martedì 22 gennaio 2019

pc 22 gennaio - Il governo degli ingannapopolo va smascherato

Due testi  che condividiamo da operai contro

Quota cento balle

“Abolire la Fornero domani mattina” così il ciarlatano apriva e chiudeva ogni comparizione in TV. Questo prima del voto di marzo, poi al governo, la formula era già diventata “smonteremo la Fornero pezzo per pezzo”. Non era più un abolizione di colpo ma uno smontaggio pezzo per pezzo. Infine dichiarava, sempre con lo stesso tono da piazzista da fiera di paese: “modificheremo la Fornero”. Alla fine è rimasta la Fornero con i suoi parametri di riferimento, con i suoi sistemi di calcolo. Chi vuol andare in pensione con quota cento può farlo, non subito, fra qualche mese, ma a quanto ammonterà l’assegno sarà ancora la Fornero a dettare legge. Il calcolo si fa decurtando l’assegno della differenza fra i requisiti della vecchia legge e quelli maturati al momento dell’uscita con quota cento. Dal 2 al 30% in meno. Gli operai, fra gli altri, dovranno decidere: continuare a lavorare consumandosi nelle fabbriche e nei cantieri fino alla morte o andarsene a casa con una pensione più bassa, della già miserabile pensione bassa, calcolata con i contributi pieni. Un bel dilemma. Anche una riduzione del 5% su una pensione di 1300 euro al mese diventa un peso duro da sopportare: con questo misero assegno dell’INPS ci devi vivere fino alla fine dei tuoi giorni. Per tutti gli economisti di partito, sia quelli di governo che quelli di opposizione, è naturale che la pensione venga ridotta, meno anni di contribuzione, meno valore della pensione. Questo è truccare le carte, abolizione di una legge vuol dire tornare alle norme preesistenti, e con le norme preesistenti già a quota cento si maturava la pensione piena, se invece il riferimento per il calcolo è sempre la Fornero siamo di fronte ad un prepensionamento a spese di chi va in pensione. Nel frattempo è stata bloccata la rivalutazione, sulla base dell’aumento del costo della vita, delle pensioni in essere. L’INPS, senza tanto clamore, ha rubato ai pensionati quasi 2,5 miliardi di euro. In conclusione, questa volta sarà la Fornero a ridere, quota cento balle non la sfiorano nemmeno.


Tutto per quattro soldi

Reddito di cittadinanza, una corsa ad ostacoli piena di trappole, limiti minacce e tutto per quattro soldi. Chi veramente avrà i contributi saranno i padroni, i funzionari delle agenzie di […]

Reddito di cittadinanza, una corsa ad ostacoli piena di trappole, limiti minacce e tutto per quattro soldi. Chi veramente avrà i contributi saranno i padroni, i funzionari delle agenzie di collocamento e i sindacati di regime con i Caf.

Una volta la manovra si chiamava legge finanziaria. Era il bilancio di previsione dello stato dei padroni. Era il via alla corsa dei borghesi e dei piccolo borghesi per aggiudicarsi una fetta dei profitti  ottenuta dal lavoro-salariato degli operai.

Oggi  oltre il nome “manovra” invece di “finanziaria”, niente è cambiato, la legge per il bilancio di previsione ha sempre lo stesso scopo.

Solo che oggi sono al governo due partiti della piccola borghesia. M5S e Lega sono arrivati al governo con la maggioranza dei voti dei circa 60% che hanno partecipato alle elezioni politiche.

Il capo del M5S dice di aver abolito la povertà di 5 milioni di persone. Il reddito di cittadinanza non è ancora partito. Non elimineranno la miseria di nessuno, ma il M5S ha trovato il modo di trasformare poveri e disoccupati  in opportunità di finanziamento per i padroni in cambio forse di assunzioni al lavoro precarie.

Nell’epoca in cui c’è meno lavoro, e quello che c’è è precario, il sussidio vincolato a otto ore di lavoro gratuito a settimana per 18 mesi, alla formazione-riqualificazione obbligatoria e agli incentivi alle imprese per assumere persone con un reddito Isee inferiore a 9.360 euro annui – il «reddito di cittadinanza» deliberato ieri dal consiglio dei ministri – servirà a gestire la mobilità di una platea potenziale di quasi cinque milioni di persone, 1,7 milioni di famiglie in cui rientreranno 250 mila nuclei con disabili.

A partire dal mese precedente alle elezioni europee (aprile) fino a dicembre, il “reddito di cittadinanza” servirà forse a dare a pochi un sussidio medio di 390 euro a famiglia.

Il sussidio sarà di 500 euro massimi a famiglia, a cui sarà aggiunto un bonus eventuale e variabile da 280 euro per l’affitto, 150 euro per il mutuo. L’importo sarà accreditato su una carta elettronica da cui non potranno essere prelevati più di 100 euro al mese. Chi non li spenderà presso esercizi preindicati si vedrà scalare i soldi sull’importo successivo.

Dopo sei mesi i poveri cristi dovranno accettarne una proposta di lavoro (?) nel raggio di 100 chilometri dalla residenza. Dopo 12 mesi entro 250 chilometri. Dopo 18 mesi, ovunque sul territorio nazionale, pena la decadenza del sussidio. «Conviene accettare la prima offerta di lavoro» ha sibilato ieri in conferenza stampa Luigi Di Maio. Il contratto potrebbe terminare dopo 6 mesi.

Molte le  sanzioni penali, battezzate da Di Maio «antidivano», contro le dichiarazioni mendaci: ad esempio una da 2 a 6 anni di galera.

Il “reddito di cittadinanza” è il nuovo nome dell’assistenzialismo di stato alle imprese, agli amici e parenti di quelli del M5S e lega che si spartiranno il sussidio della miseria.


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