Questo stato di putrefazione dell'imperialismo“potrà magari durare per un tempo relativamente lungo... ma infine sarà fatalmente eliminato”.
Siamo arrivati con questo all'ultimo capitolo del libro "L'Imperialismo di Lenin".
Continueremo a dicembre con una sintesi di questo capitolo e interventi di lettori che ci giungono.
Poi chiuderemo questo secondo importante e fortemente attuale ciclo di Formazione Operaia, e... all'anno nuovo, NOVITA'!
Lenin nell'ultimo capitolo
de L'Imperialismo fa una sorta di riassunto generale per collocare
esattamente il posto che l'imperialismo occupa nella storia. Ne
traccia il suo essere il passaggio dall'ordinamento capitalista ad un
più elevato ordinamento sociale ed economico e come esso sia il
frutto del capitalismo monopolista.
Per essere preciso Lenin
dettaglia i tipi di monopolio, o meglio, le 4 forme di essere del
monopolio.
“Il monopolio sorse
dalla concentrazione della produzione in uno stadio assai elevato di
essa. Si formarono allora associazioni monopolistiche di capitalisti:
cartelli, sindacati, trust (oggi diremmo, multinazionali - ndr)”.
Questo fenomeno si determina nei paesi capitalisti più avanzati ed è
un carattere comune di essi, sia quando questa formazione avviene in
paesi con alti dazi protettivi, sia
quando si muove in un regime di
libertà commerciale.
Questo dato è molto
importante per riuscire a definire il capitale monopolista e
l'imperialismo indipendentemente dalle vulgate. Oggi, per esempio, è
possibile basarsi sui criteri di Lenin per vedere come sia gli Usa, e
naturalmente gli altri paesi imperialisti, Europa, Giappone, sia la
Russia che apparentemente è gestita diversamente, siano paesi
imperialisti, qualunque sia la genesi e percorso che lo ha
determinato.
Il secondo carattere del
monopolio che segnala Lenin è quello determinato
dall'”accaparramento intensivo delle principali sorgenti di
materie prime”, tra le quali giocano un ruolo fondamentale,
come si sa, le fonti energetiche.
Naturalmente i monopoli
che si accaparrano le fonti energetiche, utilizzando lo Stato come
strumento necessario per questo accaparramento, godono di una potenza
immensa, la quale, oltre che acuire la contraddizione tra potenze
imperialiste e paesi possessori delle materie prime accaparrate,
acuisce la concorrenza tra multinazionali e industrie minori che
hanno più difficoltà; e, se si guarda la cosa dal punto di vista
degli Stati, tra Stati che hanno un maggior controllo e quindi un
maggior accaparramento delle materie prime e Stati invece che hanno
minore possibilità, che diventano obiettivamente dipendenti da
quelli che hanno il controllo sulle materie prime, pur restando essi
in ogni caso paesi a capitalismo avanzato o imperialisti minori.
Il terzo carattere del
monopolio è chiaramente la sua fusione col capitale bancario e il
dominio del capitale finanziario. Questo produce un'oligarchia
finanziaria che attrae – come dice Lenin - “nella sua fitta
rete di relazioni di dipendenza tutte le istituzioni economiche e
politiche della moderna società borghese”.
Ecco questo dominio
dell'oligarchia finanziaria è una delle caratteristiche che rende
oggi la Russia un paese pienamente imperialista, dominato appunto da
una oligarchia che gestisce lo Stato attraverso gli eredi della
distruzione dello Stato socialista.
Il quarto elemento è il
rapporto tra dominio del monopolio e politica coloniale, o meglio
neocoloniale come diremmo oggi, dato che formalmente tutte le ex
colonie nel mondo sono ormai paesi che risultano indipendenti, ma
questi paesi “indipendenti” sono dentro le sfere di influenza dei
paesi imperialisti e legati ad essi – come dice Lenin – da
“vantaggiosi affari, concessioni, profitti monopolistici, ecc.”
