentano un sostegno ad Hamas e, pertanto, vanno interrotti.
L’Italia non è l’unico paese ad aver fatto questo passo, ma non è passata inosservata la sua solerzia nel rispettare le intimazioni di Israele. Un altro esempio è l’interruzione dei fondi per l’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi.
«Roma ha sospeso la linea di finanziamento per l’emergenza e ci chiede di spostare ogni progetto in Cisgiordania, quindi di abbandonare Gaza. Noi lo troviamo inaccettabile, in questo momento la Striscia deve poter ricevere tutto l’aiuto di emergenza possibile. La gente muore di fame», spiega al manifesto un cooperante italiano che ha chiesto di restare anonimo.
«Abbiamo proposto varianti ai progetti nella direzione del solo aiuto d’emergenza – aggiunge – perché siamo in grado di rispondere a bisogni primari grazie al personale palestinese a Gaza, ma ci siamo trovati davanti un muro. Eppure, a Roma sanno che alcune di queste attività proposte sono salvavita».
La possibilità scartata di poter adattare e continuare i progetti con l’impiego solo del personale palestinese, quindi senza prevedere l’ingresso a Gaza (peraltro al momento quasi impossibile) di cooperanti stranieri, alimenta ulteriormente il sospetto che il ministero degli Esteri sia animato da considerazioni di natura politica e non di sicurezza per gli operatori umanitari italiani.
Tra le Ong colpite direttamente dalla sospensione dei progetti a Gaza già approvati e dall’interruzione della linea di finanziamento ci sono sono Acs, Educaid, Cesvi, Cospe, Oxfam, WeWorld e Progetto Mondo.
«Il 15 aprile avremo un nuovo confronto e ribadiremo con forza che bloccare i i progetti di emergenza è una decisione drammaticamente sbagliata – dice Meri Calvelli, capoprogetto di Acs – e uno scempio nel momento di maggior bisogno per i civili palestinesi. In ogni caso, continueremo ad inviare a Gaza gli aiuti che garantiamo con le donazioni provenienti dalla solidarietà popolare italiana».
* Gerusalemme – da il manifesto
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