Emanuele Scieri,“Ucciso da 3 superiori. Fatto cadere dalla torre e lasciato agonizzante a terra”
È questa la ricostruzione della procura militare di Roma, diretta da Marco De Paolis, che ha emesso un avviso di conclusione indagini per il reato di “violenza ad inferiore mediante omicidio pluriaggravato, in concorso” nei confronti di Andrea Antico, 41 anni, originario del Salento ed attualmente in servizio presso il Settimo Reggimento Aviazione dell’Esercito di Rimini, Alessandro Panella, 41 anni, nato a Roma e residente in California, e Luigi Zabara, 43 anni, residente nel Frusinate.
Lo fermano e, qualificandosi come caporali del Reparto corsi e suoi superiori, prima gli contestano di aver violato le disposizioni che gli vietavano di utilizzare il cellulare e, subito dopo (“abusando della loro autorità”), lo costringono a “effettuare subito numerose flessioni sulle braccia”.“Mentre le eseguiva – si legge nell’avviso di conclusione indagini – lo colpivano con pugni sulla schiena e gli comprimevano le dita delle mani con gli anfibi, per poi costringerlo ad arrampicarsi sulla scala di sicurezza della vicina torre di prosciugamento dei paracadute, dalla parte esterna, con le scarpe slacciate e con la sola forza delle braccia”. Mentre Scieri stava risalendo, “veniva seguito dal
Caporale Panella che, appena raggiunto, per fargli perdere la presa, lo percuoteva dall’interno della scala e, mentre il commilitone cercava di poggiare il piede su uno degli anelli di salita, gli sferrava violentemente un colpo al dorso del piede sinistro”.
In questo modo, “a causa dell’insostenibile stress emotivo e fisico subìto”, Scieri “perdeva la presa e precipitava al suolo da un’altezza non inferiore a 5 metri, in tal modo riportando lesioni gravissime”, si legge nell’avviso conclusione indagini. L’allievo paracadutista riportò fratture alla sesta vertebra dorsale, traumi vari alla testa e ad altre parti del corpo. Immediatamente dopo la caduta, ricostruisce la procura militare, Panella, Antico e Zabara – “constatato che il commilitone, sebbene gravemente ferito, era ancora in vita” – invece di soccorrerlo “lo abbandonavano sul posto agonizzante” e, così, “ne determinavano la morte”. Morte che, sempre secondo la procura, “il tempestivo intervento del personale di Sanità militare, da loro precluso, avrebbe invece potuto evitare.
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