pc 22 gennaio - Il governo degli ingannapopolo va smascherato
Due testi che condividiamo da operai contro
Quota cento balle
“Abolire la Fornero domani mattina”
così il ciarlatano apriva e chiudeva ogni comparizione in TV. Questo
prima del voto di marzo, poi al governo, la formula era già diventata
“smonteremo la Fornero pezzo per pezzo”. Non era più un abolizione di
colpo ma uno smontaggio pezzo per pezzo. Infine dichiarava, sempre con
lo stesso tono da piazzista da fiera di paese: “modificheremo la
Fornero”. Alla fine è rimasta la Fornero con i suoi parametri di
riferimento, con i suoi sistemi di calcolo. Chi vuol andare in pensione
con quota cento può farlo, non subito, fra qualche mese, ma a quanto
ammonterà l’assegno sarà ancora la Fornero a dettare legge. Il calcolo
si fa decurtando l’assegno della differenza fra i requisiti della
vecchia legge e quelli maturati al momento dell’uscita con quota cento.
Dal 2 al 30% in meno. Gli operai, fra gli altri, dovranno decidere:
continuare a lavorare consumandosi nelle fabbriche e nei cantieri fino
alla morte o andarsene a casa con una pensione più bassa, della già
miserabile pensione bassa, calcolata con i contributi pieni. Un bel
dilemma. Anche una riduzione del 5% su una pensione di 1300 euro al mese
diventa un peso duro da sopportare: con questo misero assegno dell’INPS
ci devi vivere fino alla fine dei tuoi giorni. Per tutti gli economisti
di partito, sia quelli di governo che quelli di opposizione, è naturale
che la pensione venga ridotta, meno anni di contribuzione, meno valore
della pensione. Questo è truccare le carte, abolizione di una legge vuol
dire tornare alle norme preesistenti, e con le norme preesistenti già a
quota cento si maturava la pensione piena, se invece il riferimento per
il calcolo è sempre la Fornero siamo di fronte ad un prepensionamento a
spese di chi va in pensione. Nel frattempo è stata bloccata la
rivalutazione, sulla base dell’aumento del costo della vita, delle
pensioni in essere. L’INPS, senza tanto clamore, ha rubato ai pensionati
quasi 2,5 miliardi di euro. In conclusione, questa volta sarà la
Fornero a ridere, quota cento balle non la sfiorano nemmeno.
Reddito
di cittadinanza, una corsa ad ostacoli piena di trappole, limiti
minacce e tutto per quattro soldi. Chi veramente avrà i contributi
saranno i padroni, i funzionari delle agenzie di collocamento e i
sindacati di regime con i Caf.
Una volta la manovra si chiamava legge
finanziaria. Era il bilancio di previsione dello stato dei padroni. Era
il via alla corsa dei borghesi e dei piccolo borghesi per aggiudicarsi
una fetta dei profitti ottenuta dal lavoro-salariato degli operai.
Oggi oltre il nome “manovra” invece di
“finanziaria”, niente è cambiato, la legge per il bilancio di
previsione ha sempre lo stesso scopo.
Solo che oggi sono al governo due
partiti della piccola borghesia. M5S e Lega sono arrivati al governo con
la maggioranza dei voti dei circa 60% che hanno partecipato alle
elezioni politiche.
Il capo del M5S dice di aver abolito la
povertà di 5 milioni di persone. Il reddito di cittadinanza non è
ancora partito. Non elimineranno la miseria di nessuno, ma il M5S ha
trovato il modo di trasformare poveri e disoccupati in opportunità di
finanziamento per i padroni in cambio forse di assunzioni al lavoro
precarie.
Nell’epoca in cui c’è meno lavoro, e
quello che c’è è precario, il sussidio vincolato a otto ore di lavoro
gratuito a settimana per 18 mesi, alla formazione-riqualificazione
obbligatoria e agli incentivi alle imprese per assumere persone con un
reddito Isee inferiore a 9.360 euro annui – il «reddito di cittadinanza»
deliberato ieri dal consiglio dei ministri – servirà a gestire la
mobilità di una platea potenziale di quasi cinque milioni di persone,
1,7 milioni di famiglie in cui rientreranno 250 mila nuclei con
disabili.
A partire dal mese precedente alle
elezioni europee (aprile) fino a dicembre, il “reddito di cittadinanza”
servirà forse a dare a pochi un sussidio medio di 390 euro a famiglia.
Il sussidio sarà di 500 euro massimi a
famiglia, a cui sarà aggiunto un bonus eventuale e variabile da 280 euro
per l’affitto, 150 euro per il mutuo. L’importo sarà accreditato su una
carta elettronica da cui non potranno essere prelevati più di 100 euro
al mese. Chi non li spenderà presso esercizi preindicati si vedrà
scalare i soldi sull’importo successivo.
Dopo sei mesi i poveri cristi dovranno
accettarne una proposta di lavoro (?) nel raggio di 100 chilometri dalla
residenza. Dopo 12 mesi entro 250 chilometri. Dopo 18 mesi, ovunque sul
territorio nazionale, pena la decadenza del sussidio. «Conviene
accettare la prima offerta di lavoro» ha sibilato ieri in conferenza
stampa Luigi Di Maio. Il contratto potrebbe terminare dopo 6 mesi.
Molte le sanzioni penali, battezzate
da Di Maio «antidivano», contro le dichiarazioni mendaci: ad esempio una
da 2 a 6 anni di galera.
Il “reddito di cittadinanza” è il nuovo
nome dell’assistenzialismo di stato alle imprese, agli amici e parenti
di quelli del M5S e lega che si spartiranno il sussidio della miseria.
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