Dal 28 settembre (forse spostato al 4 ottobre) fino al 6
novembre si svolgerà in Italia, Spagna e Portogallo la «Trident Juncture
2015» (TJ15), definita dallo U.S. Army Europe «la più grande
esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino». Con 36 mila
uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi (28 Nato più 5
alleati), questa esercitazione servirà a testare la forza di rapido
intervento – Nato Response Force (NRF) – (circa 40mila effettivi) e
soprattutto il suo corpo d’élite (5mila effettivi), la Very High
Readiness Joint Task Force (VJTF), enfaticamente soprannominata
Spearhead (punta di lancia), in grado di essere schierata in meno di 48
ore per rispondere “alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi
meridionale e orientale”. In altre parole ad intervenire rapidamente,
portando la “guerra preventiva”, ovunque si ritengono minacciati gli
interessi occidentali estendendo, quindi, l’azione della Nato ad ogni
angolo del mondo.
Sebbene rappresenti un appuntamento decisivo per certificare le nuove strategie interventiste, Trident Juncture 2015, non è la sola grande esercitazione militare messa in campo dalla Nato.
Dall’”esplosione” della crisi ucraina le esercitazioni a ridosso dei confini russi sono più che raddoppiate. Decine di migliaia di uomini e centinaia di mezzi hanno partecipato alle manovre aereo-navali nel mar Nero, al largo delle coste sia di Romania e Bulgaria che della Georgia, nel mar Baltico, al largo della Norvegia e delle Repubbliche baltiche, rafforzando di fatto la presenza navale Nato. E ancora, esercitazioni terrestri in Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e nei paesi baltici cui si sta accompagnando un crescente processo di riarmo con il trasferimento in questi paesi di centinaia di carri armati, pezzi di artiglieria ed altri mezzi militari e l’avvio del programma di dispiegamento della cosiddetta “Difesa antimissile” in Polonia.
Una provocatoria pressione militare sulla Russia che, in uno scenario internazionale dove, dall’Ucraina alla Libia, dalla Siria allo Yemen, dalla Palestina all’Africa nord e sub-sahariana, crescono e si acuiscono i conflitti militari, aumenta il rischio di uno scontro diretto Nato/Russia portandoci dritti ad un nuovo conflitto militare internazionale.
Ma l’esercitazione è anche una prova di forza diretta a quei paesi o pezzi di paesi (ormai) riluttanti ad accettare supinamente il dominio dell’imperialismo. E’ di appena qualche giorno fa il minaccioso appello che i principali membri della Nato, Italia in primis, hanno indirizzato “a tutte le fazioni libiche” perché arrivino ad un “governo di concordia nazionale che, in cooperazione con la comunità internazionale, possa garantire la sicurezza al Paese (alias agli affari dei “nostri” imprenditori, al “nostro” petrolio, alle “nostre” coste) contro i gruppi di estremisti violenti che cercano di destabilizzarlo”.
Un pretesto, quello del terrorismo, che, insieme alla lotta contro i trafficanti di esseri umani, serve a legittimare una nuova aggressione alla Libia. Il via libera alla missione navale EuNavForMed con cinque navi militari, due sottomarini, l’uso dei droni, tre elicotteri e un migliaio di soldati per bloccare la partenza dei migranti dalle coste libiche, ne è solo la fase preparatoria.
Opporsi a queste esercitazioni per dire no alla politica di aggressione della Nato ed alla politica militarista del nostro governo è necessario.
L’esercitazione sarà guidata dal Jfc Naples, comando Nato (con quartier generale a Lago Patria, Napoli) agli ordini dell’ammiraglio Usa Ferguson, che è a capo delle Forze navali Usa in Europa e delle Forze navali del Comando Africa. Non è occasionale; il Jfc Naples, infatti, si alternerà annualmente con Brunssum (Olanda) nel comando operativo della Nato Response Force, confermando il ruolo strategico di Napoli nelle strategie dei comandi militari.
E’ a Napoli, quindi, che, riteniamo, si debba fare il massimo sforzo per provare a costruire una mobilitazione contro la Trident Juncture, la militarizzazione dei territori e le politiche di guerra.
A Trapani, dove sia l’aeroporto civile che la base militare di Birgi saranno coinvolti nella Trident Juncture 2015 con circa 80 velivoli da combattimento e 5mila militari, il Coordinamento per la Pace di Trapani ha lanciato un comunicato contro le esercitazioni.
In Sardegna la “Rete no basi né qui né altrove” (la cui straordinaria lotta contro le esercitazioni ha determinato lo spostamento della TJ15 da Decimomannu a Trapani “perché non sussistevano le condizioni di necessaria serenità per svolgere attività di questa portata”) ha già indetto per il 9 – 10 – 11 Ottobre tre giorni di mobilitazione contro le servitù militari e la guerra.
A Zaragoza, in Spagna, gli attivisti antimilitaristi hanno avviato una campagna di opposizione alle manovre Nato e stanno preparando mobilitazioni.
