Report incontro nazionale Abitare nella crisi - Venaus 24 luglio 2015
Con
la presenza di 13 città, il confronto che si è tenuto nel campeggio No
Tav di Venaus è stato decisamente confortante sia dal punto di vista
della tenuta della rete che della lucidità di analisi.
La rete Abitare nella crisi dimostra di avere spalle
larghe e continuità sia sul terreno della conflittualità nei territori
che nella capacità di analizzare limiti e potenzialità, tentando di non
confondere la realtà con letture più legate ai desideri che alla
situazione così come appare.
Proprio la realtà spinge ad accrescere i livelli di
organizzazione possibile per una rete dislocata sul
piano nazionale e composta da tante differenti soggettività.
piano nazionale e composta da tante differenti soggettività.
È evidente che Abitare nella crisi c’è e prova ad
inquadrare nel mirino Renzi e la sua politica aggressiva e orientata ad
escludere definitivamente larghi settori sociali dalle risorse pubbliche
disponibili. Il presidente del consiglio viene indicato come nemico dei
vecchi e nuovi poveri e la distanza tra i provvedimenti del governo e
le necessità reali del paese in crisi è sempre più vasta.
La gestione dell’emergenza appare come unico
orizzonte per il disagio sociale e una legislazione sulle povertà con la
quale confezionare un pacchetto di briciole assistenziali sembra il
provvedimento destinato agli esclusi, forse come ultimo tentativo di non
perdere altri voti in vista delle tornate elettorali del prossimo anno
in molte grandi città, dove maggiore è l’evidenza della crisi.
In questo senso, scagliarsi contro queste misure e
rovesciarle addosso alla maggioranza e alle forze politiche di governo,
rifiutando la gestione dell’emergenza che si traduce in profitti e
controllo così come la carità pelosa, può divenire una
traiettoria interessante per la rete di Abitare nella crisi. Continuando
la trasformazione degli sportelli casa in vere e proprie agenzie del
conflitto.
La parola d’ordine reddito contro povertà può così
declinarsi non solo con le pratiche di riappropriazione di alloggi, ma
anche con l’autoriduzione degli affitti e delle bollette, dei ticket
sanitari, del trasporto pubblico e via dicendo.
In una città come Roma, che presto sarà alle prese
con il Giubileo, sarà interessante intrecciare il tema della povertà con
le contraddizioni evidenti nel messaggio papale e la realtà di milioni
di uomini e donne che pagano un tributo molto alto agli interessi della
rendita. Interessi che vedono il Vaticano in prima fila tra i potentati
immobiliari capitolini.
Il lavoro che gli sportelli (agenzie del conflitto)
possono produrre non può che aumentare le possibilità di intercettare il
disagio nelle forme più diverse che si producono soprattutto nelle
periferie e nei quartieri popolari. Oltretutto cresce anche la necessità
di ricomposizione e organizzazione sul territorio per respingere le
operazioni xenofobe di Casapound e Salvini, che puntano a parlare alla
pancia del paese soffiando sul fuoco del razzismo e del “prima gli
italiani”. Affermare contropotere e battito autonomo nei territori può rovesciare, con la presenza e l’intelligenza, il neo attivismo fascista che si maschera nei comitati di quartiere.
Le forme di contrattazione possibili dentro le lotte
che si muovono in ogni città sono anch’esse oggetto di una
ridefinizione, alla luce della lenta ma inesorabile sparizione degli
spazi di mediazione. L’abbiamo visto in grande con l’esperienza greca e
lo vediamo in piccolo nella quotidianità delle iniziative e del
confronto con le controparti. Sempre più spesso le questioni sociali
diventano tema di ordine pubblico piuttosto che oggetto di intervento
delle amministrazioni locali.
L’articolo 5 del cosiddetto piano casa di Lupi sta lì
a dimostrarlo pienamente: dell’inutile e fallimentare provvedimento
denominato impropriamente Piano casa rimangono solo i segni più
ideologici e aggressivi, quelli che negano residenza, acqua e luce a chi
occupa, e quelli che avviano la vendita degli alloggi popolari e gli
sgomberi dei cosiddetti abusivi.
Partendo da queste riflessioni e problematizzando i limiti della rete, si ritiene necessario convocare un’assemblea nazionale a Roma per il 6 settembre
per rilanciare con forza la battaglia contro l’art 5 e per accumulare
la forza necessaria per definire obiettivi e strumenti utili per
rifiutare le briciole e la riduzione della questione abitativa a
problema residuale di ordine pubblico.
Da questa assemblea dovrà scaturire tutta la potenza
possibile dei percorsi di lotta, dei territori e degli sportelli, nella
dimensione sociale larga che oggi la rete di Abitare nella crisi
rappresenta.
Il prossimo fine settimana saremo al Giambellino,
nella Milano dove le lotte nei quartieri popolari proseguono, in una
città dove Expo 2015 prova ad imporre pacificazione, cemento e
precarietà.
Abitare nella Crisi
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