sabato 16 maggio 2020

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L'operazione "Ritrovo" e il nemico ritrovato. Da alcune corrispondenze

Nella notte del 13 maggio i Ros hanno eseguito dodici mandati d’arresto (sette in carcere e cinque misure custodiali non detentive con varie restrizioni) a Bologna, Milano e nel fiorentino.  L'inchiesta è condotta dal pm Stefano Dambruoso della procura di Bologna, che a partire dalle sue fantasistiche, e pesantemente offensive per il buon senso, inchieste sul “terrorismo islamico” ha costruito una fortunata carriera politica, prima di tornare a occuparsi dei compagni, come aveva iniziato a fare dal ’96.
Le accuse, in quest’ultima operazione (denominata ‘Ritrovo’), sono: art. 414 (Istigazione a delinquere), art. 639 (Deturpamento e imbrattamento), art. 635 (Danneggiamento), art. 423 (Incendio) contestato a una persona. A condire e

“sostantivare” a fini repressivi il tutto, ecco il 270bis (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), perché “un 270bis non si nega a nessuno”, come scrisse un compagno avvocato. In questo caso il 270bis è stato contestato a chi ha la misura cautelare in carcere... Stando a quanto riporta la stampa, la tesi dell'accusa parla di “una associazione finalizzata al compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico dello Stato italiano, con l’obiettivo di affermare e diffondere l’ideologia anarco-insurrezionalista, nonché di istigare, con la diffusione di materiale propagandistico, alla commissione di atti di violenza contro le Istituzioni politiche ed economiche dello Stato impegnate nella gestione dei Centri Permanenti di Rimpatrio e nella realizzazione di politiche in materia migratoria”.
Gli inquirenti parlano anche di un’“articolata trama di rapporti tra gli attuali indagati e diversi gruppi affini, operanti in varie zone del territorio nazionale” con lo scopo di “contrastare, anche mediante ricorso alla violenza, le politiche in materia di immigrazione e, in generale, le istituzioni pubbliche ed economiche, con indicazione di obiettivi da colpire e le modalità di azione”. Insomma, ciò che un giornale come Il Messaggero riassume brillantemente nel titolo “promuovevano la lotta contro lo Stato”.
L’inchiesta, quindi, ripercorre il modus operandi di ormai decine di altre in passato, il ciclico e strumentale utilizzo dell’articolo 270 bis, l’associazione con finalità di terrorismo, che tutto giustifica. Soprattutto i mezzi impiegati, i soldi spesi per farlo, e i tempi d’indagine prolungati.
Questa inchiesta infatti è un po’ datata (sembra prendere avvio nel 2018)… ma una nota della Procura chiarisce il perché, nonostante la richiesta delle custodie cautelari fosse depositata nei loro uffici già dal luglio 2019, proprio ora viene accordata.

Questa nota suggerisce infatti un paio di considerazioni:

1)“Le evidenze raccolte in questo ultimo periodo, caratterizzato dalle misure di contrasto all’emergenza epidemiologica del Covid-19, hanno evidenziato l’impegno degli appartenenti al sodalizio[...] ad offrire il proprio diretto sostegno alla campagna “anti-carceraria”, accertando la loro partecipazione ai momenti di protesta concretizzatisi in questo centro” (Bologna).

Sono quindi le proteste e la solidarietà ad essere punite. Non ci fossero state le rivolte a rivendicare vita e dignità, e le iniziative fuori a sostenerle, la “questione carcere” e le morti, pesanti come macigni che si porta dietro, sarebbero rimaste tombate nel silenzio.
Proprio in tempi di “emergenza Coronavirus”, di “andrà tutto bene”, di lotta comune contro il comune nemico invisibile, lo Stato sa bene qual è il suo nemico, e cerca di colpirlo in ogni modo, anche ricorrendo a uno strumentario giuridico d’eccezione, com’è appunto il “diritto penale del nemico”. Infatti nel comunicato della procura di Bologna si possono leggere parole estremamente chiare al riguardo:

2)“In tale quadro, l’intervento, oltre alla sua natura repressiva per i reati contestati, assume una strategica valenza preventiva volta a evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturibili dalla particolare descritta situazione emergenziale, possano insediarsi altri momenti di più generale ‘campagne di lotta antistato’ oggetto del citato programma criminoso di matrice anarchica”. 

E la valenza preventiva connaturata a qualsiasi misura cautelare, non dovrebbe riferirsi al pericolo di reiterazione di un qualche reato, un po’ più specifico di un opinabile “istigazione” al limite del “delitto d’opinione”?
Certo, se la custodia cautelare è già considerata come repressione dei reati contestati, è evidente che si può affermare senza problemi che in questo già claustrofobico momento bisogna prevenire, anche tramite la privazione della libertà, l’azione di chiunque si permetta di mettere in discussione la natura e le scelte dello stato (che nel mentre ha mostrato cosa - e chi - è sacrificabile) ... come se non fossero esse stesse a provocare la tensione sociale.

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