Se è del tutto evidente
che rispetto ai primi decenni del '900, in cui il libro
L'imperialismo è scritto, oggi non c'è più un'occupazione del
territorio diretta dell'imperialismo, il sistema delle sfere di
influenza, il ruolo degli eserciti e della potenza militare per
garantire il controllo e il dominio dell'imperialismo nei paesi
oppressi, ha la stessa funzione che nel passato aveva l'occupazione
diretta del territorio. Questo però non è un assoluto, dato che
laddove, per le ragione di ribellione dei popoli o non accettazione
del dominio, o per passaggio da un imperialismo all'altro, questi
territori diventano ingovernabili e incontrollabili, si riproducono
occupazioni e invasioni.
Le sfere di influenza e il
dominio originano la lotta intensa per la spartizione, ripartizione
del mondo, e anche quando per lunghi periodi questa spartizione
sembra ormai codificata, non vuol dire che è una ripartizione
eterna.
Sono le teorie
opportuniste o “superimperialiste” che considerano invece questa
spartizione eterna possibile, per dare una patina di pace e
pacificazione al dominio delle potenze imperialiste.
Ma gli spiriti animali del
capitale e quindi dell'imperialismo lavorano costantemente dentro il
modo di produzione per aprire, riaprire continuamente la contesa che
origina le guerre.
In questo senso si può
chiamare “pace imperialista” solo la pace dei morti, dei
territori occupati, dominati e schiacciati, o essa è solo la lunga
vigilia delle nuove guerre imperialiste.
Le ultime pagine del libro
di Lenin sono le più dense di significato e contenuto e con poche
frasi delineano davvero il ruolo dell'imperialismo e il posto che
esso occupa nella storia, storia in cui siamo ancora pienamente
immersi.
Lenin affronta in maniera
dialettica tutti i nodi conseguenti all'analisi del sistema mondo che
ha profondamente penetrato con l'arma essenziale del marxismo e con
l'acume scientifico necessario perchè il marxismo sia arma di
lettura e decifrazione di un mondo dinamico.
“E' noto a tutti –
scrive Lenin – quanto il capitale monopolistico abbia
acuito gli antagonismi del capitalismo”. Questi antagonismi
mettono a nudo le sue caratteristiche “Monopoli, oligarchia,
tendenza al dominio anziché alla libertà, sfruttamento di un numero
sempre maggiore di nazioni piccole e deboli per opera di un numero
sempre maggiore di nazioni più ricche o potenti: sono le
caratteristiche dell'imperialismo, che ne fanno un capitalismo
parassitario e putrescente”.
Lenin dà a queste parole
non certo un senso moralista, di condanna dei “mali del mondo” o
del “mondo debosciato” dei ricchi e dei padroni che lo dominano.
Ma proprio il loro carattere ineluttabilmente scientifico: “la
tendenza dell'imperialismo a formare lo “Stato rentier”, lo Stato
usuraio, la cui borghesia vive esportando capitali e “tagliando
cedole”. Il capitalismo ha prodotto questo mondo e il suo
stadio superiore è questo. Questo è parassitismo e putrescenza,
come giudizio storico finale che definisce l'effettivo ruolo nella
storia dell'imperialismo.
Lenin, però,
immediatamente chiarisce che parlare di “putrescenza” riguarda
il ruolo nella storia dell'umanità: “Sarebbe erroneo credere
che tale tendenza alla putrescenza escluda il rapido incremento del
capitalismo”.
“Tutt'altro”,
dice Lenin. Nei singoli rami dell'industria, nei singoli strati della
borghesia, nei singoli paesi, vive continuamente il nesso tra
putrescenza sistemica e sviluppo del capitale.
Lenin scrive: “In
complesso il capitalismo cresce assai più rapidamente di prima,
senonchè, aggiunge,
tale incremento non solo diviene in generale più sperequato, ma tale
sperequazione si manifesta particolarmente nell'imputridimento
dei paesi capitalistici più forti
(sottolineatura nostra)”.
La
sperequazione mondiale aumenta, ma dentro di essa vi è un impetuoso
sviluppo del capitalismo, soprattutto nei paesi dominati; ed è
dentro le metropoli imperialiste che si manifesta in maniera più
evidente l'imputridimento.
Il
capitalismo che si sviluppa sotto il dominio imperialista è
capitalismo vero e non falso capitalismo, come alcune analisi dicono.
