sabato 3 giugno 2017

pc 3 gugno - G7 Taormina - editoriale 5 - speciale proletari comunisti

Sia Federico Rampini su Repubblica, sia una nota, peraltro puntuale e interessante, di Sergio Cararo su Contropiano, concordano che quello che è fallito non è solo il G7 di Taormina ma l'idea stessa dei G7.
Rampini: “L'idea stessa di una governance globale, di una cabina di regia per affrontare le sfide planetarie appartiene ad un'altra era”. In questa affermazione c'è del vero, è un modo di dire che l'acutizzazione delle contraddizioni interimperialiste che covano da diversi anni si sono accentuate e l'ingresso dell'elefante nella “sala dei cristalli”, Trump l'ha messo a nudo.
Ma questa non è che la norma nell'era dell'imperialismo. Costantemente i paesi imperialisti cercano questa governance globale, questo “nuovo ordine mondiale” come fu chiamato negli anni passati, in cui possano essere garantiti gli interessi “globali” dell'imperialismo. Nei confronti di chi, però? Dei proletari e dei popoli delle nazioni oppresse nel mondo, mentre cercano una soluzione alle contraddizioni tra di loro. Ma gli imperialisti sono una banda di predoni e lo sviluppo diseguale fa il resto, e si arriva sempre al fatto che le contraddizioni tra di loro non sono componibili e contano i rapporti di forza.
Ed è sui rapporti di forza che c'è il primo problema, su cui a nostro giudizio sbagliano sia Rampini che Sergio Cararo. Essi danno per morto sostanzialmente l'imperialismo americano e il suo ruolo di superpotenza egemonica, non considerano che l'imperialismo in crisi è una belva ferita, e Trump è l'espressione di questo.

Il secondo dato, su cui costoro sbagliano è la sopravvalutazione dei fattori economici che, è vero, spingono l'Europa ad unirsi e la Germania, come paese imperialista principale, ad assumere un ruolo guida che, a fronte dell'azione fascio-imperialista di Trump, spinge verso un polo imperialista europeo, ma i paesi imperialisti europei sono tra di loro, a loro volta, una banda di predoni in lotta, in cui la volontà di unirsi fa a pugni con gli interessi divergenti. Così come è del tutto evidente che un riequilibrio dei rapporti di forza tra imperialismo Usa e l'imperialismo europeo non è possibile; così come un'alleanza Europa/Russia è altrettanto ora improbabile.
Circa poi quello che avviene in superficie come nel sottosuolo delle relazioni Usa, Russia, Cina e contraddizioni in Asia, circa quello che avviene all'esterno e all'interno di alcuni paesi divenuti chiave e anelli deboli del sistema mondiale in senso leninista, in primis India e Brasile, sono questioni da affrontare a parte e l'occasione del G20 ne offrirà l'opportunità.

Rampini da un lato, Cararo dall'altro, quindi, si propongono lo stesso scopo, sia pure verso interlocutori diversi: per Rampini, l'imperialismo italiano, il suo Stato, il suo governo che viene invitato, come vuole la frazione della borghesia rappresentata da Repubblica, a stabilizzarsi all'interno e a rafforzare il suo legame con la Germania; per Cararo, e la piattaforma Eurostop, di fatto è l'imperialismo italiano che viene invitato a fare in proprio liberandosi dell'egemonia tedesca e dell'euro.

Il movimento di opposizione proletaria e antimperialista ha invece un'altra strada da percorrere: colpire il nemico principale nella sua crisi e nel suo smascheramento fascio-imperialista, su scala internazionale e in ogni paese del mondo, sostenendo con forza le lotte di liberazioni e le guerre popolari e, nel “ventre della bestia”, gli Usa, sostenendo con forza la lotta rivoluzionaria e antifascista e antimperialista; lottare per rovesciare il proprio imperialismo, il proprio Stato il proprio governo – e questo vale in Russia come in Cina, in Germania come in Italia.


In questo senso alla manifestazione contro il Vertice G7 abbiamo colto un sentire comune in questa direzione, sia pure dentro le illusioni pacifiste e la non consapevolezza che per tradurre in fatti le parole d'ordine sviluppate nella manifestazione serve necessariamente il Partito comunista rivoluzionario, il fronte unito popolare, la forza per combattere lo Stato di polizia, moderno fascista che è il cemento programmatico oggi del decreto Minniti, visto all'opera. 

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