Tra le tante voci stonate della campagna elettorale, si perde la
voce di chi in questo sistema produce veramente, ma si ammala, viene sfruttato e spesso
ci perde la vita. Non è argomento, nemmeno di striscio, dei cosiddetti
programmi dei vari candidati. E della notizia, riportata oggi solo da un
quotidiano locale, non sembrano nemmeno accorgersi. Una notizia tra l’altro che
viene a galla “quando ci sono i controlli”, perché normalmente dagli uffici
dell’ispettorato arrivano lamentele sulla “mancanza di personale”, “mancanza di
mezzi” ecc. ecc.
Per cui i padroni, secondo statistica, hanno buon gioco a “rischiare”,
e infatti “rischiano” e continuano ad arricchirsi nonostante gli incidenti e i
morti sul lavoro e la grande quantità di reati connessi.
La “disparità” tra padroni (non “datori di lavoro”, ma,
scientificamente, prenditori di lavoro) e lavoratori è immensa e palese: il
padrone che “sbaglia” “paga” con una multa “regolarizzando” il rapporto di lavoro,
il lavoratore paga davvero con il licenziamento!
In questo articolo del Giornale di Sicilia le cifre
riportate (e sono quelle ufficiali), come dice lo stesso giornalista, sono da
spavento!
- irregolare l’80%
delle ditte
- più del 20% dei lavoratori
in nero
- multe per complessivi
67 mila euro, in un caso e
- 128 mila euro a causa
del mancato rispetto degli obblighi di legge sulla sicurezza degli operai, in
un altro
- dai 14 ai 17 miliardi
di euro di “economia illegale”
- 430 mila, (di cui 7.700
donne) solo in Sicilia persone soggette allo sfruttamento solo nel mondo
agricolo…
***
Lavoro sommerso e illegale. I carabinieri hanno anche
appurato che alcuni dipendenti venivano
“sorvegliati” illecitamente con telecamere non autorizzate
“sorvegliati” illecitamente con telecamere non autorizzate
Blitz nei cantieri, multe e nove denunciati
Lavoratori in nero, falsi certificati di idoneità e
violazione delle norme di sicurezza. Buonomo: irregolare l’80% delle ditte
Per due aziende è scatta la sospensione dell’attività perché
impiegavano più del 20% dei lavoratori in nero. Le ditte hanno subito
regolarizzato i rapporti di lavoro e lo stop è stato revocato.
Sette ditte
irregolari, otto impiegati in nero,
nove datori di lavoro denunciati per violazioni delle norme
di sicurezza, utilizzo di impianti di
videosorveglianza per il controllo dei lavoratori a distanza senza
autorizzazione dell’ispettorato territoriale e, dulcis in fundo, per truffa
e falso, a seguito della produzione di non regolari certificati medici di
idoneità. Una sfilza di reati per i quali, i datori di lavoro pizzicati in
fallo dovranno pagare multe per complessivi 67 mila euro.
Questo l’esito delle operazioni condotte, nei giorni scorsi,
dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Palermo, guidato dal maggiore
Pierluigi Buonomo. Durante questi ultimi controlli, per due delle aziende coinvolte,
è scattato il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.
Perché, secondo quanto riferito dal reparto speciale dei carabinieri,
impiegavano personale in nero nella misura pari o superiore al 20% di quello
effettivamente presente sul luogo di lavoro. Ma dopo i controlli, le due ditte,
colpite dal più grave provvedimento, hanno subito regolarizzato la posizione
degli impiegati in nero e pagato la sanzione amministrativa. Così è arrivata la
revoca della sospensione.
Dopo le irregolarità riscontrate una settimana fa nel
cantiere del nuovo parco eolico delle Madonie a Castellana Sicula, per le quali
sono scattate sanzioni ammnistrative pari a 128 mila euro a causa del mancato
rispetto degli obblighi di legge sulla sicurezza degli operai, a Palermo e
provincia le sirene dell’allarme del lavoro nero continuano a suonare, come
conferma lo stesso Buonomo: “L’80% delle aziende agricole, edili e vari
esercizi commerciali risultano irregolari – dice -. Un dato che purtroppo
rimane in linea con il trend d’inizio anno”.
E se il lavoro continua a tingersi di nero, non mancano le
storie di quotidiano sfruttamento. C’è chi lavora anche quattordici o quindici
ore al giorno percependo una paga inferiore alla media. Ma quali sono le
motivazioni che spingono i proprietari delle aziende a dar vita ad un sommerso
così profondo?
“Ufficialmente, durante i nostri controlli – afferma Buonomo
– i datori di lavoro spiegano che le tasse da pagare sono troppo alte. Una
ragione che potrebbe esser vera ma che non giustifica sicuramente lo
sfruttamento del lavoratore, il quale evidenzia palesi difformità rispetto ai
contratti collettivi nazionali. In questo caso – concluse – non è solo la
decisione di non voler regolarizzare l’impiegato, piuttosto si punta al
risparmio della manodopera”.
Le violazioni più diffuse, in materia di sicurezza,
riguardano la formazione dei lavoratori, l’assenza del documento di valutazione
dei rischi e del certificato medico d’idoneità al lavoro. In materia penale,
invece, tra le violazioni maggiormente riscontrate si parla dell’indebito
controllo a distanza dei lavoratori con sistemi di videosorveglianza. Infine
non mancano i reati di truffa e falso: spesso pur di essere assunto, il lavoratore,
in accodo con medici compiacenti, presenta certificati d’idoneità irregolari.
Nel mondo sommerso del lavoro in nero, sottopagato, che spesso conduce alla
morte, la piaga del caporalato continua a giocare un ruolo da protagonista. Questa
pratica illegale muove un’economia sottotraccia che varia dai 14 ai 17 miliardi
di euro, equivalente all’1% del Pil nazionale. Le persone soggette allo
sfruttamento solo nel mondo agricolo, secondo dati coldiretti, sono circa 430
mila, 7.700 donne solo in Sicilia. Numeri da capogiro che hanno spinto il governo,
un anno fa, a modificare la legge che punisce il reato del nuovo testo con la
confisca dei beni al datore di lavoro.
Giornale di Sicilia
1 novembre 2017
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