Anche l'utilizzo di categorie come 'capitalismo burocratico' ci deve
servire ad evidenziare la permanenza della disparità tra paesi
imperialisti e paesi dominati, ma non certo, come invece si fa, deve
servire a negare il carattere capitalista in pieno sviluppo di quello
che oggi attraversa i paesi oppressi dall'imperialismo o un tempo
oppressi pienamente dall'imperialismo, mentre oggi sono dentro il
dominio di sistema dell'imperialismo, benchè non evidentemente nello
stesso equilibrio e livello tra singoli paesi imperialisti e loro.
Per
dirla chiara, il capitalismo che si sviluppa in tanti paesi dell'Asia
e dell'America Latina è oggi il capitalismo in maggior sviluppo nel
mondo, e anche nel cuore di essi si passa dal dominio della libera
concorrenza al monopolio, e anche in essi si manifesta la
concentrazione della produzione, anche in essi si manifesta il
formarsi di una oligarchia spesso fusa con lo Stato e a sua volta
legata alla finanza internazionale, che va analizzata e combattuta
dal proletariato, dalle masse popolari.
Lo
squilibrio è globale, il dominio è globale. La sua raffigurazione
dentro uno schema non dinamico, non dialettico è erronea
nell'analisi e tradisce il pensiero di Lenin.
Lenin
parlava di tratti parassitari dell'imperialismo americano già in
quel lontano 1910 in cui l'imperialismo Usa non era già diventato
quella gigantesca superpotenza dominante oggi.
Lenin,
poi, aggiunge un altro concetto fondamentale che è prodotto
dell'epoca dell'imperialismo, del suo sistema economico, delle sue
caratteristiche, del suo carattere putrescente, parassitario:
“nell'epoca dell'imperialismo restano molto sbiadite le più
forti differenze politiche (all'interno della classe dominante e
delle diverse frazioni di essa - ndr), non già perchè, in sé,
esse siano senza importanza, ma perchè in tutti questi casi si
tratta di una borghesia con caratteri parassitari espressamente
determinati”.
Lenin,
quindi, ci offre l'indicazione chiave per leggere le dinamiche
politiche. In ogni paese imperialista tutte le forze politiche che
non puntino a distruggere il sistema imperialista hanno caratteri di
fondo simili, conducono, lo si voglia o no, la stessa politica
determinata dagli interessi dell'imperialismo in generale e del
proprio imperialismo in particolare. Governi di destra o governi di
“sinistra” nei paesi imperialisti sono intercambiabili. Le loro
differenze sono importanti nello sviluppo tattico della lotta del
movimento operaio, ma non possono intaccare la loro natura e il loro
“carattere parassitario espressamente determinato”.
Ciò
vale per le coalizioni in contesa elettorale nei singoli paesi
imperialisti e per i governi dominanti in ciascuno di essi. Questi
ultimi sono della stessa natura e servono gli stessi interessi,
qualunque sia la veste che assumono, ciò vale per gli Usa come per
la Germania, come per la Russia...
Infine,
Lenin affronta e definisce il problema più importante nel movimento
operaio e comunista, nella sua epoca come oggi all'interno dei paesi
imperialisti.
“Gli
alti profitti monopolistici hanno la possibilità di corrompere
singoli strati di operai e, transitoriamente, perfino considerevoli
minoranze di essi, schierandole a fianco della borghesia del
rispettivo ramo industriale o della rispettiva nazione contro tutte
le altre”.
Questo
è uno stato permanente nell'epoca dell'imperialismo nei paesi
imperialisti. Esso viene poi particolarmente in luce quando l'aspro
antagonismo esistente tra le nazioni imperialiste, a motivo della
spartizione del mondo, si sviluppa in tendenza alla guerra o nella
guerra effettiva. In queste fasi viene nettamente in luce e mostra
tutto il suo carico, il legame indissolubile tra imperialismo e
opportunismo. E dal punto di vista della lotta di classe, diremmo di
carattere strategico.
