Al pari del clima, atmosferico, arroventato che sta attraversando le città italiane, le cronache di questi giorni sono attraversate dal clima arroventato dei CIE. Rivolte continue, da Gradisca a Milano sino a Torino, “mostrano” una situazione nota a tutti da tempo; quella di un sistema di soprusi e abusi istituzionali, fatto di detenzioni illegali – condizioni di invivibilità- diritti negati, in primis quelli igienico/sanitarie, - violenza e repressione poliziesca, denunciata anche da organismi umanitari e sanzionato dalla Comunità Europea, alla quale il governo ha risposto e continua a rispondere : “Me Ne Frego”. Le recenti rivolte oltre ad evidenziare il già noto, hanno avuto un accelerazione con l’ultimo accordo sulla sicurezza tra Governo italiano e quelli algerino e tunisino, che vanno nella direzione di applicare le espulsioni collettive baipassando le stesse norme del pacchetto Sicurezza, il tutto in nome e per conto di accordi, principalmente economici e politici, che cancellano ogni forma dei diritti umani, dove Algeria e Tunisia assumono il ruolo di gendarmi del Mediterraneo a salvaguardia della tranquillità Europea. E la “merce” di scambio sono gli immigrati, letteralmente presi di peso e rispediti nei paesi d’origine dove rischiano di subire torture e carcere. Appena si è sparsa la voce di questo provvedimento, giustamente, gli immigrati hanno cercato di mettere in pratica non una “semplice” rivolta, ma forme di evasioni nel tentativo di sfuggire a queste deportazioni. Da Torino a Trapani, a Gradisca come a Milano, gli immigrati hanno prima protestato contro questo accordo, poi hanno solidarizzato con quelli che erano saliti sui tetti dei CIE e infine hanno cercato di riacquistare la libertà. Tentativo riuscito in alcuni casi, in altri ancora una volta gli immigrati hanno ri/assaggiato la reazione poliziesca. Nello specifico nel CIE di via Corelli a Milano, dopo il tentativo di fuga, riuscito a tre immigrati, uno si è fratturato una gamba nel tentativo di fuga ed è stato ripreso quasi subito, ma diversamente da altre volte è stato rimesso fuori con un foglio di via di 5 giorni e senza aver ricevuto le cure mediche, ed è stato costretto a chiamare il 118 per farsi ricoverare in ospedale, ed ora dovrà essere operato. Comportamento “strano” che sembra avvalorare la tesi che questa sia un modo diverso da un lato di accelerare le espulsioni (liberandosi dei soggetti scomodi che si ribellano) e dall’altro ridurre i costi delle cure da parte della croce Rossa (cosa che fanno bene nella cosiddetta normalità dei CIE). Ma dalla testimonianza di questo immigrato è emerso l’ennesima bufala, venduta subito dalla solita stampa “libera”, che l’altro immigrato ricoverato in ospedale non vi è stato portato perché durante la rivolta aveva ingoiato una pila, ma costretto dal violento intervento della polizia. Quanto avvenuto al CIE di Corelli non è diverso da quanto è successo al CIE di via Brunelleschi a Torino, dove Habib Sabri era salito sul tetto per protestare contro il provvedimento rifiutandosi di scendere se non dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, e che da stamattina risulta “scomparso” dopo il violento intervento delle forze di polizia.
Essere solidali con le rivolte degli immigrati dentro i CIE è un dovere di tutti quelli che si battono contro il razzismo istituzionale. Altrettanto doveroso e necessario è legare la solidarietà – la “complicità” a questa lotta con quella quotidiana fatta di decreti anti Kebabbari o coprifuoco, come in via Padova, o lo sfruttamento schiavistico prima e i licenziamenti dopo (dalle cooperative alle fabbriche, dai cantieri alle badanti). Unire queste lotte, organizzarle, sono lo spettro che allarma e terrorizza il “buon” Maroni e soci.
Milano 22-07-10
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