La moglie di un sottosegretario. I figli dei giudici amici, dei generali amici e dei boiardi amici. Perfino la nipote di un cardinale. Tutti assunti (a tempo indeterminato) dalla Protezione civile un minuto prima del cambio della guardia. Con soldi sottratti ai terremotati
Questo si chiama "mettere in sicurezza", solo che più dell'Italia sommersa dalle alluvioni la Protezione civile sembra esperta nel rendere sicure le poltrone del suo personale. E così mentre tutto frana, Guido Bertolaso stabilizza i suoi fedelissimi: 150 precari, spesso d'alto rango, vengono assunti nel botto finale della gestione che ha alternato successi a scandali fino a diventare nel bene e nel male simbolo del modello berlusconiano di governo. Tutto grazie a una nuova legge che prevede "l'assunzione di personale a tempo indeterminato, mediante valorizzazione delle esperienze acquisite presso il Dipartimento dal personale titolare di contratto di collaborazione coordinata e continuativa".
Mentre la pubblica amministrazione falcia i ranghi e il precariato diventa condizione di vita, negli uffici che dipendono da Palazzo Chigi c'è un'ondata di piena di assunzioni che garantisce lo stipendio per figli di magistrati e di prefetti, per mogli di sottosegretari e nipoti di cardinali. Tutti benedetti da una selezione su misura, alla quale ha potuto partecipare solo chi aveva già un contratto precario con il Dipartimento. Un esame affidato a una commissione interna, con poche domande rituali e procedure concluse entro l'estate: così gli ex cococo sono ormai a tutti gli effetti in pianta organica.
E rilette oggi, dopo i crolli di Pompei, le motivazioni che sostengono questa falange di assunzioni hanno un po' il sapore della farsa di fine impero: il testo della deroga al blocco imposto da Tremonti sostiene la necessità di quel personale "anche con riferimento alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale". Ma è solo il botto finale: quando Bertolaso nel 2001 mise piede sulla tolda di comando l'organico si basava su 320 unità, passate a 590 nel 2006 e schizzate a quasi 900 alla fine del suo mandato. Cinquecento persone in più in nove anni, con uffici lievitati emergenza dopo emergenza, sempre a colpi di ordinanza e mai in forza di un concorso. Un vero e proprio esercito in cui spiccano gli oltre 60 autisti, distaccati dalle forze dell'ordine, per i dirigenti. L'apoteosi di un sistema di potere nato con il Giubileo del 2000, spalancando le porte degli uffici a figli, nipoti, familiari e amici dell'establishment istituzionale.
E poi, sono arrivati i fedelissimi coltivati a Napoli nelle molteplici crisi dei rifiuti. Un posto per tutti grazie alle parentele giuste nell'esercito o nei servizi segreti, a Palazzo Chigi o in Vaticano, al Viminale o in magistratura, fino a creare una ragnatela di relazioni che sembra plasmata ad hoc per creare consenso verso le attività del Dipartimento e per non disturbare il suo manovratore.
Le parentele scomode iniziano ovviamente da Francesco Piermarini, l'ingegnere-cognato del sottosegretario Bertolaso, mandato tra i cantieri della Maddalena. Ma scorrendo la lista dei beneficiati si svela una rete di favori senza soluzione di continuità. Tra i primi ad essere stabilizzati, a metà di questo decennio, sono stati gli uomini della scorta di Francesco Rutelli in Campidoglio. Dieci "pizzardoni" passati senza semafori dalla polizia municipale di Roma al dipartimento di Palazzo Chigi. Dal fil rouge che lega il Giubileo alla Protezione civile spuntano anche tre supermanager del calibro di Agostino Miozzo, Marcello Fiori e Bernardo De Bernardinis. Facevano parte dell'unità di staff del Giubileo e, grazie al decreto rifiuti del 2008, entrano nel Gotha dei dirigenti generali della presidenza del Consiglio con norma ad personam, e un contratto da 180 mila euro l'anno. Ma sono stati ingaggiati anche ottuagenari che arrotondano la pensione grazie ai munifici gettoni delle emergenze: è il caso dell'83enne Domenico Rivelli, chiamato come "collaboratore per le problematiche amministrativo-contabili per i rifiuti a Napoli".
Storie vecchie, mentre con la stabilizzazione di fine mandato arriva Barbara Altomonte, moglie del sottosegretario Francesco Giro, docente di scuola superiore ed ora dirigente del Dipartimento. E non è certo un caso che in questa ondata la parte del leone la facciano uomini e donne legati a doppio filo con la Corte dei conti, ossia la magistratura che deve vigilare anche sulle spese della Protezione civile.
