così come lo sono tutti i riformisti di sinistra alla Varufakis e coloro che pensano che dall'imperialismo europeo si esce con elezioni e referendum e non si rovescia in ogni paese rovesciando il proprio governo imperialista in proprio e in tutta Europa
proletari comunisti/PCm Italia
novembre 2016
‘Tsipras è stato una benedizione per l’Unione Europea’ - stralci da un articolo di Marco Santopadre -contropiano
Ricordate i preziosi documentari “Debtocracy” (2011), “Catastroika” (2012) e “Fascism Inc”
(2014)? Contribuirono in Grecia e in tutta Europa a spiegare ad un
vasto pubblico i meccanismi dello strangolamento finanziario dei popoli
attraverso la trappola del debito e poi dei memorandum, e a denunciare
il ruolo dei fascisti al servizio dei poteri forti, del grande capitale,
delle classi dirigenti ‘liberali’, nonostante gli slogan ‘antagonisti’.
Ora il documentarista ellenico Aris Chatzistefanou è tornato proponendo una nuova opera, “This is not a coup” (Questo non è un golpe). Un ritratto senza sconti del voltafaccia del governo di Atene formato da Syriza e dai ‘Greci Indipendenti’ che lo scorso anno decise di chinare la testa di fronte ai ricatti della Troika e di firmare il Terzo Memorandum, il più pesante per una popolazione greca già stremata da anni di commissariamento, di tagli, di licenziamenti, di privatizzazioni.
Tsipras promise il ‘miracolo’, affermando che sarebbe bastato vincere le elezioni e formare un governo alternativo a quelli precedenti per andare a trattare direttamente con Frau Merkel e convincerla così a rinunciare ai suoi diktat e all’austerità; senza bisogno di alcuna rottura con
l’Unione Europea, i suoi trattati, i suoi meccanismi coercitivi, senza alcun atto di disobbedienza istituzionale ed economica oltre che popolare.
Sappiamo com’è andata a finire: oggi la Grecia è un paese alla disperazione, ancora più impoverito e indebitato: il Pil è crollato in pochi anni del 25%, il tasso di disoccupazione ufficiale è al 26% (quello giovanile è al 55) nonostante la massiccia emigrazione, un cuarto della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
E’ il risultato di ciò che è avvenuto nell’estate del 2015, dopo che più del 60% degli elettori greci aveva mandato un messaggio chiaro al governo e ai ‘creditori’ votando ‘Oxi’ nel referendum contro i diktat della Troika convocato dallo stesso esecutivo Tsipras. Un referendum, accusa Aris Chatzistefanou, che Tsipras voleva perché era convinto di perderlo, per poter accettare i ricatti dei poteri forti, delle istituzioni politiche e finanziarie dell’Unione Europea, delle banche senza però assumersene la responsabilità.
Un referendum trappola, insomma, quello indetto da Syriza e dai nazionalisti di destra loro alleati, che però non è andato come sperato dai suoi promotori. Un’accusa molto grave, che il documentarista Chatzistefanou sostiene però appoggiandosi alle rivelazioni di un ex stretto collaboratore del primo ministro, secondo cui il plebiscito fu convocato da Alexis Tsipras basandosi sul fatto che tutti i sondaggi (sia pubblici sia riservati) davano il ‘Si’ largamente in vantaggio. Una strategia orchestrata dal primo ministro e dai suoi più stretti collaboratori per poter affibbiare agli elettori greci la responsabilità del cedimento da parte del leader di Syriza che avrebbe potuto dire “ci ho provato, ma il popolo non mi ha seguito”.
Aris Chatzistefanou, che nel frattempo ha collaborato anche con la BBC e il quotidiano ‘The Guardian’, spiega accuratamente il suo punto di vista in un’intervista concessa alcuni giorni fa alla giornalista Helena Vazquez. “La Grecia è sul punto di diventare un paese del Terzo mondo. L’agenda neoliberista che si sta applicando ad Atene l’abbiamo vista a lungo all’opera in America Latina o in Africa. Poi Fmi e Troika hanno deciso di importare queste politiche all’interno dell’Unione Europea, applicandole alla sua periferia. Hanno distrutto completamente la nostra economia. Dopo sei anni di interventi, hanno fatto crescere il debito e hanno fatto crollare il Pil del 25%, come se il paese fosse appena uscito da una guerra”.
“Il governo di Syriza può attuare misure ancora più estreme di quelle imposte dai governi precedenti generando però una reazione sociale minore di quella che scatenerebbe un partito di destra” spiega Chatzistefanou. “C’è solo una parvenza di stabilità. La socialdemocrazia in fondo rappresenta un regalo, un’ottima occasione per le elite europee. Tsipras è stata una vera e propria benedizione per l’Unione Europea. Molte persone di sinistra hanno perso ogni speranza, il governo ne approfitta e sta applicando a tappe forzate le dure misure contenute nel nuovo memorandum. Ma non credo che la pace sociale attuale possa durare a lungo” afferma il documentarista che teme che siano i nazisti di Alba Dorata ad avvantaggiarsi della grande delusione generata dalla vicenda Syriza.
