Tutti insieme schiacciano il movimento indipendentista di sinistra e finiscono per dare mano libera alla repressione contro i resistenti.
proletari comunisti/PCm Italia
1 novembre 2017
Puigdemont si rifugia in Belgio. Podemos commissaria Podemos
Marco Santopadre
Il
President della Generalitat, destituito venerdì dal governo centrale
spagnolo, si trova già in Belgio insieme ad almeno cinque dei suoi
ministri, ufficialmente per incontrare alcuni esponenti nazionalisti
fiamminghi. Puigdemont avrebbe preso la decisione di rifugiarsi in
Belgio su consiglio di una equipe giuridica che gli raccomanda di
rimanere a Bruxelles.
L’eventuale
emissione di un ordine di cattura europeo da parte della magistratura e
del governo di Madrid obbligherebbero il governo e la magistratura
belga a vagliare l’opportunità della concessione dell’asilo politico al
President e ai suoi consellers. Ieri il ministro belga all’Immigrazione
ed esponente dell’Alleanza Neo-Fiamminga (centro-destra e
indipendentista), Theo Francken, aveva annunciato la disponibilità a
concedere
l’asilo politico a Puigdemont, provocando la smentita da parte del primo ministro Charles Michel.
l’asilo politico a Puigdemont, provocando la smentita da parte del primo ministro Charles Michel.
Proprio
questa mattina il procuratore generale spagnolo José Manuel Maza ha
chiesto l’incriminazione per il presidente catalano destituito con
l’accusa di ribellione, sedizione e malversazione. Denunciati anche i
ministri del suo governo per aver permesso la dichiarazione
d’indipendenza, inclusa l’ex presidente della Camera Carme Forcadell e i
membri dell’ufficio di Presidenza, anche loro sono sotto accusa per
sedizione e ribellione. In tutto nel mirino dei magistrati di Madrid
sono finiti 14 membri del Govern – compreso il Ministro dell’Impresa
Vila che si era dimesso alla vigilia della dichiarazione d’indipendenza
non essendo d’accordo – e sei parlamentari. Qualora non si dovessero
presentare dinanzi ai giudici, la misura che le autorità di polizia
spagnole sono autorizzate a prendere nei confronti dei vertici catalani
incriminati è la “detenzione immediata”, e in caso di condanna rischiano
dai 15 ai 30 anni di reclusione. Il magistrato di turno dell’Audiencia
Nacional (il vecchio Tribunal de Orden Publico di franchista memoria)
deciderà nei prossimi giorni se accogliere o meno la richiesta del
Procuratore che ha anche chiesto di sequestrare, in via cautelare, beni
pari a un valore di 6,2 milioni di euro.
Intanto
in queste ore tutti i riflettori sono puntati su Podemos. La
formazione, che mantiene sulla rivendicazione nazionale catalana una
posizione ambigua e di fatto ininfluente – riconosce teoricamente il
diritto all’autodeterminazione del popolo catalano, a patto però che
quest’ultimo non voglia esercitarlo veramente – rischia seriamente di
essere dinamitata dall’evoluzione degli eventi, incapace com’è di
prendere una posizione realmente spendibile nel conflitto scatenato
dalla proclamazione d’indipendenza da parte del Parlament di Barcellona e
dall’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione da parte del
governo Rajoy.
Già
nei mesi scorsi era apparso chiaro che alla posizione
anti-indipendentista della direzione statale di Podemos non
corrispondeva l’orientamento di una delle sue due derivazioni catalane.
Podem aveva già rifiutato di sciogliersi, come ordinato da Pablo
Iglesias, all’interno di Catalunya En Comù, la nuova formazione formata
dagli altri referenti catalani di Podemos – Colau e Domenech – e
rispetto alla convocazione del referendum indipendentista del 1 ottobre
aveva manifestato un atteggiamento critico ma collaborativo con il
fronte catalanista, contrariando lo stato maggiore statale del partito.
A
scatenare l’ennesima crisi era stato nei giorni scorsi Albano Dante
Fachin, segretario di Podem, che aveva dichiarato di considerare
inopportuno presentare liste della formazione alle elezioni regionali
del 21 dicembre, convocate d’imperio dal governo spagnolo dopo la
destituzione del governo e lo scioglimento del parlamento catalano in
seguito al commissariamento della Generalitat de Catalunya da parte di
Madrid. “Sarebbe un tradimento dello spirito del primo ottobre” e “Non
riesco a pensare alle elezioni del 21 dicembre come ad elezioni normali
nel momento in cui Sanchez e Cuixart sono ancora in carcere” aveva
chiarito Dante Fachin, aggiungendo: “Candidarsi significherebbe
accettare in pieno l’articolo 155. Dobbiamo essere all’altezza
dell’unità popolare del primo ottobre”. Prima ancora correvano voci che
tre deputati di Podem, integrati nel gruppo ‘Catalunya Si Que es Pot’
insieme agli eletti dei partiti di centro-sinistra Catalunya En Comù,
ICV, EUiA ed Equo, fossero disponibili a votare venerdì scorso a favore
dell’indipendenza. Decisione poi rientrata ma che ha chiarito la
distanza siderale tra questa formazione, sempre più vicina alla Cup, e
la casa madre spagnola.
