Guardando a come il
sistema imperialista e i suoi strumenti, mass media, ecc., hanno
gestito il G7, abbiamo emesso un primo giudizio secco e lapidario di
fallimento di questo Vertice, così come nei giorni precedenti
avevamo denunciato che sotto il “vestito”, luccicante, arrogante
ed ostentato, non c'era niente, e che l'appuntamento più importante,
anche se molto sbrigativo, era il Vertice del giorno prima, quello
della Nato a Bruxelles, dove gli spostamenti progressivi del
“piacere” nel passaggio da Obama a Trump si cominciassero a
vedere nel solco già solidamente tracciato del precedente Vertice
Nato di Varsavia.
Oggi, a tre giorni
dall'evento del G7 e dal film messo in scena nel villaggio vacanza di
Taormina è assolutamente necessario entrare più dentro il problema
e cercare di decifrare se qualcosa è avvenuto e di che si tratta
nella sostanza.
E' giusto parlare
innanzitutto di fallimento, e sotto certi aspetti di clamoroso
fallimento, perchè Trump ha continuato anche in questo Vertice, a
quanto pare, lungo la strada del “coatto arricchito”
che già era avvenuto in maniera sgradevole, per loro, al Vertice Nato; e a giudicare dall'indignata piazzata della Merkel di ritorno da Taormina sembrerebbe di sì (e, per favore, non ci abboffate che la questione è l'ambiente e i risibili accordi di Parigi).
che già era avvenuto in maniera sgradevole, per loro, al Vertice Nato; e a giudicare dall'indignata piazzata della Merkel di ritorno da Taormina sembrerebbe di sì (e, per favore, non ci abboffate che la questione è l'ambiente e i risibili accordi di Parigi).
La questione è la guerra
economica, la guerra militare che si fa economica: le truppe sono
mie, ma le pagate voi, e ancor più l'accelerazione strategica, e un
pò improvvisata, di tendenze molto profonde.
Proviamo a prendere in
parola quello che gli imperialisti dicono, ma certamente non scrivono
nei “dimenticabili” documenti che concludono di solito i Vertici.
Sul cosiddetto
“terrorismo”, l'imperialismo Usa vuol far da sé, come i primi
gesti hanno dimostrato e vuole imporre ulteriormente che gli altri
vadano a ruota, soldati e denaro alla mano. Terrorismo per
l'imperialismo, se ancora non fosse chiaro, è la ribellione dei
popoli comunque si presenti, considerata più che 'brodo di coltura'
della frazione islamico integralista che conduce gli attentati,
'mare' di disagio, di protesta, di rivolta, di ribellione che, in
forme troppo spesso confuse, dilaga ovunque l'imperialismo e le sue
crisi pongono le grinfie assettate di sangue perchè assetate di
profitti.
Il “tabula rasa”
contro tutto questo ostentato da Trump è una ricetta però vecchia e
usurata che cinquant'anni fa annegava sotto i colpi della guerra
popolare nel mare dell'Indocina; ma pensare che l'imperialismo abbia
memoria e non agisca con brutale barbarie da stadio di putrefazione è
una pura illusione. Quindi, sul terrorismo si fa come dice Trump: si
collude e ci si scontra a secondo dell'interesse dell'imperialismo
egemonico.
Ma questo è evidente che
non può essere accettato, non diciamo dai popoli perchè è
scontato, ma dagli imperialisti concorrenti, in cui la Russia di
Putin cerca di difendere lo status quo, sapendo che lo status quo è
un potenziale logoramento dell'imperialismo Usa.
Certo oggi difendere lo
status quo per Putin significa anche per lui occupare, intervenire,
armare, usare disinvoltamente le alleanze; certo la Cina non è
vicina, ancora, ai luoghi del conflitto che sono al centro della
contesa in questo momento - anche se la contesa globale sta per
esplodere proprio lì: questione Corea, questione Giappone,
Filippine, India, ecc.
Ma per rimanere al G7, lo
scontro principale viene con le aspirazioni da superpotenza della
Germania. La Germania che continua, ora a torto ora a ragione, a
identificare il proprio interesse con l'autodefinizione di 'Europa' -
Europa azzoppata da un lato dalla cosiddetta “Brexist” - e che
spera invano che il giovane manager bancario in doppio petto,
divenuto presidente della Francia, serva pure a qualcosa; visto che
la crisi francese e il suo sciagurato affondamento imperialista degli
ultimi anni, da Sarkozy ad Hollande, e la crisi politica italiana, in
cui aumentano il numero dei governi maggiordomi e non dei partner
adeguati, rendono le strilla della Markel vagamente oltre le righe.
Al G7 questo è stato
posto sul tappeto. Ma come a Bruxelles la questione è sembrata
militare, a Taormina sono stati i soldi al centro della contesa.
Su questo la crepa che tra
le righe è emersa sembra più seria delle foto di gruppo del G7.
C'è da dire che
effettivamente il G7 è come se avesse rimandato al G20 una
discussione più seria per vedere la profondità di quello che sta
avvenendo. Ma, francamente, al G20 il Tavolo è così affollato che è
facile pensare che non ha nessuna possibilità di ricomporsi, bensì
di ulteriormente scomporsi e divenire una sorta di frana di tutti
contro tutti, di cui è certo il bottino e chi ne pagherà i costi,
ma resta assai incerto come intanto prosegue la partita.
L'altra enorme questione,
però, e qui sì sembra che qualcuno l'abbia organizzato apposta a
Taormina il Vertice, è la questione della Libia e delle migrazioni,
di cui non c'è stata possibilità, con i morti in terra a Manchester
e in mare nel Mediterraneo, di non occuparsene.
Su questo il fallimento
del Vertice è ancora più clamoroso e l'imperialismo italiano, da
ufficiante e questuante, ha ricevuto l'ennesimo “calcio in faccia”
e la cosiddetta “Europa” ha per l'ennesima volta praticato il
“vorrei ma non posso” che affonda insieme ai barconi.
Più fallimento di così...
Ma i popoli che vogliono
fare la storia, possono farla solo portando la guerra popolare alla
vittoria, e, quindi, se il fallimento del Vertice non può che farci
piacere, è l'altra collina quella dell'onore di cui dobbiamo
occuparci.
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