Si tratta di provare a coordinare queste e le tante altre opposizioni che si daranno dentro e fuori dall’Italia in una mobilitazione unitaria contro queste esercitazioni e la Nato in generale. Per discuterne insieme invitiamo tutte le realtà, singole e collettive, a partecipare alla riunione che si terrà a Napoli
MERCOLEDI’ 2 SETTEMBRE ALLE ORE 17,30
Presso la Sede Cobas – Vico Quercia, 22 (vicino al Cinema Modernissimo)
Proponenti:
Comitato napoletano “Pace e Disarmo”
Rete Napoli No War
Sebbene rappresenti un appuntamento decisivo per certificare le nuove strategie interventiste, Trident Juncture 2015, non è la sola grande esercitazione militare messa in campo dalla Nato.
Dall’”esplosione” della crisi ucraina le esercitazioni a ridosso dei confini russi sono più che raddoppiate. Decine di migliaia di uomini e centinaia di mezzi hanno partecipato alle manovre aereo-navali nel mar Nero, al largo delle coste sia di Romania e Bulgaria che della Georgia, nel mar Baltico, al largo della Norvegia e delle Repubbliche baltiche, rafforzando di fatto la presenza navale Nato. E ancora, esercitazioni terrestri in Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e nei paesi baltici cui si sta accompagnando un crescente processo di riarmo con il trasferimento in questi paesi di centinaia di carri armati, pezzi di artiglieria ed altri mezzi militari e l’avvio del programma di dispiegamento della cosiddetta “Difesa antimissile” in Polonia.
Una provocatoria pressione militare sulla Russia che, in uno scenario internazionale dove, dall’Ucraina alla Libia, dalla Siria allo Yemen, dalla Palestina all’Africa nord e sub-sahariana, crescono e si acuiscono i conflitti militari, aumenta il rischio di uno scontro diretto Nato/Russia portandoci dritti ad un nuovo conflitto militare internazionale.
Ma l’esercitazione è anche una prova di forza diretta a quei paesi o pezzi di paesi (ormai) riluttanti ad accettare supinamente il dominio dell’imperialismo. E’ di appena qualche giorno fa il minaccioso appello che i principali membri della Nato, Italia in primis, hanno indirizzato “a tutte le fazioni libiche” perché arrivino ad un “governo di concordia nazionale che, in cooperazione con la comunità internazionale, possa garantire la sicurezza al Paese (alias agli affari dei “nostri” imprenditori, al “nostro” petrolio, alle “nostre” coste) contro i gruppi di estremisti violenti che cercano di destabilizzarlo”.
Un pretesto, quello del terrorismo, che, insieme alla lotta contro i trafficanti di esseri umani, serve a legittimare una nuova aggressione alla Libia. Il via libera alla missione navale EuNavForMed con cinque navi militari, due sottomarini, l’uso dei droni, tre elicotteri e un migliaio di soldati per bloccare la partenza dei migranti dalle coste libiche, ne è solo la fase preparatoria.
Opporsi a queste esercitazioni per dire no alla politica di aggressione della Nato ed alla politica militarista del nostro governo è necessario.
L’esercitazione sarà guidata dal Jfc Naples, comando Nato (con quartier generale a Lago Patria, Napoli) agli ordini dell’ammiraglio Usa Ferguson, che è a capo delle Forze navali Usa in Europa e delle Forze navali del Comando Africa. Non è occasionale; il Jfc Naples, infatti, si alternerà annualmente con Brunssum (Olanda) nel comando operativo della Nato Response Force, confermando il ruolo strategico di Napoli nelle strategie dei comandi militari.
E’ a Napoli, quindi, che, riteniamo, si debba fare il massimo sforzo per provare a costruire una mobilitazione contro la Trident Juncture, la militarizzazione dei territori e le politiche di guerra.
A Trapani, dove sia l’aeroporto civile che la base militare di Birgi saranno coinvolti nella Trident Juncture 2015 con circa 80 velivoli da combattimento e 5mila militari, il Coordinamento per la Pace di Trapani ha lanciato un comunicato contro le esercitazioni.
In Sardegna la “Rete no basi né qui né altrove” (la cui straordinaria lotta contro le esercitazioni ha determinato lo spostamento della TJ15 da Decimomannu a Trapani “perché non sussistevano le condizioni di necessaria serenità per svolgere attività di questa portata”) ha già indetto per il 9 – 10 – 11 Ottobre tre giorni di mobilitazione contro le servitù militari e la guerra.
A Zaragoza, in Spagna, gli attivisti antimilitaristi hanno avviato una campagna di opposizione alle manovre Nato e stanno preparando mobilitazioni.
Si tratta di provare a coordinare queste e le tante altre opposizioni che si daranno dentro e fuori dall’Italia in una mobilitazione unitaria contro queste esercitazioni e la Nato in generale. Per discuterne insieme invitiamo tutte le realtà, singole e collettive, a partecipare alla riunione che si terrà a Napoli
MERCOLEDI’ 2 SETTEMBRE ALLE ORE 17,30
Presso la Sede Cobas – Vico Quercia, 22 (vicino al Cinema Modernissimo)
Proponenti:
Comitato napoletano “Pace e Disarmo”
Rete Napoli No War
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