giovedì 14 maggio 2020

pc 14 maggio - Liberazione della Romano - Il vero prezzo politico pagato dall’Italia

Sulla liberazione della cooperante Silvia Romano ci interessano le questioni politiche, i rapporti internazionali dell’imperialismo italiano che la vicenda comporta, facendo pulizia di tutta la polvere che l’infame bagarre razzista sulla sua conversione religiosa durante la prigionia e sulla legittimità o meno del pagamento del riscatto ha sollevato. La stessa compagine fascio-leghista sta cercando di spegnere i bollori razzisti della sua base per allinearsi con gli interessi dell’Italia imperialista che sono al centro di questa vicenda.
Il prezzo politico pagato dall’Italia.
Il sequestro è avvenuto in Kenya nel novembre 2018 ma comunque vicino alla Somalia, l’ex colonia italiana, dove è avvenuta la sua liberazione qualche giorno fa.
Il punto vero è che quando si tratta di Somalia bisogna “trattare” con la Turchia. Questo ha fatto l’Aise – il servizio segreto estero italiano, con i servizi segreti turchi e le autorità somale. Il “Sultano” Recep Tayyip Erdogan è il dominus del quadrante geopolitico somalo. “L’intelligence turca ha svolto un  ruolo chiave nell’operazione di soccorso” ha dichiarato il portavoce del partito di  Erdogan.
Nello scompaginarsi delle alleanze interimperialistiche, l’Italia e la Turchia hanno interessi comuni
  dal Mediterraneo al Corno d’Africa, ma è la Turchia che esercita l’egemonia. Gas, conflitti: la loro soluzione deve per forza passare dalla Turchia che ha sostituito l’Italia nelle sfere d’influenza.
L’Italia imperialista ormai ne ha preso atto ed è per questo che, recentemente, non ha firmato il comunicato congiunto di Cipro, Egitto, Emirati, Francia e Grecia di condanna della politica turca nel Mediterraneo orientale.
La Turchia sta rafforzando la sua presenza in Somalia, Sudan e verso le altre aree lungo il Mar Rosso nel quadro del disegno strategico “Yeni Osmanlıcılık”, in turco “Neo-Ottomanesimo”, come lo analizza Michele Giorgio ne il Manifesto del 12.05. Presenze che “se sono ben evidenti in Siria, nei Balcani o in Nordafrica, dove appoggiando il Gna di Fayez el Sarraj contro il generale Haftar, Ankara tiene a bada avversari come gli Emirati e l’Arabia saudita, meno note ma non meno importanti sono quelle nel Mar Rosso e nel Corno d’Africa. Da lì Erdogan tiene d’occhio la porta posteriore della Penisola Arabica e i traffici commerciali (e non solo) che transitano per quelle acque.” Confermate dall’ “incarico dato da Mogadiscio ad Ankara di fare esplorazioni petrolifere nei suoi mari”, così come dall’“inaugurazione di un enorme centro di addestramento turco di truppe somale. Non è certo un caso che l’ambasciata turca più ampia per dimensioni sia stata edificata proprio in Somalia.”
“Negli ultimi dieci anni le ong islamiste turche sono state la testa di ponte di Erdogan per espandere la sua influenza politica, economica, militare nel Mediterraneo e in altre aree. Oggi, oltre all’aeroporto della capitale, imprese turche gestiscono anche il principale porto marittimo.
Erdogan sta mettendo le mani anche sul Sudan dove ha confermato con le nuove autorità “rivoluzionarie” i 13 accordi siglati a Khartoum qualche anno fa con il presidente rimosso Omar al Bashir che porteranno in fururo gli interscambi tra le due economie a 10 miliardi di dollari all’anno e al completamento di una base militare turca sull’isola di Suakin.”
“Lo Stato africano”, ha scritto la rivista Inside Over riguardo la Somalia, è un complesso ginepraio di interessi strategici e di lotte per il controllo del territorio. I signori della guerra, i pirati, bandi di predoni, i terroristi di Al Shabaab e un governo fragile fanno da sfondo a una vera e propria sfida per il controllo delle aree del Paese. Gli Emirati Arabi Uniti hanno da tempo avviato una loro politica di penetrazione nella parte settentrionale, quella che si affaccia sul Golfo di Aden. Mentre più a Sud, nella capitale Mogadiscio, è con i turchi che bisogna trattare. E gli italiani lo sanno benissimo”.
Al-Shabaab, uno dei più grandi gruppi terroristici dell’integralismo islamico che ha sequestrato Silvia, ha un radicamento e una capacità operativa sul terreno somalo in crescita, che si è imposto come alternativa ai signori della guerra finanziati e supportati dai governi imperialisti, e questo è avvenuto proprio con il favore della presenza turca.
Inoltre la sua  “immagine” ha avuto successo nella riconsegna di Silvia in buona salute e
nel parlare ai microfoni di Repubblica come un rappresentante di uno Stato sovrano: “In parte serviranno ad acquistare armi, di cui abbiamo sempre più bisogno per portare avanti la jihad, la nostra guerra santa. Il resto servirà a gestire il Paese: a pagare le scuole, a comprare il cibo e le medicine che distribuiamo al nostro popolo, a formare i poliziotti che mantengono l’ordine e fanno rispettare le leggi del Corano”.
La vicenda di Silvia Romano dimostra la vera natura del pagamento che c’è stato dall'Italia alla Turchia e che quest’ultima userà come motivo di crescita del suo ruolo nell'area.
Una crescita favorita anche con l’export di armi: l’embargo sulla Libia non ha impedito né ieri che dal porto di Genova siano transitati armi per la Turchia, né oggi con la missione “Irini”che i governi imperialisti europei hanno affidato all'Italia. Nell’ottobre 2019 l’Italia ha esportato armi e munizioni in Turchia per 25,8 milioni di euro, cioè proprio nel mese in cui è stata lanciata l’offensiva turca contro i kurdi nel Rojava. Con buona pace per coloro che strillano oggi sugli spiccioli pagati ai sequestratori di Silvia Romano.

Nessun commento:

Posta un commento