A Campobasso, ospite dell’Università degli Studi del
Molise e dell’Ordine dei Giornalisti, il Comandante Alfa che ha
parlato dei fatti accaduti durante il vertice del G8 nel luglio 2001 a
Genova, insultando Carlo Giuliani e la sua famiglia e giustificando tutti
i comportamenti delle forze dell’ordine.
Si è tenuta oggi, mercoledì 23 maggio 2018, alle ore
10.00, nell’Aula Magna del Dipartimento Giuridico, l’incontro-dibattito con il
Comandante Alfa, co-fondatore del GIS (Gruppo Intervento Speciale) dei
Carabinieri, sul tema “Missioni di pace in contesti internazionali”. “La
conferenza – che si inserisce nel quadro delle iniziative e delle attività
seminariali della filiera didattica di Scienze
politiche – si propone di fornire agli studenti alcuni elementi
per l’analisi del mondo contemporaneo e della sua complessità, desunta da un
osservatorio privilegiato”. Cita così il comunicato pubblicato sul sito
dell’Università degli Studi del Molise che stamattina ha ospitato il Comandante
Alfa
nell’Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza, evento che rientra anche nella formazione triennale prevista dall’Ordine dei Giornalisti del Molise. Gli elementi per l’analisi del mondo contemporaneo e della sua complessità, ora, non solo non sono stati minimamente analizzati dall’incappucciato Comandante, se non in maniera retorica e superficiale, ma sono stati presentati, davanti ad un pubblico fatto soprattutto di studenti chiamati ad ascoltare l’ “illustre ospite”, in maniera distorta e faziosa.
Il Comandante ha fatto delle precise
dichiarazioni relative all’utilizzo della violenza nelle manifestazioni,
sostenendo che davanti ai violenti non si può che rispondere con la violenza e
stravolgendo completamente la verità storica dei fatti di Genova 2001. Dopo
aver offeso Carlo Giuliani e la sua famiglia, riferendosi a lui e ai suoi cari
con un tono spregiativo e denigratorio, è passato a difendere l’indifendibile:
le responsabilità dei poliziotti nell’assalto alla scuola Diaz e nelle torture
svolte nella caserma di Bolzaneto. Nei luoghi citati, in particolare nella
caserma di Bolzaneto, lo ricordiamo, il personale delle forze dell’ordine
utilizzò violenze fisiche e psicologiche, annullando ogni rispetto dei diritti
degli imputati come quello ad essere assistiti da un legale o di informare
qualcuno del proprio stato di detenzione; gli arrestati riferirono, inoltre,
chiari episodi di tortura uniti ad un clima di euforia tra le forze dell’ordine
per la possibilità di infierire sui manifestanti, e riportarono anche
invocazioni a dittatori e ad ideologie dittatoriali di
matrice fascista, nazista e razzista, nonché minacce a
sfondo sessuale nei confronti di alcune manifestanti. Per quanto riguarda i fatti
della scuola Diaz, nel quartiere di Albaro, a Genova, ricordiamo al
Comandante il quale, dopo aver espresso un preciso giudizio dei fatti accaduti,
ha tuttavia dichiarato di non sapere nulla, perché non presente, come la sera
del 21 luglio 2001, tra le ore 22 e mezzanotte, nelle scuole Diaz, Pertini
e Pascoli, divenute centro del coordinamento del Genoa Social Forum,
facevano irruzione i Reparti mobili della Polizia di Stato con
il supporto operativo di alcuni (non tutti) battaglioni dei Carabinieri. Furono
fermati 93 attivisti e furono portati in ospedale 61 feriti, dei quali 3 in
prognosi riservata e uno in coma. Finirono sotto accusa 125 poliziotti,
compresi dirigenti e capisquadra, per quello che fu definito un pestaggio da
“macelleria messicana” dal vicequestore Michelangelo Fournier. Nell’aprile
del 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo, condannando lo
Stato italiano al pagamento di un risarcimento di 45.000 euro nei
confronti di Arnaldo Cestaro, uno dei feriti che aveva fatto ricorso alla corte, ha
evidenziato come durante l’operazione fossero avvenuti eventi contrari agli
articoli 3, 6, 13 e 34 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativo
alla tortura e alle condizioni e punizioni degradanti ed inumane. Il
22 giugno 2017 la stessa Corte ha nuovamente condannato l’Italia per
i fatti della scuola Diaz, riconoscendo che le leggi dello Stato risultano
inadeguate a punire e a prevenire gli atti di tortura commessi dalle forze
dell’ordine.nell’Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza, evento che rientra anche nella formazione triennale prevista dall’Ordine dei Giornalisti del Molise. Gli elementi per l’analisi del mondo contemporaneo e della sua complessità, ora, non solo non sono stati minimamente analizzati dall’incappucciato Comandante, se non in maniera retorica e superficiale, ma sono stati presentati, davanti ad un pubblico fatto soprattutto di studenti chiamati ad ascoltare l’ “illustre ospite”, in maniera distorta e faziosa.