Nel suo ultimo documentario Chatzistefanou parla anche del terremoto che colpì la Grecia nell’estate del 2015 quando, nonostante la stragrande vittoria del no al referendum, il governo approvò il ‘terzo salvataggio’, un evento che fu considerato da molti un vero e proprio ‘colpo di stato’ della Troika. Eppure il titolo dell’ultima fatica di Chatzistefanou è “Questo non è un golpe”. Racconta il giornalista: “durante la notte dei negoziati tra governo greco ed europei comparve in rete l’hashtag “Questo è un colpo di stato”, proveniente credo da Barcellona. La mia prima reazione fu di scrivere “Non è un colpo di stato, l’Unione Europea è sempre stata così”, perché quando parli di golpe stai dicendo che non si è applicato un procedimento standard, che la democrazia viene rimpiazzata da una dittatura. Ma non è stato questo il caso.
Ora il documentarista ellenico Aris Chatzistefanou è tornato proponendo una nuova opera, “This is not a coup” (Questo non è un golpe). Un ritratto senza sconti del voltafaccia del governo di Atene formato da Syriza e dai ‘Greci Indipendenti’ che lo scorso anno decise di chinare la testa di fronte ai ricatti della Troika e di firmare il Terzo Memorandum, il più pesante per una popolazione greca già stremata da anni di commissariamento, di tagli, di licenziamenti, di privatizzazioni.
Tsipras promise il ‘miracolo’, affermando che sarebbe bastato vincere le elezioni e formare un governo alternativo a quelli precedenti per andare a trattare direttamente con Frau Merkel e convincerla così a rinunciare ai suoi diktat e all’austerità; senza bisogno di alcuna rottura con
l’Unione Europea, i suoi trattati, i suoi meccanismi coercitivi, senza alcun atto di disobbedienza istituzionale ed economica oltre che popolare.
Sappiamo com’è andata a finire: oggi la Grecia è un paese alla disperazione, ancora più impoverito e indebitato: il Pil è crollato in pochi anni del 25%, il tasso di disoccupazione ufficiale è al 26% (quello giovanile è al 55) nonostante la massiccia emigrazione, un cuarto della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
E’ il risultato di ciò che è avvenuto nell’estate del 2015, dopo che più del 60% degli elettori greci aveva mandato un messaggio chiaro al governo e ai ‘creditori’ votando ‘Oxi’ nel referendum contro i diktat della Troika convocato dallo stesso esecutivo Tsipras. Un referendum, accusa Aris Chatzistefanou, che Tsipras voleva perché era convinto di perderlo, per poter accettare i ricatti dei poteri forti, delle istituzioni politiche e finanziarie dell’Unione Europea, delle banche senza però assumersene la responsabilità.
Un referendum trappola, insomma, quello indetto da Syriza e dai nazionalisti di destra loro alleati, che però non è andato come sperato dai suoi promotori. Un’accusa molto grave, che il documentarista Chatzistefanou sostiene però appoggiandosi alle rivelazioni di un ex stretto collaboratore del primo ministro, secondo cui il plebiscito fu convocato da Alexis Tsipras basandosi sul fatto che tutti i sondaggi (sia pubblici sia riservati) davano il ‘Si’ largamente in vantaggio. Una strategia orchestrata dal primo ministro e dai suoi più stretti collaboratori per poter affibbiare agli elettori greci la responsabilità del cedimento da parte del leader di Syriza che avrebbe potuto dire “ci ho provato, ma il popolo non mi ha seguito”.
Aris Chatzistefanou, che nel frattempo ha collaborato anche con la BBC e il quotidiano ‘The Guardian’, spiega accuratamente il suo punto di vista in un’intervista concessa alcuni giorni fa alla giornalista Helena Vazquez. “La Grecia è sul punto di diventare un paese del Terzo mondo. L’agenda neoliberista che si sta applicando ad Atene l’abbiamo vista a lungo all’opera in America Latina o in Africa. Poi Fmi e Troika hanno deciso di importare queste politiche all’interno dell’Unione Europea, applicandole alla sua periferia. Hanno distrutto completamente la nostra economia. Dopo sei anni di interventi, hanno fatto crescere il debito e hanno fatto crollare il Pil del 25%, come se il paese fosse appena uscito da una guerra”.
“Il governo di Syriza può attuare misure ancora più estreme di quelle imposte dai governi precedenti generando però una reazione sociale minore di quella che scatenerebbe un partito di destra” spiega Chatzistefanou. “C’è solo una parvenza di stabilità. La socialdemocrazia in fondo rappresenta un regalo, un’ottima occasione per le elite europee. Tsipras è stata una vera e propria benedizione per l’Unione Europea. Molte persone di sinistra hanno perso ogni speranza, il governo ne approfitta e sta applicando a tappe forzate le dure misure contenute nel nuovo memorandum. Ma non credo che la pace sociale attuale possa durare a lungo” afferma il documentarista che teme che siano i nazisti di Alba Dorata ad avvantaggiarsi della grande delusione generata dalla vicenda Syriza.
Nel suo ultimo documentario Chatzistefanou parla anche del terremoto che colpì la Grecia nell’estate del 2015 quando, nonostante la stragrande vittoria del no al referendum, il governo approvò il ‘terzo salvataggio’, un evento che fu considerato da molti un vero e proprio ‘colpo di stato’ della Troika. Eppure il titolo dell’ultima fatica di Chatzistefanou è “Questo non è un golpe”. Racconta il giornalista: “durante la notte dei negoziati tra governo greco ed europei comparve in rete l’hashtag “Questo è un colpo di stato”, proveniente credo da Barcellona. La mia prima reazione fu di scrivere “Non è un colpo di stato, l’Unione Europea è sempre stata così”, perché quando parli di golpe stai dicendo che non si è applicato un procedimento standard, che la democrazia viene rimpiazzata da una dittatura. Ma non è stato questo il caso.
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