lunedì 19 luglio 2010

pc quotidiano 19 luglio Tenaris Dalmine: confermata la condanna dei dirigenti per omicidio colposo di cui all'art. 589 c.p.

in relazione alle norme sulla sicurezza interna relativa alla morte di un giovane operaio.

Con l'udienza del 15 luglio 2010 la Corte d'Appello di Brescia, salvo la riduzione di qualche mese della pena inflitta all'imputata Elena Guidi (legale rappresentante della ditta appaltatrice proprietaria del camion), ha confermato per il resto la sentenza n. 1695 resa in data 25.06.2008 nel procedimento n. 11392/2004 - n. 1156/2006 dal Tribunale di Bergamo. La Corte d'Appello ha rigettato le richieste degli avvocati della Tenaris Dalmine volte ad escludere il sindacato Slai Cobas quale parte civile nel predetto processo, confermando la piena legittimazione dello stesso sindacato e la conseguente condanna a suo favore al risarcimento del danno.

Il fatto: il 2 ottobre 2004 muore Pier Paolo Testa operaio di 21 anni, ma non si è trattato di un incidente stradale come subito aveva precisato la Tenaris Dalmine.
Infatti nel processo che si è concluso il 25 giugno 2008 con la condanna a un anno di reclusione per Stefano Ferrari, all’epoca del fatto responsabile della sicurezza per la Tenaris Dalmine “Tutte le testimonianze, dagli operai ai tecnici dell’Asl, hanno confermato tutte le circostanze che evidenziano una responsabilità della Tenaris Dalmine nel non aver organizzato, in modo adeguato e conforme alle normative sulla circolazione stradale, la movimentazione di operai a piedi e in bicicletta all’interno dello stabilimento. Anche i tecnici Asl hanno confermato che dopo il presunto “incidente” l’azienda ha messo in atto delle modifiche per adeguare la situazione alle norme imposte dall’Asl e ha adeguato il piano di sicurezza alle imposizioni Asl.”
Tutto era partito da un’esposto del Cobas Dalmine a seguito dell’infortunio mortale che raccoglieva segnalazione di operai sulle situazioni di rischio sulla viabilità interna allo stabilimento e che in seguito, unico sindacato in fabbrica, si costituiva parte civile nel processo anche se il lavoratore non era iscritto al Cobas. L’ammissione di parte civile oltre ad essere la prima a Bergamo assumeva anche una rilevanza politica vista l'opposizione di tutta la difesa e nonostante la rinuncia alla parte civile dei familiari a seguito del risarcimento dell’azienda e della ditta appaltatrice.
Infatti: il Tribunale infatti accoglie l’analisi in diritto svolta dalla difesa del sindacato la quale ha inteso rintracciare nell’art. 9 Stat. Lav. la disposizione legittimante l’avvenuta costituzione di parte civile.
L’art. 9 Stat. Lav., in questo senso, prevede un diritto di controllo, riconosciuto a mezzo di rappresentanze sindacali nell’interesse dei lavoratori, dell’adozione di misure preventive degli infortuni e delle malattie professionali, diritto che non è limitato dalla sussistenza di un rischio protetto dal sistema dell’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali (ex DPR 30 giugno 1965 n. 1124), ma è ad ampio raggio in quanto raccordabile sia con l’art. 2087 c.c., che pone a carico del datore di lavoro il cd. obbligo di sicurezza, ossia il generale obbligo di adottare nell’esercizio dell’impresa ogni misura idonea a tutelare l’integrità fisica (oltre che la personalità morale) del lavoratore, sia con le specifiche garanzie costituzionali poste dall’art. 41 co. 2 Cost, che prescrive che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con la dignità umana, e dall’art. 32 Cost., che tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo.
Il contenuto del diritto riconosciuto dall’art. 9 S.L. è costituito dalla facoltà di accedere e di ispezionare ogni luogo dell’azienda ove potenzialmente vi sia una fonte di rischio per i lavoratori addetti; di contestare al datore di lavoro l’eventuale mancata adozione delle misure preventive e di richiederne ed ottenerne l’approntamento, anche sollecitando l’intervento dell’organo pubblico preposto alla vigilanza dell’igiene e della salute in azienda; di presenziare all’eventuale ispezione disposta dall’autorità pubblica di vigilanza; di ricevere le informazioni necessarie per esercitare il controllo sull’ambiente di lavoro.

Inoltre grazie a questa linea sindacale di classe si è impedito che, come spesso avviene, si scaricasse sull’autista del camion la responsabilità di quanto accaduto, come avevano tentato di fare le difese del RSPP della Tenaris Dalmine e della ditta appaltatrice che sostenevano che lo stesso non avesse rispettato i piani di viabilità interna….dimenticandosi che il camionista doveva stare ai ritmi imposti dalla produzione record della Tenaris, dovendo andare a svuotare i cassoni degli sfridi che negli ultimi anni erano aumentati in proporzione ai profitti di padron Rocca.

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