sabato 24 luglio 2010

pc quotidiano 24 luglio - "La Katrina di Obama"

Il disastro ambientale della marea nera nel Golfo del Messico è l'ennesimo fallimento del "nuovo corso" di Obama, costruito tutto su un piano mediatico, che, nella sostanza, si conferma il migliore interprete di questa fase di crisi ma per mandare avanti i piani dell'imperialismo. La stessa "opposizione" borghese, progressista, non ha niente da dire di fronte a quella che qualcuno ha chiamato "La Katrina di Obama", la fuoriuscita continua di petrolio dopo l’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon che il 20 aprile ha ucciso 11 operai che vi lavoravano e che sta causando un disastro ambientale di proporzioni gigantesche con effetti per molti decenni, anche sull'attività di chi vive di pesca per sopravvivere per kilometri e kilometri di costa.
E' la conseguenza di mancati controlli, complicità e collusioni di uno stato imperialista che ha messo al primo posto gli interessi dei petrolieri e adesso si straccia le vesti per l'enorme danno che ha scaricato sul suo popolo.
Dal sito di Limes riportiamo la parte finale di un articolo di Federico Rampini su questo ennesimo disastro ambientale capitalista. Ovviamente non possiamo essere d'accordo con l'articolista nell'accusare lo "smantellamento dell'apparato statale" iniziato con Regan come responsabile dei mancati interventi.
Dopo le critiche, l'articolista borghese passa all'assoluzione, che suona come una giustificazione per la presunta inattività di Obama.
Ma come può operare contro i suoi principali azionisti uno Stato espressione delle multinazionali, delle lobby petrolifere, che ha fatto del primato del profitto capitalista la sua ragion d'essere, non lo strumento "super partes" al di sopra delle classi ma la forma organizzata del suo dominio?

"Un breve diario della marea nera illustra la débacle governativa.

20 aprile. Poche ore dopo l’esplosione sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, gestita dal trio Bp, Halliburton e Transoceanic, gli scienziati della National Oceanic and Athmospheric Administration (Noaa) parlano della “marea nera del secolo” e stimano che nell’ipotesi peggiore il ritmo di fuoruscita del greggio in mare potrebbe raggiungere i 110.000 barili al giorno. La Casa Bianca preferisce i dati della Bp, solo 1.000 barili al giorno. Sotto la pressione dei mass media la Bp ritoccherà in seguito le sue stime a 5.000 barili, poi a 35.000, con ritardi di settimane. Due mesi dopo, la Casa Bianca è costretta ad ammettere che i centomila barili della Noaa erano la stima più attendibile fin dall’inizio.

Primo Maggio. “La Bp pagherà”, tuona Barack Obama. “Gli staremo col fiato sul collo”, annuncia il suo ministro dell’Interno Ken Salazar. La Bp ha promesso di avvalersi di tutte le risorse disponibili, compreso l’ingaggio delle flotte di pescherecci locali per dispiegare attorno alla chiazza le reti di galleggianti. Ma i pescatori della Louisiana rivelano che “il numero di telefono pubblicizzato dalla Bp non esiste o non funziona, non c’è nessuno che ci risponde”. Il Congresso decide di aprire un’indagine immediata sulle aziende private coinvolte, ma è un boomerang: nel 2005 la stessa Bp fu protagonista di un altro incidente drammatico, l’esplosione di una sua raffineria a Texas City, perché le autorità federali hanno continuato ad autorizzare le sue operazioni? Il ministro dell’Interno Salazar, quando era un senatore dell’opposizione criticava Bush per la politica delle “trivellazioni facili”. Si scopre che dalla sua nomina a ministro dell’Interno di Obama ha autorizzato nuove trivellazioni petrolifere in mare per una superficie totale di 214.000 km quadrati, battendo ogni record dell’Amministrazione Bush. In base alla legge americana, approvata dopo il disastro di Exxon Valdez nel 1989, la prima responsabilità d’intervento in un incidente simile spetta alla compagnia petrolifera. Il governo è tenuto ad attivarsi solo in un ruolo di supplenza se i mezzi privati risultano insufficienti. Questa legge fu varata proprio per garantire che i petrolieri prendessero sul serio le proprie responsabilità nei disastri da loro provocati. “E’ chiaro che non funziona – dice Tyson Slocum del Public Citizen’s Energy Program – perché il soggetto che deve guidare gli sforzi per risolvere la crisi è lo stesso che ha causato il danno”.

14 maggio. Decine di permessi di trivellazioni illegali furono concessi per anni alle compagnie petrolifere, sotto l'Amministrazione Bush ma anche da quando c'è Obama alla Casa Bianca. Il New York Times denuncia le irregolarità nelle procedure seguite.

22 maggio. L’uomo che lo Stato ha messo in prima linea ad affrontare la catastrofe, è l’ammiraglio della Coast Guard, Thad Allen. A lungo appare succube dei petrolieri. Dichiara: “Ho fiducia nel chief executive della Bp”. La guardia costiera impedisce l’accesso alla marea nera a un esercito di volontari pronti ad aiutare, compresi i biologi che lavorano nei parchi naturali delle lagune. Il sospetto è che la Bp non voglia osservatori scomodi. Fidandosi di Bp, si sono persi 30 giorni solo perché le autorità federali creassero una loro squadra di esperti indipendenti per valutare l’ampiezza della chiazza.

26 maggio. Affiorano prove di una collusione sistematica tra le autorità federali preposte alla vigilanza sugli impianti petroliferi (il Minerals Management Service, Mms) e le compagnie petrolifere: in certi casi gli ispettori che dovevano controllare la sicurezza delle piattaforme marine facevano compilare i rapporti dalle stesse compagnie. Obama, rivela il suo consigliere più fidato, David Axelrod, “è indignato sia con la Bp sia con le autorità federali che dovevano regolarla”. Licenzia la numero della Mms. L’aveva nominata lui stesso.

17 giugno. Quei parlamentari Usa che nelle commissioni del Senato e della Camera dovevano vigilare sulla Bp (e su tutta l'industria petrolifera) erano azionisti delle compagnie. Il Washington Post denuncia il conflitto d'interesse, rivelando il contenuto dei portafogli azionari dei politici.

19 giugno. Il politico più finanziato dalla Bp nell'elezione del 2008 è stato lo stesso Barack Obama, lo rivela il New York Times, giornale progressista e certamente non ostile a questa Amministrazione.

Intanto la lentezza nel fermare la fuga di greggio in mare esaspera le popolazioni degli Stati più minacciati (Louisiana, Florida, Mississippi, Alabama) che chiedono di togliere alla Bp la responsabilità delle operazioni. Ma con chi sostituirla? Nessuna agenzia civile del governo federale ha tecnologie comparabili a quelle dell’industria petrolifera. Si tira indietro lo Army Corps of Engineers, il genio militare più efficiente del mondo, la cui reputazione fu macchiata a New Orleans per le sue colpe nella mancata manutenzione degli argini.

Il presidente che vinse le elezioni con lo slogan "Yes we can" viene umiliato nella parte dello spettatore impotente. Lui che sembrava l'artefice di un riscatto dell' azione politica, il protagonista di una rivalutazione del ruolo dello Stato, di fronte alla più grave catastrofe ambientale nella storia americana dà uno spettacolo di debolezza e di frustrazione. Minaccia azioni penali, giura che farà pagare la Bp fino all' ultimo centesimo, ma le sue grida sembrano velleitarie".

prolcomra
24/07/2010

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