Il
crescente distanziamento di Podem da Podemos ha irritato Iglesias e
compagni a tal punto che ieri sera il partito spagnolo ha annunciato la
decisione di commissariare la formazione catalana. Una mossa, quella del
‘Consiglio Cittadino Statale di Podemos’, che ha scatenato le critiche
di chi fa notare come Podemos si stia comportando con i suoi alleati
catalani esattamente come lo Stato Spagnolo si comporta con la
Repubblica appena proclamata a Barcellona, utilizzando la forza invece
della ragione, incapace evidentemente di convincere i suoi della
giustezza del proprio punto di vista.
La
risoluzione della direzione di Podemos, con un taglio esclusivamente
disciplinare e sanzionatorio, imputa ai cugini catalani ben sei
“mancanze gravi” tali da giustificare un commissariamento che potrebbe
produrre effetti contrari a quelli sperati, convincendo i militanti
catalani a troncare ogni relazione con la casa madre. Afferma
innanzitutto il documento approvato ieri: “la direzione di Podem non ha
informato la direzione di Podemos su come avrebbero votato (sulla
dichiarazione di indipendenza, ndr) i suoi deputati (…) La mancanza di
informazione e il comportamento dei nostri deputati hanno generato una
situazione di caos e hanno danneggiato il nostro prestigio politico.
Questo in contrasto con il comportamento del capogruppo parlamentare di
Catalunya Sí Que es Pot e del coordinatore di Catalunya en Comù che
invece ci hanno informato per tempo”.
Inoltre,
la risoluzione di Podemos segnala: Tre dei quattro deputati di Podem
non hanno votato contro una delle risoluzioni che parlava esplicitamente
della Costituzione di una nuova Repubblica Catalana (…) Una delle
nostre deputate non ha votato contro la Dichiarazione di Indipendenza e
ha salutato pubblicamente la “nuova repubblica catalana”.
Inoltre
la direzione federale di Podemos denuncia che “la corrente
Anticapitalistas, maggioritaria nel Consiglio Cittadino della Catalogna,
ha riconosciuto mediante un comunicato pubblica ripreso da tutta la
stampa, la “nuova repubblica catalana”, provocando addirittura la presa
di distanza da parte di alcune figure rilevanti di questa corrente”.
La
quinta ‘mancanza’ sarebbe costituita dalle dichiarazioni di Albano
Dante Fachin “nelle quali si segnalava che la partecipazione alle
elezioni del prossimo 21 dicembre sarebbe stata una contraddizione e
manifestava la sua intenzione di formare un blocco con altre forze
politiche (della sinistra indipendentista ndr)”.
Sulla
base del fatto che la “direzione di Catalunya en Comù ha già deciso che
non si presenterà alle urne insieme ad alcuna forza politica
indipendentista” il Consiglio Cittadino Statale di Podemos ha deciso di
commissariare la formazione catalana, di sospendere il suo segretario
Dante Fachin e di organizzare una consultazione tra i suoi militanti sul
da farsi. Il quesito su cui dovranno esprimersi i militanti sarà il
seguente: “Sostieni che Podem si presenti alle elezioni in Catalogna in
coalizione con Catalunya en Comù e le forze politiche sorelle che non
appoggiano né la dichiarazione di indipendenza né l’applicazione
dell’articolo 155?”. Un quesito secco, senza alternative.
Per
chiarire il clima fratricida che si respira in Catalogna basta citare
quanto ha affermato la deputata catalana di Podemos Carolina Bescansa,
secondo la quale il suo partito non appoggia l’indipendenza “né
unilaterale né bilaterale” della Catalogna, e ha invitato chi invece è
d’accordo con la separazione a “cercarsi un altro partito”.
Intanto,
come accennato, non solo Podemos si spacca sulla faglia
Spagna/Catalogna, ma anche la corrente di sinistra del partito,
Anticapitalistas, ha i suoi problemi. Oggi infatti la coordinatrice di
Podemos in Andalucia, Teresa Rodriguez, e il sindaco di Cadiz Josè Maria
Gonzales, come lei esponente della corrente anticapitalista del
movimento viola, hanno preso le distanze dal comunicato emesso ieri
dalla sinistra interna.
Anticapitalistas
ha affermato che la nuova Repubblica catalana apre un processo
costituente “che rompe con il regime del ‘78” e pone questioni e sfide
quali integrare i non indipendentisti e soddisfare questioni che vadano
al di là di di quella nazionale. Nel documento Anticapitalistas non solo
riconosce la Repubblica Catalana ma di fatto aderisce al blocco
indipendentista e fa appello a “rigettare l’applicazione dell’articolo
155, animando il partito alla difesa democratica, pacifica e
disobbediente della volontà popolare catalana e del suo diritto a
decidere”. Per la corrente di sinistra di Podemos, in Catalogna c’è in
gioco la “possibilità di costruire una società alternativa alle elites
politiche ed economiche” e a conquistare nuovi diritti sociali e
democratici per le classi popolari. Ma a Madrid non sono d’accordo.
Oggi, in diverse dichiarazioni, sulle due grane è intervenuto il
fondatore, segretario e capo carismatico di Podemos, Pablo Iglesias.
Riferendosi ai ‘ribelli’ di Podem ha detto, nel corso di un talk show
dell’emittente la Sexta, che “Se ci sono compagni che sono politicamente
più vicini a Cup o Erc, penso che dovrebbero percorrere una propria
strada.
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