Ricordiamo come Amnesty International richiese
ufficialmente nel 2002 un’indagine sull’operato delle forze dell’ordine nella
gestione dell’ordine pubblico durante il G8 italiano, criticandone l’eccessiva
violenza e chiedendo anche indagini in merito alle istruzioni impartite dai
vertici. Amnesty International, pur accogliendo con favore l’apertura di una
serie di indagini penali da parte dell’autorità giudiziarie italiane, ritenne
che, vista l’ampiezza e la gravità delle accuse e il gran numero di cittadini
stranieri con conseguente elevato livello di preoccupazione a livello
internazionale, esse non fossero sufficienti per fornire una risposta
adeguata. Raccomandò quindi l’istituzione di un’apposita commissione
d’inchiesta indipendente, ritenendo insoddisfacente e viziato da
disaccordo e acrimonia il lavoro svolto dalla prima commissione nel
2001. Nel suo rapporto sui fatti di Genova, l’associazione ha parlato di “una
violazione dei diritti umani di proporzioni mai viste in Europa nella storia
recente”. Il Comandante, però, non doveva avere bene in mente né le
valutazioni di Amnesty International, né la realtà storica dei fatti, né gli
esisti delle indagini e delle sentenze, nè la dichiarazione unanime della Corte
dei diritti dell’uomo che il 7 aprile 2015 ha dichiarato che a Genova è stato
violato l’articolo 3 sul “divieto di tortura e di trattamenti inumani o
degradanti”, né la responsabilità ammessa dall’Italia il 6 aprile 2017 per gli
atti di tortura subìti presso la caserma di Bolzaneto, ma solo la sua visione
faziosa e distorta dei fatti, se ha ben pensato di presentarla ad una platea di
giovani, che probabilmente dei fatti di Genova sanno poco o nulla, e pertanto
avranno accolto le parole dell’ “illustre ospite” come vere, visto che erano lì
per acquisire (citato sempre dal comunicato stampa di cui sopra) alcuni
elementi per l’analisi del mondo contemporaneo e della sua complessità. E
l’illustre comandante ha poi dato ai suoi giovani un valido esempio di come si
reagisce di fronte al dissenso. Contestato da un collega (di chi scrive)
dell’Ordine dei Giornalisti – che ha organizzato l’evento e che successivamente
(almeno fino al momento in cui tale articolo viene redatto) è rimasto in
silenzio innanzi a tale episodio – il Comandante Alfa ha inveito contro il
giornalista intimandogli di stare zitto, di uscire dall’aula e di vergognarsi. Di
cosa? Del fatto che il noto e professionalmente valido giornalista molisano si
fosse permesso di dire che la versione dei fatti del Carabiniere delle forze
speciali non era oggettiva, e che i fatti di Genova sono stati una gravissima
violazione di diritti, come dimostrano le condanne di tanti colleghi del
Comandante n.1 e che lui, il giornalista, a Genova c’era, ed era lì, tra i
tanti giovani, anziani, donne, bambini, per combattere per un mondo migliore. Il
Comandante Alfa cuore di rondine gli ha intimato di vergognarsi. Quello che è
successo dopo nell’aula è ignoto, perché chi scrive ha abbandonato l’aula per
solidarietà al collega giornalista preso a male parole. (Ma l’avrebbe
abbandonata comunque, anche se il collega non fosse intervenuto come
coraggiosamente ha fatto innanzi ad un platea di giovani sì, ma anche di tanti
adulti e giornalisti silenti).
L’esimio comandante che vive nell’ombra, autore anche
di ben tre libri relativi alle sue vicende e alla sua quarantennale carriera
nel GIS, Gruppo di Intervento Speciale nato nel 1978 per volere dell’allora
Ministro dell’Interno Francesco Cossiga, ex parà, perché “prima di accedere
al GIS si passa per il reggimento del Tuscania” sostiene che “i giovani
non hanno bisogno di insegnamenti, hanno bisogno di esempi, soprattutto se
parliamo di certi valori che si tramandano di generazione in generazione, il
senso di Patria, l’orgoglio di essere italiani. Io vado anche nelle scuole e
cerco di far capire ai ragazzi la bellezza della legalità e noi possiamo farlo,
perché siamo un esempio”.
Grazie per l’esempio di oggi, Comandante.
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