di Yasmine Accardo – Hotspot di Pozzallo. Da sempre luogo a noi impenetrabile. Da un mese a Pozzallo in quarantena. Con informazioni discordanti sul trattenimento: una volta per necessità di trattenimento sanitario. Un’altra perché si doveva attendere il risultato o rifare il tamponi. Oggi 30 novembre tre tunisini ricevono la notizia del loro rimpatrio, che devono accettare senza proferire parola e senza mai aver avuto accesso ad alcun diritto. Non solo, manifestando contrarietà ad essere trasferiti come pacchi, ci riferiscono di aver subito violenze  dalle forze di polizia. In cinque armati di caschi e sfoderando i manganelli, avrebbero portato B. in bagno per picchiarlo ripetutamente.

B. ha perso molto sangue e riporta ferite al volto. Non avrebbero avuto destino diverso altri due tunisini S. e W. che ci spiegano di essere stati sottoposti a trattamenti degradante: denudati e quindi picchiati con violenza.

L’hotspot di Pozzallo si conferma un luogo fuori da ogni giurisdizione dove vale solo il potere del manganello. In altre stanze piove e sono “ospitate” persone in attesa di terminare la loro quarantena.

Nel centro uomini e donne si trovano negli stessi spazi. Tra loro una donna in stato interessante che ripete di sentirsi trattata peggio delle bestie, che il cibo è insufficiente: “Vi prego fateci uscire di qui. Fateci uscire di qui. Io sto da oltre un mese non abbiamo alcuna assistenza e guardate in che condizioni viviamo”.

Tra loro anche un minore con il padre con una grave patologia invalidante che dorme su un letto su cui cade l’acqua. A nessuno sembra importare né delle violenze sugli uni né sui trattamenti inumani e degradanti sugli altri. Funziona così quest’accoglienza carcere che è solo un prolungamento delle sofferenze subite in precedenza. Questo siamo: un Paese dove l’abuso di potere è legge indiscussa da troppo, troppo tempo

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