giovedì 27 agosto 2015

pc 27 agosto - CRISI CINESE. L'ILLUSIONE SUL RUOLO DEL GOVERNO.

Il crollo finanziario, espressione fino in fondo delle leggi del capitale, in Cina come negli Usa, mostra in realtà che la Cina è un paese imperialista; contro analisi tuttora correnti nel campo della sinistra che considerano questo paese ancora socialista (avendo come effetto soltanto di infangare la storia gloriosa, per il popolo cinese e del mondo, della Repubblica popolare cinese ai tempi di Mao Tse Tung). 

Riportiamo stralci dall'intervista a Jurgen Conrad, economista capo per la Cina della Asian Development Bank, perchè esemplare dell'illusione, dei tentativi della classe dominante cinese di uscire bene dalla crisi. Ma il capitalismo può anche uscire da una crisi ma per precipitare dopo un pò di tempo in un'altra ancora più grande. Ciò che mette in atto come soluzione gli si rivolge contro.
I mezzi di salvataggio da questa crisi dello Stato cinese non sono diversi da quelli messi in atto dall'imperialismo Usa ed europeo in questi anni per tentare di uscire dalla crisi finanziaria e dal precipitare delle banche. E ci si arrampica sugli specchi quando si vuole sottolineare la diversità della politica economica cinese, lì dove questa "diversità" vuol dire solo - come scrive Alfonso Gianni - che "le aziende di Stato (in Cina) sono centri di potere per una potente burocrazia, attorno a cui si avvolge il serpente della corruzione diffusa". 



La Cina sva­luta il Ren­minbi, ma l’economia non rea­gi­sce e le borse mon­diali pre­ci­pi­tano. Molti esperti par­lano di fine del «modello Cinese», cioè del capi­ta­li­smo di Stato. È così?
Con la deci­sione dell’11 ago­sto di rifor­mare il mec­ca­ni­smo di fis­sag­gio del Rmb, l’obiettivo prin­ci­pale della Banca Cen­trale Cinese è di deter­mi­nare sem­pre più il valore della pro­pria valuta attra­verso domanda e offerta, non di inde­bo­lirla. La Cina vuole che la sua divisa entri nel paniere che costi­tui­sce i Diritti Spe­ciali di Pre­lievo e le forze di mer­cato devono svol­gere un ruolo sem­pre mag­giore. Ulti­ma­mente il valore del Rmb si è per altro sta­bi­liz­zato, con­fer­mando l’opinione che le grandi varia­zioni del tasso siano solo aggiu­sta­menti “una tan­tum”....
Di una valuta più debole pos­sono bene­fi­ciare alcuni espor­ta­tori, ma il ral­len­ta­mento dell’economia si spiega con ragioni strut­tu­rali, soprat­tutto con la con­tra­zione nume­rica della forza lavoro dispo­ni­bile e con il con­si­de­re­vole aumento dei salari reali a par­tire dal 2008. In Cina si sta veri­fi­cando un pro­cesso natu­rale: quando il livello dei red­diti aumenta, la cre­scita dimi­nui­sce... (quindi la colpa è dell'aumento dei salari - in realtà molto minimo - fatto nell'unico scopo di rilanciare un mercato interno - ndr) Par­lare di un fal­li­mento del modello cinese è pre­ma­turo... È vero che in impor­tanti set­tori dell’economia il governo con­ti­nua a pre­ser­vare la posi­zione domi­nante delle imprese di Stato, ma sta anche cer­cando di miglio­rare la loro efficienza.
Ha senso fare con­fronti con la crisi... dei mutui sub­prime del 2008?
Per quanto riguarda la crisi dei mutui sub­prime del 2008, i ser­vizi finan­ziari non ban­cari sono ancora poco svi­lup­pati in Asia. Non c’è troppa inno­va­zione finan­zia­ria, come negli Usa e il debito delle fami­glie in Cina è ancora basso (il 36% del Pil) e il tasso di rispar­mio interno molto alto (il 47,8 per cento). C’è sovrac­ca­pa­cità nel set­tore immo­bi­liare, ma non su scala nazio­nale, bensì soprat­tutto nelle città di terzo e quarto livello. Inol­tre, dopo la cor­re­zione del mer­cato nel 2014, volumi di ven­dita e prezzi delle case stanno aumen­tando di nuovo. (In realtà anche il governo cinese, come gli Usa, ha favorito lo sviluppo di una bolls immobiliare e cercato di canalizzare il risparmio privato verso la Borsa - ndr)
Que­sta crisi-non crisi può esten­dersi al resto del mondo?
L’economia cinese non è in crisi. Il suo alto tasso di cre­scita di lungo periodo sta ral­len­tando a causa di fat­tori strut­tu­rali e il governo ha tutti i mezzi per con­trol­lare que­sto pro­cesso ed evi­tare l’instabilità sociale e finan­zia­ria. Tut­ta­via, la domanda cinese di mate­rie prime è calata, dato che anche il modello di cre­scita sta cam­biando: è sem­pre meno legato a inve­sti­menti e indu­strie pesanti ed è meno inten­sivo dal punto di vista ener­ge­tico. È ovvio che ci sia un impatto sui prezzi inter­na­zio­nali delle mate­rie prime. Ora, men­tre prezzi più bassi sono posi­tivi per l’economia glo­bale in gene­rale, è chiaro che i Paesi espor­ta­tori di mate­rie prime deb­bano adeguarsi...
Più in gene­rale, sem­bra che ci sia un pro­blema di sovrac­ca­pa­cità a livello glo­bale e la Cina non è ancora quella società dei con­sumi capace di assor­bire que­sto sur­plus. Il grande pro­getto di Via della Seta a guida cinese, può essere visto anche come un enorme falò di risorse in eccesso? L’alternativa paci­fica a una guerra, forse.
...Per ridurre la per­si­stente sovrac­ca­pa­cità è neces­sa­rio limi­tare l’intervento del governo in eco­no­mia, rifor­mare l’amministrazione, l’utilizzo del suolo, tagliare gli incen­tivi alle indu­strie inu­tili e inef­fi­cienti. L’accento dovrebbe essere posto su un migliore uti­lizzo della capa­cità esi­stente, delo­ca­liz­zando le indu­strie in altre regioni e facendo fal­lire le imprese inef­fi­cienti, attuando fusioni e acqui­si­zioni. In que­sto senso, si vedono già miglioramenti (soluzioni non diverse da quelle dei capitali e degli Stati occidentali: salvare le aziende, precipitare i lavoratori e le masse popolari - ndr).

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