Lenin
mette in rilievo come i socialdemocratici leggano in forme
ottimistiche questo legame. Sia quando elogiano il prodotto di questo
legame negli alti salari e condizioni di vita più elevati di
minoranze consistenti di questi paesi rispetto alla generalità delle
masse popolari al loro interno e della grande maggioranza dei popoli
nel mondo; sia quando affermano che la causa rivoluzionaria del
proletariato sarebbe persa in partenza “se appunto, il
capitalismo avanzato conducesse ad un rafforzamento
dell'opportunismo, o se appunto gli operai meglio pagati fossero
propensi all'opportunismo”.
Questa
visione che Lenin definisce “ottimistica”
nasconde l'opportunismo, cioè l'indispensabile necessità di
condurre una lotta aperta contro di esso e la negazione del carattere
“particolarmente
ripugnante dello sviluppo dell'opportunismo”.
“Più pericolosi di
tutti - aggiunge Lenin
- sono coloro i quali
non vogliono capire che la lotta contro l'imperialismo, se non è
indissolubilmente legata con la lotta contro l'opportunismo, è una
frase vuota e falsa
(sottolineatura nostra)”.
Tutta
la storia reale del movimento operaio nei paesi imperialisti, dagli
albori fino ad oggi, ruota per così dire su questa incomprensione.
Quando i comunisti l'hanno assunta, trattata e combattuta, hanno
vinto o potevano vincere. Quando questo legame è stato oscurato
hanno perso, si sono arresi all'opportunismo e di conseguenza
all'imperialismo.
Oggi
in una fase in cui il carattere putrescente e parassitario
dell'imperialismo è ancora più in luce, fino a prefigurare una
catastrofe globale dell'umanità, oggi che gli antagonismi in seno
agli imperialisti e tra imperialisti e popoli oppressi sono più
acuti che mai, l'esistenza e lo sviluppo e la possibilità del
movimento operaio, della loro avanguardia organizzata, i comunisti,
di esistere, lottare e vincere, dipende ancora di più e in maniera
determinante da questa comprensione, che attraversa programmi,
teorie, ideologie, forme organizzative d'avanguardia e di massa,
forme di lotta. Intorno a questo si gioca la partita fondamentale.
Infine,
Lenin conclude l'analisi dell'imperialismo mostrando che esso è un
capitalismo in transizione, un capitalismo morente, un capitalismo da
ultimo stadio – fermo restando che la teoria del “crollo
dell'imperialismo” non è mai appartenuta al leninismo.
Più
preciso è il dato della transizione. Ma “transizione” a che?
Transizione non ad un imperialismo maggiore, ad un superimperialismo,
ma transizione al socialismo, alla società di transizione per
eccellenza, dal modo di produzione capitalista al comunismo. Questo
carattere di “transizione” al socialismo dell'imperialismo non è
dentro le aspirazioni umanistico-morali, ma dentro le caratteristiche
interne che l'imperialismo sviluppa e che solo il socialismo può
ereditare e rovesciare, rovesciando i rapporti di produzione che
l'incatenano.
Lenin
qui analizza come, sia nel piccolo della grande industria che nel
sistema globale, l'organizzazione socializzata, rigorosamente
sistematizzata, la capacità di valutazione dei dati innumerevoli, di
organizzare la fornitura delle materie prime all'intero fabbisogno,
gli stadi di trasformazione di essa, la sua trasformazione in
produzione, la ripartizione di questa produzione, mostrano che “si
è in presenza di una socializzazione della produzione... che i
rapporti di economia privata e di proprietà privata formano un
involucro non più corrispondete al contenuto, involucro che deve
andare inevitabilmente in putrefazione (l'involucro, non la
produzione – ndr) qualora ne venga ostacolata artificialmente
l'eliminazione (dell'involucro, non della produzione – ndr)”.
Questo
stato di putrefazione dell'imperialismo, dice Lenin, “potrà
magari durare per un tempo relativamente lungo... ma infine sarà
fatalmente eliminato”.
E
in questa “fatalità” Lenin non ci mette il destino, ma la
necessità storica che i soggetti della storia sono spinti a tradurre
nel fatto trasformativo indispensabile.
E'
la rigorosa analisi scientifica di Marx che alla fine Lenin sviluppa
e ripropone!
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