Certo, gli operai presenti si sono fatti sentire ed erano anni che non c'era una manifestazione di quel tipo a Torino e il fatto che la maggior parte faceva riferimento alla Fiom dipende essenzialmente dalla intenzione di Tavares di tenere la Fiom fuori dai Tavoli che contano, e questo chiaramente favorisce il fatto che tra gli operai che hanno partecipato a questa manifestazione la Fiom venga concepita come alternativa e di opposizione ai piani del padrone.
Abbiamo già detto e scritto che è necessaria la lotta. Abbiamo detto e scritto che questa lotta ha senso se mobilita e via via unisce innanzitutto gli operai.
I dirigenti sindacali confederali hanno detto che questo è solo l’inizio. Dicono sempre cosi e ce lo ripeteranno non sappiamo tra quanto tempo. Dicono che ora si parte da Torino e poi ci sarà la mobilitazione generale e nazionale di tutti gli stabilimenti. Ma anche su questo non abbiamo gran
fiducia. La scelta di padroni, governo e la parte sindacale più complice è quella che si è espressa con l’accordo per gli esuberi, travestiti da incentivi per licenziamenti “volontari”. Nessuna critica esplicita è stata fatta nella manifestazione a questo accordo.L’unità di cui parlano i vertici sindacali, e De Palma della Fiom, è una farsa, non è quella che serve a Torino e ancora di più in tutti gli stabilimenti Stellantis e appalti.
Noi non pensiamo che la strada sia questa, e neanche siamo d’accordo con quanto dice una parte degli operai, con i quali abbiamo pure dialogato nella manifestazione di Torino. Noi pensiamo che dopo il 12 aprile, sotto il vestito del 12 aprile, se si continuerà così c’è poco o niente, né l’unità di classe, né la lotta vera, né la piattaforma operaia, né risultati concreti per gli operai ai Tavoli aziendali, regionali e romani.
In questi Tavoli c’è la gestione degli esuberi, c’è la cassintegrazione permanente gestita con flessibilità a misura del padrone, c’è lo sfruttamento per chi riesce a lavorare, c’è la mancanza di salute e sicurezza; c’è infine una qualche forma di guerra tra poveri, che vive di straordinari, di trasferimenti, ecc. ecc.
Quello che serve oggi è l’autonomia operaia, autonomia dai padroni e governo innanzitutto, ma anche dalle direzioni sindacali. Prima di unirsi bisogna delimitarsi, dentro ogni stabilimento e su scala nazionale
E’ presente nella stampa in forme banali e contraffatte il ricordo degli anni ’70 e in parte anche nelle fila operaie.Uno degli striscioni portati diceva “Né nostalgici né rancorosi ma orgogliosi”. “Nostalgici” dell’Autunno caldo? Questo è essere orgogliosi. Cioè che veniamo da una lunga storia che bisogna trasformare oggi in condizioni diverse, in forme semplici di lotta autonoma, di unità dal basso e di non accettazione né che mancano le bottiglie d’acqua, né che ci mandano a casa, né che ci chiamano a lavorare quando cazzo gli pare all’ultimo momento, e dobbiamo essere pure contenti… Per non parlare dell’indotto dove finora le lotte fatte si sono concluse senza risultati.
Pensare di essere “orgogliosi” senza riempire questo orgoglio dei contenuti dell’autonomia operaia, è impotente e retorica.
Nella manifestazione è stato notato che non c’erano gli studenti né le realtà combattive, genericamente chiamate “centri sociali”. E perché avrebbero dovuto esserci per riempire la piazza del sindacalismo confederale, compreso quello apertamente venduto e per stare insieme agli uomini della del padrone nelle Istituzioni. Gli studenti in lotta, le realtà antagoniste accorrono quando gli operai si ribellano, quando lottano per davvero ; questo non si è dato nella manifestazione di Torino. Per questo essa non cambia le cose.
Dal 12 aprile bisogna partire, ma non è l’inizio. Il nuovo inizio deve ancora venire. E’ su questo che si misura anche la continuità del nostro lavoro, a Mirafiori, come a Melfi e negli altri stabilimenti.
In primavera serve seminare e in autunno qualcosa deve succedere. E l’obiettivo è, questa volta di parte operaia, far dire ai padroni e alla grande stampa “non ci hanno visto arrivare”.
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