Proprio nella "sezione di controllo" della Corte un magistrato e due funzionari possono vantare le assunzioni dei propri figli al Dipartimento: si tratta del giudice Rocco Colicchio, di Carmen Iannacone, addetta al controllo degli atti della presidenza del Consiglio, e della segretaria generale Gabriella Palmieri. Spazio anche a Marco Conti, figlio di un altro giudice contabile. Invece Giovanna Andreozzi è stata chiamata dopo il sisma dell'Aquila con l'incarico di direttore generale per vigilare sugli appalti: proviene dalla sezione campana della Corte, presieduta da Mario Sancetta, magistrato sfiorato da più di un sospetto nell'inchiesta sulla Cricca per le relazioni con Angelo Balducci, l'ex numero uno delle opere pubbliche. Tra l'altro, per la Andreozzi è stato attivato un servizio di navetta ad personam tra Roma Termini e gli uffici del Dipartimento.
Quanto alla magistratura, tra gli assunti c'è anche Giovanni De Siervo, figlio del vicepresidente della Consulta Ugo: era entrato come precario con l'ordinanza per l'esondazione del Sarno ora è fisso al reparto "relazioni con gli organismi internazionali". Con l'ultima chiamata per i fedelissimi di Bertolaso, arriva il posto definitivo per Carola Angioni, figlia del pluridecorato generale Franco, capo della missione italiana in Libano ed ex parlamentare Pd. Carola Angioni è entrata come collaboratrice per l'emergenza traffico di Napoli e, dopo essersi occupata di smog, è passata ordinanza dopo ordinanza ai temporali del Veneto, dedicandosi, nel frattempo a qualche puntata in Croazia come ambasciatrice del dipartimento. La legge offre certezza occupazionale anche a Marta Sica, figlia del vicesegretario generale di palazzo Chigi; alla nipote del cardinale Achille Silvestrini; alla figlia del prefetto Anna Maria D'Ascenzo, (ex capo del dipartimento dei vigili del fuoco) e a quella del colonnello Roberto Babusci (una volta responsabile del centro operativo aereo della Protezione civile).
A loro, infine vanno aggiunti altri parenti illustri, legati all'ex presidente Rai Ettore Bernabei, al sindacalista della presidenza del Consiglio Mario Ferrazzano e a Giuseppina Perozzi, capo del personale di palazzo Chigi. Una manifestazione di potere assoluto cui si oppongono i sindacati, con un ricorso contro i metodi selettivi di quest'ultima raffica di assunzioni che verrà discusso a febbraio prossimo di fronte al Tar del Lazio. Anche perché l'ultima ondata dei Bertolaso boys costerà ben otto milioni di euro, in gran parte sottratti ai fondi per l'Abruzzo terremotato.
Questo si chiama "mettere in sicurezza", solo che più dell'Italia sommersa dalle alluvioni la Protezione civile sembra esperta nel rendere sicure le poltrone del suo personale. E così mentre tutto frana, Guido Bertolaso stabilizza i suoi fedelissimi: 150 precari, spesso d'alto rango, vengono assunti nel botto finale della gestione che ha alternato successi a scandali fino a diventare nel bene e nel male simbolo del modello berlusconiano di governo. Tutto grazie a una nuova legge che prevede "l'assunzione di personale a tempo indeterminato, mediante valorizzazione delle esperienze acquisite presso il Dipartimento dal personale titolare di contratto di collaborazione coordinata e continuativa".
Mentre la pubblica amministrazione falcia i ranghi e il precariato diventa condizione di vita, negli uffici che dipendono da Palazzo Chigi c'è un'ondata di piena di assunzioni che garantisce lo stipendio per figli di magistrati e di prefetti, per mogli di sottosegretari e nipoti di cardinali. Tutti benedetti da una selezione su misura, alla quale ha potuto partecipare solo chi aveva già un contratto precario con il Dipartimento. Un esame affidato a una commissione interna, con poche domande rituali e procedure concluse entro l'estate: così gli ex cococo sono ormai a tutti gli effetti in pianta organica.
E rilette oggi, dopo i crolli di Pompei, le motivazioni che sostengono questa falange di assunzioni hanno un po' il sapore della farsa di fine impero: il testo della deroga al blocco imposto da Tremonti sostiene la necessità di quel personale "anche con riferimento alle complesse iniziative in atto per la tutela del patrimonio culturale". Ma è solo il botto finale: quando Bertolaso nel 2001 mise piede sulla tolda di comando l'organico si basava su 320 unità, passate a 590 nel 2006 e schizzate a quasi 900 alla fine del suo mandato. Cinquecento persone in più in nove anni, con uffici lievitati emergenza dopo emergenza, sempre a colpi di ordinanza e mai in forza di un concorso. Un vero e proprio esercito in cui spiccano gli oltre 60 autisti, distaccati dalle forze dell'ordine, per i dirigenti. L'apoteosi di un sistema di potere nato con il Giubileo del 2000, spalancando le porte degli uffici a figli, nipoti, familiari e amici dell'establishment istituzionale.
