Non certo la solidità e garanzia di
ArcelorMittal, visto che solo sei mesi fa ha subito un calo del 4%
sulle vendite di acciaio, rispetto allo stesso trimestre dell'anno
precedente, ed appena 12 giorni fa il titolo ha subito uno scivolone
in borsa. La famiglia Marcegaglia, poi, è stata coinvolta più volte
in varie inchieste che vanno dal traffico di rifiuti, all'evasione
fiscale.
Sul piano occupazionale, se si
sommano gli esuberi già annunciati (2mila operai per l'assenza
dell'altoforno 2, più altri 1800/2000 per il rifacimento dell'Afo1;
più il sottoutilizzo di tubifici, arriviamo, e per ora stiamo
parlando di cifre già dichiarate, ad oltre 4000 operai -
tagli dall'inizio sempre denunciati dallo Slai cobas sc e che,
invece, i sindacati confederali hanno sempre cercato di smentire.
Sul piano dei contratti dei
lavoratori, del salario e diritti, la notizia che servirà
un’intesa sindacale e una sottoscrizione individuale di ogni
dipendente per il passaggio dall’amministrazione straordinaria al
nuovo proprietario, significa chiaramente che non vi è alcuna
garanzia di conservare condizioni contrattuali e diritti esistenti,
anzi, anche alla luce del jobs act, il rischio è nuovi contratti
peggiorativi.
Sul piano ambientale. La cosa
più certa è che l'attuazione delle prescrizioni ambientali sarà ad
agosto 2023! Vale a dire, tra sei anni! Quindi, ammesso e non
concesso che si faccia realmente la copertura dei parchi e le altre
bonifiche, ancora per 6 anni anche i nuovi padroni produrranno
inquinamento, malattie, morti.
Considerando, inoltre, che resta la
garanzia all'acquirente dell'immunità penale in caso di "violazioni
di norme sulla tutela ambientale, sulla salute e incolumità
pubblica", i nuovi padroni potranno, più dei Riva, fare quello
che più conviene ai loro utili.
Stranamente, poi, la cifra che AM pensa
di mettere per la bonifica dei parchi minerali (più di 1 miliardo)
coincide con lo sblocco e il rientro in Italia dei 1,3 miliardi dei
Riva, di cui 1,1 miliardi dovrebbe servire appunto per lavori di
bonifica; quindi ArcelorMittal di tasca sua non mette nulla...
Sul piano della produzione. Ciò
che è certo anche qui è che per essere competitivi sul mercato
dell'acciaio, per salvaguardare e aumentare i profitti, tutto resta
come ora: ciclo integrale, pieno regime dell'area a caldo.
Anzi, si prevede un aumento della produzione per arrivare a circa 10
milioni di tonnellate all'anno (di cui 8 dall'area a caldo).
Infine i tempi, che non sono affatto
brevi, entro il 31 marzo dell'anno prossimo si dovrebbe definire la
vendita, ma poi c'è la decisione della Commissione europea che parla
di "tempi lunghi di indagine".
Nonostante che anche l'ultimo cretino
capisce bene che per gli operai e la popolazione di Taranto non verrà
nulla di buono, che condizione dei lavoratori e degli abitanti dei
quartieri semplicemente non sono in agenda, le dichiarazioni e le
posizioni con cui i sindacati si preparano all'incontro di domani
sono tragiche, pietose e imbarazzanti.
Andiamo dalla Uil, Cisl che fanno, come
sempre, i portavoci del governo, alla Fiom che, come se non avesse
letto il piano previsto di questa vendita, chiedono, pietosamente,
garanzie...
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