Da la Repubblica che riprende una indagine dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro che calcola quanti salari le lavoratrici e i lavoratori hanno perso, ma anche su chi si scarica principalmente la crisi, donne, giovani, precari e migranti…
È giusto e necessario rivendicare, quindi, la riduzione dell’orario
di lavoro a parità di salario!
“Una crisi «senza precedenti» si è abbattuta assieme al
Covid sulle economie del globo. Scaricandosi sui lavoratori – specie donne, giovani,
precari – in modo spietato. L’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo)
calcola che nei primi tre trimestri dell’anno sono andate in fumo nel mondo il
12,1% delle ore lavorate, equivalenti a 345 milioni di posti a tempo pieno. E
laddove sussidi e stop ai licenziamenti hanno conservato le occupazioni, i
salari sono crollati del 10,7%, bruciando 3,5 trilioni di dollari. Vale a dire
3.500 miliardi.
“A soffrire di più il 76% dei lavoratori impiegati
nell’economia informale – 1,6 miliardi di persone – sfuggiti ai radar degli
aiuti pubblici. E penalizzati soprattutto nei Paesi, come l’Italia, che non
riconoscono ancora una forma di salario minimo. Sono i super precari della
“street economy”, ambulanti, rider, facchini, addetti alle pulizie, sottopagati
in genere. Ma anche il popolo nostrano delle partite Iva. Il 95% delle micro e
piccole imprese del mondo conta su questo tipo di manodopera alimentando
un’economia grigia e nera. Qui, avverte l’Ilo, è altissimo il rischio di finire
in povertà. Nel primo mese di lockdown il loro reddito si è ridotto del 60%. E
l’indice di povertà relativa – che misura le disuguaglianze nella capacità di
spendere il giusto per vivere – schizzato dal 26 al 59%. La Banca Mondiale
stima che quest’anno di pandemia potrebbe spingere tra 71 e 100 milioni di
persone in estrema povertà, alzando il tasso per la prima volta dal 1998.
“Le vittime di questo tsunami vanno ricercate tra i 164 milioni di lavoratori migranti.
Tra i giovani, visto che il 40% è nei settori più colpiti (turismo, servizi, ristorazione, commercio) e il 77% è nell’economia informale dei lavoretti. Poi le donne che pagano carissimo il gender gap: il 70% lavora nella sanità e nei servizi sociali, esposto ai rischi maggiori, rappresentano i due terzi dei 55 milioni di lavoratori domestici, sono impiegate più degli uomini in occupazioni informali, hanno sopportato un carico enorme tra smart working e figli. Eppure la busta paga degli uomini è scesa globalmente del 5,4%, quella delle donne dell’8,1%. In Italia -6,4% contro -9,7%, nona in Europa. Peggio di noi il Regno Unito che registra una distanza di genere di sei punti: -6,8% contro -12,9%. Cinque punti in Francia e Portogallo, quattro in Spagna: è sempre la lavoratrice a perdere di più.
“Le prospettive d’altro canto non rassicurano. I nuovi dati
Istat raccontano che in Italia, dopo il tracollo tra febbraio e giugno e il
rimbalzino estivo, in ottobre l’occupazione ha ricominciato a scendere, in
parallelo con la seconda ondata e le nuove restrizioni. Il Covid, tra febbraio
e ottobre, ha cancellato 420 mila occupati: 136 mila autonomi, 284 mila a
termine, 4 mila stabili. Gli inattivi – scoraggiati che non cercano più – si
sono gonfiati di 280 mila unità: sono 4,5 milioni tra gli under 24, quasi 1,8
milioni nella fascia 25-34 anni e 2,5 milioni in quella 35-49. Un dato
allarmante. Consola che il tasso di disoccupazione sia cresciuto di 0,8 punti
in ottobre almeno tra i giovani, unici ancora a caccia di un posto che sarà
complicato trovare. Crescono però ancora gli occupati a termine. E calano, come
da decenni ormai, gli autonomi. «Attenzione alla disoccupazione nascosta»,
avverte Sebastiano Fadda, presidente Inapp. Quella coperta cioè da cassa
integrazione e divieto di licenziare e che non vedremo nei dati fino ad aprile
quando la bolla scoppierà.
https://www.sivempveneto.it/effetto-covid-anche-sui-salari-vanno-in-fumo-3500-miliardi-lultimo-rapporto-dellilo-in-nove-mesi-persi-345-milioni-di-posti-di-lavoro-in-tutto-il-mondo/
Nessun commento:
Posta un commento