E poi, sono arrivati i fedelissimi coltivati a Napoli nelle molteplici crisi dei rifiuti. Un posto per tutti grazie alle parentele giuste nell'esercito o nei servizi segreti, a Palazzo Chigi o in Vaticano, al Viminale o in magistratura, fino a creare una ragnatela di relazioni che sembra plasmata ad hoc per creare consenso verso le attività del Dipartimento e per non disturbare il suo manovratore.
Le parentele scomode iniziano ovviamente da Francesco Piermarini, l'ingegnere-cognato del sottosegretario Bertolaso, mandato tra i cantieri della Maddalena. Ma scorrendo la lista dei beneficiati si svela una rete di favori senza soluzione di continuità. Tra i primi ad essere stabilizzati, a metà di questo decennio, sono stati gli uomini della scorta di Francesco Rutelli in Campidoglio. Dieci "pizzardoni" passati senza semafori dalla polizia municipale di Roma al dipartimento di Palazzo Chigi. Dal fil rouge che lega il Giubileo alla Protezione civile spuntano anche tre supermanager del calibro di Agostino Miozzo, Marcello Fiori e Bernardo De Bernardinis. Facevano parte dell'unità di staff del Giubileo e, grazie al decreto rifiuti del 2008, entrano nel Gotha dei dirigenti generali della presidenza del Consiglio con norma ad personam, e un contratto da 180 mila euro l'anno. Ma sono stati ingaggiati anche ottuagenari che arrotondano la pensione grazie ai munifici gettoni delle emergenze: è il caso dell'83enne Domenico Rivelli, chiamato come "collaboratore per le problematiche amministrativo-contabili per i rifiuti a Napoli".
Storie vecchie, mentre con la stabilizzazione di fine mandato arriva Barbara Altomonte, moglie del sottosegretario Francesco Giro, docente di scuola superiore ed ora dirigente del Dipartimento. E non è certo un caso che in questa ondata la parte del leone la facciano uomini e donne legati a doppio filo con la Corte dei conti, ossia la magistratura che deve vigilare anche sulle spese della Protezione civile.
Proprio nella "sezione di controllo" della Corte un magistrato e due funzionari possono vantare le assunzioni dei propri figli al Dipartimento: si tratta del giudice Rocco Colicchio, di Carmen Iannacone, addetta al controllo degli atti della presidenza del Consiglio, e della segretaria generale Gabriella Palmieri. Spazio anche a Marco Conti, figlio di un altro giudice contabile. Invece Giovanna Andreozzi è stata chiamata dopo il sisma dell'Aquila con l'incarico di direttore generale per vigilare sugli appalti: proviene dalla sezione campana della Corte, presieduta da Mario Sancetta, magistrato sfiorato da più di un sospetto nell'inchiesta sulla Cricca per le relazioni con Angelo Balducci, l'ex numero uno delle opere pubbliche. Tra l'altro, per la Andreozzi è stato attivato un servizio di navetta ad personam tra Roma Termini e gli uffici del Dipartimento.
Quanto alla magistratura, tra gli assunti c'è anche Giovanni De Siervo, figlio del vicepresidente della Consulta Ugo: era entrato come precario con l'ordinanza per l'esondazione del Sarno ora è fisso al reparto "relazioni con gli organismi internazionali". Con l'ultima chiamata per i fedelissimi di Bertolaso, arriva il posto definitivo per Carola Angioni, figlia del pluridecorato generale Franco, capo della missione italiana in Libano ed ex parlamentare Pd. Carola Angioni è entrata come collaboratrice per l'emergenza traffico di Napoli e, dopo essersi occupata di smog, è passata ordinanza dopo ordinanza ai temporali del Veneto, dedicandosi, nel frattempo a qualche puntata in Croazia come ambasciatrice del dipartimento. La legge offre certezza occupazionale anche a Marta Sica, figlia del vicesegretario generale di palazzo Chigi; alla nipote del cardinale Achille Silvestrini; alla figlia del prefetto Anna Maria D'Ascenzo, (ex capo del dipartimento dei vigili del fuoco) e a quella del colonnello Roberto Babusci (una volta responsabile del centro operativo aereo della Protezione civile).
A loro, infine vanno aggiunti altri parenti illustri, legati all'ex presidente Rai Ettore Bernabei, al sindacalista della presidenza del Consiglio Mario Ferrazzano e a Giuseppina Perozzi, capo del personale di palazzo Chigi. Una manifestazione di potere assoluto cui si oppongono i sindacati, con un ricorso contro i metodi selettivi di quest'ultima raffica di assunzioni che verrà discusso a febbraio prossimo di fronte al Tar del Lazio. Anche perché l'ultima ondata dei Bertolaso boys costerà ben otto milioni di euro, in gran parte sottratti ai fondi per l'Abruzzo terremotato.
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