Sabato otto settembre, Stefano Fassina – insieme
con un folto gruppo di personaggi più o meno conosciuti, quali Alfredo
D’Attorre, Vladimiro Giacché, ed altri – lancia, dalla sala della Promoteca del
Campidoglio, l’associazione “Patria e Costituzione”.
Leggendo il resoconto della giornata – che
compare, a firma Rachele Gonnelli, in taglio basso di pagina quattro del
manifesto del giorno successivo – si fa davvero fatica a capire il
senso dell’iniziativa lanciata dall’ex viceministro dell’Economia del governo
presieduto da Enrico Letta.
L’unica lettura possibile risiede nel tentativo
di rincorrere le peggiori destre xenofobre e revansciste, utilizzando un
frasario apparentemente appartenente alla tradizione socialdemocratica, ma nella
realtà degna del peggiore fascismo.
Il senso di tutta questa pantomima può essere
soltanto quello di resuscitare l’evidentemente sopito, ma palesemente esistente,
amore per il maresciallo Pietro Badoglio e per il revisionismo togliattiano che
nasce dalla svolta di Salerno del 1944.
Se questa è la giusta chiave di lettura, potrebbe
essere che il tentativo della falsa moglie di Fassino sia quello di accreditarsi
come “sinistra” accettabile per un futuro ritorno della monarchia, o più
semplicemente in un possibile futuro regime a guida Matteo Salvini.
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