da Repubblica
«Questa è una polveriera e la miccia è sempre più corta: chiediamo alla polizia di non creare ulteriori tensioni», dice una giovane attivista sul confine di Ventimiglia, passate le ore dell'agitazione. Quelle di ieri mattina, quando, poco dopo le 6, due agenti in borghese sono entrati nel "campo" allestito per i migranti da associazioni e centri sociali sotto la pineta al confine, dove due mesi fa avvenne uno sgombero eclatante e dove sanno che non potrebbero stare: subito il "chi va là", qualcuno che alza la voce, la richiesta agli agenti di allontanarsi. «Del resto questo è uno spazio occupato – continua la ragazza, una giurista romana arrivata qui per dare una mano, che preferisce rimanere anonima – I poliziotti ci hanno chiesto di lasciarli lavorare, ma abbiamo ribadito che la loro presenza crea tensione, soprattutto tra i profughi. Alla fine si sono allontanati». Il timore ora è quello di un nuovo sgombero, come ha chiesto ieri l'assessore regionale al Commercio Edoardo Rixi, che mercoledì sarà qui, invitato dall'Ascom, secondo cui l'immigrazione sta danneggiando il commercio in città. «Ma confidiamo nel fatto che usare la forza non convenga a nessuno», spiega Alexander, un altro attivista. Sono passati due mesi e mezzo da quando è iniziata la protesta di confine: da quando decine di migranti si sono accampati in questa piccola lingua di terra tra Italia e Francia, a ponte San Ludovico, con il loro disperato appello perché i transalpini aprano le frontiere. Erano in 200, il grande caldo l'hanno affrontato sotto tendoni e lenzuoli bianchi, dormendo sugli scogli. Diventando il simbolo dell'Europa che non c'è. Dieci settimane dopo sono rimasti in qualche decina, nuovi volti ma stesse istanze (che la Francia non asseconda, e così dopo qualche giorno ripartono), e il contesto intorno a loro è cambiato: niente più presidio della Croce rossa, meno polizia. In compenso sempre più volontari dei centri sociali. Che alle spalle degli scogli, occupando la pineta dei Balzi Rossi, hanno creato un presidio permanente con tende, docce e cucina. Dieci giorni fa, dopo altri momenti di tensione, 18 attivisti sono stati denunciati. E in città si è diffusa insofferenza nei confronti del presidio e dei suoi responsabili. «Il ministero degli Interni ha aspettato troppo, bisogna riportare Ventimiglia alla normalità», dice l'assessore. «La situazione è ingestibile e noi da soli non riusciamo a risolverla», conferma il sindaco della città Enrico Ioculano. «Non siamo altro che un cuscinetto sociale, un presidio umanitario alternativo all'assenza delle istituzioni», ribatte l'attivista romana. Sono ancora la polveriera d'Europa, quantomeno un laboratorio sociale, gli scogli di Ventimiglia.
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