Mettere gli operai in condizione di licenziarsi, usare partiti e sindacalisti compromessi per chiedere al governo di continuare a sborsare soldi in modo da garantire agli azionisti guadagni da capogiro.
Immaginiamo un tavolo dove i vertici Stellantis sono seduti a prendere decisioni su come ridurre il personale su stabilimenti considerati non più di interesse. Sicuramente oltre agli incentivi per la fuoriuscita volontaria (che deve essere misera per ridurre i costi di questa “povera” multinazionale) ci metterebbero anche dei comportamenti e un rapporto con i dipendenti che indurrebbero a lasciar tutto e andarsene via. Ed ecco che mettono in atto questa strategia per rendere possibile questo piano diabolico: trasferte forzate, cassa integrazione solo per chi non è “produttivo”, insicurezza del lavoro futuro, minacce di spostare la produzione in altri luoghi, provvedimenti disciplinari, licenziamenti. Infine, come è successo giovedì a Pomigliano, avvisare della chiusura della trasferta per i lavoratori di
Melfi, Cassino e Pratola Serra venti minuti prima della
fine del turno, fregandosene del fatto che i lavoratori hanno bloccato
case e alberghi per il mese intero. Hanno la complicità di team leader e
capi Ute, convinti che almeno loro si salveranno da tutto questo. Il
tutto è farcito dalla complicità dei sindacati, del governo ed anche dei
partiti di opposizione. In fabbrica nessun sindacato dice nulla su
queste continue prevaricazioni aziendali. I firmatutto sottoscrivono
ogni cosa Stellantis vuole, la Fiom si limita, qualche volta, a non
firmare, ma poi non fa nulla, anzi lavora per soffocare sul nascere le
rare proteste. Tutti, però, sindacati, partiti e governo, sono uniti
nell’idea che bisogna dare più soldi all’azienda per sostenere la
produzione. Ora parlano della necessità di favorire la transizione
all’elettrico, ma in realtà è la stessa musica di sempre, che ha portato
negli anni, dall’era Fiat ad oggi, a versare 220 miliardi di denaro
pubblico nelle casse della multinazionale, con i risultati che vediamo:
gli azionisti sempre più ricchi e noi sempre più poveri e sfruttati.
Vista
la situazione, se non ci organizziamo come operai, attualmente non c’è
nessuno che ci difende. Ci stanno riducendo di numero, ma
collettivamente siamo ancora una forza temibile. E Stellantis guadagna
ancora miliardi sul nostro lavoro. E’ lì che dobbiamo puntare. Il
padrone soffre solo se gli tocchiamo il portafoglio e il suo portafoglio
si riduce se blocchiamo la produzione. I tavoli esterni con politici e
istituzioni, la richiesta dei soliti “piani industriali”, è il terreno
di “confronto” che i padroni di Stellantis preferiscono, perché ci
allontana dalla fabbrica.
È arrivato il momento che noi operai
prendiamo coscienza di quello che sta accadendo. Dobbiamo alzare la
testa e lottare contro i padroni e i loro servi.
Diavolillo, operaio Stellantis di Pomigliano
operaicontro
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