mercoledì 23 gennaio 2019

pc 23 gennaio - Sicilia: un milione e mezzo di disoccupati e soprattutto donne! Più di quelli che lavorano! Prima di tutto ci vuole il lavoro… altro che chiacchiere sul fantasmatico “reddito di cittadinanza”


(Manifestazione contro la disoccupazione di qualche anno fa davanti la sede della Regione Siciliana)

Nel “dossier” pubblicato dal quotidiano La Repubblica-Palermo del 20 gennaio scorso, i disoccupati vengono definiti “inattivi”, sarebbero, cioè, pure “scoraggiati” che nemmeno cercano più lavoro. E questi “inattivi” “secondo l’ultimo annuario statistico dell’Istat, nella fascia d’età compresa fra 15 e 64 anni”, sono 1 MILIONE E 578MILA, “mentre gli occupati sono un milione e 367 mila, oltre duecentomila in meno.” Su una popolazione di 5 milioni!
Quella degli inattivi scoraggiati, insomma dei disoccupati è tra l’altro, guarda caso, “Una categoria che si declina in molti casi al femminile (gli inattivi di sesso maschile sono infatti 553mila, poco più di un terzo del totale).
L’altro gruppo più penalizzato è quello “che colpisce per lo più persone con un basso titolo di studio, e che dunque hanno più difficoltà a ‘riconvertirsi’ dopo aver perso il posto.”
È chiaro che molti si arrangiano con il lavoro nero. “Un problema non da poco – dice il giornalista - visto che sul fronte dei controlli la Sicilia è sguarnita: per tutta l’Isola gli ispettori addetti ali controlli esterni sono 96. Di questi, 16 sono a Messina, 15 a Caltanissetta e a Catania, 14 a Siracusa, nove ad Agrigento, sette a Enna, quattro a Trapani, tre a Palermo e solo due a Ragusa.”
Con questo livello di disoccupazione “il bacino secondo l’Istat, è di oltre un milione di siciliani.” Che dovrebbe rientrare nel reddito di cittadinanza! Che prevede almeno tre “offerte”. Ma l’economista interpellato da Repubblica, Provenzano, puntualizza le difficoltà, visto che “la prima offerta deve arrivare entro i cento chilometri. Non sarà facile: soprattutto nelle aree interne della Sicilia è complesso trovare un’offerta di lavoro in un raggio di cento chilometri, e questo potrebbe allungare i tempi. Insomma: se queste somme sono state concepite come una forma di sostegno al reddito non c’è nulla di male, ma non creano posti di lavoro”. E alla fine non danno nemmeno “reddito”!

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