Non si fermano le proteste e le rivolte nei Centri di identificazione ed espulsione, dove le condizioni diventano sempre più difficili, per effetto del pacchetto sicurezza che ha introdotto il reato di clandestinità ed allungato i tempi di permanenza da 2 a 6 mesi nei Cie.
Alberto Bruno, commissario provinciale della Croce Rossa, che gestisce il centro di via Corelli a Milano:”La protesta non è maturata per il malcontento per la situazione degli ospiti ma per favorire la fuga di qualcuno”: il riferimento è alla contemporaneità della rivolta di domenica scorsa in Corellie e nel Cie di Gradisca, in provincia di Gorizia.
Appaiono paradossali le dichiarazioni di Bruno: che significa, infatti, affermare, come fa, che la protesta non è maturata per il malcontento: come si può plausibilmente pensare che qualcuno possa essere contento di venire rinchiuso, privato della propria libertà e del proprio futuro per un'aberrazione giuridica quale è il reato di clandestinità? E non basta certo a rendere più “leggera” la condizione degli immigrati il fatto che non è un carcere, come tiene a sottolineare sempre Bruno. E, poi, se non è un carcere perchè si parla di evasioni?
La realtà è che il pacchetto sicurezza ha introdotto norme liberticide e razziste, legittima le discriminazioni sulla base del luogo di nascita, spande razzismo a piene mani, rendendo la vita veramente difficile agli immigrati dentro e fuori, nella vita quotidiana e in tutti gli aspetti della loro vita. Li vuole rendere eterni cittadini di serie B, con diritti precari e sempre revocabili.
Bene, quindi, se anche all'interno dei Cie gli immigrati cominciano ad organizzarsi, rafforzando la lotta nei vari Cie, ma, in generale, la lotta contro razzismo, politiche discriminatorie, sfruttamento. Ma vediamo bene, come sia l'embrionale organizzazione degli immigrati, sia le azioni dei solidali che hanno come campo specifico di intervento l'antirazzismo, pur con un costante lavoro di denuncia e controinformazione che ha permesso di conoscere tanto dei meccanismi dei Cie, delle condizioni degli “ospiti”, sino ai tentativi di stupro, non siano stati ancora in grado di fermare il razzismo di stato e i provvedimenti conseguenti.
I limiti principali, crediamo, stanno nel fatto che ancora non si sia stati in grado, nonostante la grande di creare organismi di massa, ma ci si limita ad agire e a coordinarsi sulla base delle affinità e sopratutto che il campo d'azione non è a 360°, il razzismo viene inteso come la forma più “alta”, il concentrato di tutte le forme di oppressione, che tutte le comprende; questo, da un lato, impedisce di creare strumenti e lotta concreta nei terreni specifici -oppressione delle donne, repressione.., e dare spazio, il giusto e necessario contributo ad esempio delle femministe, delle donne in lotta le si marginalizza e, in certo modo, si banalizza il loro protagonismo; dall'altro, paradossalmente, invece che creare le condizioni per l'unità tra proletari italiani e stranieri, tra donne italiane e straniere, crea i presupposti per una condizione di subalternità, oltreche oscurare l'oppressione, sminuire l'oppressione delle/degli italiane/i e non far comprendere come l'oppressione dell'uno serve per meglio opprimere e reprimere l'altro.
Dalla denuncia delle aberrazioni giuridiche alle campagne per il ritiro del pacchetto sicurezza, alla solidarietà concreta verso gli immigrati sia dentro che fuori i Cie, la lotta contro il governo Berlusconi, ma anche contro i governi locali che hanno fatto da apripista alle leggi razziste con ordinanze, sgomberi di campi rom, criminalizzazione degli immigrati; come le norme contenute nel pacchetto sicurezza dimostrano che l'attacco è a 360° e non si limitano ad intervenire e a criminalizzare solo gli immigrati, ma sono frutto di concezioni beceramente maschiliste-il pacchetto sicurezza è stato “giustificato” da violenze sessuali subite da donne da parte di immigrati, mentre la maggior parte di violenze le donne le subiscono all'interno della famiglia-; repressive-nel pacchetto sicurezza sono contenute norme di divieto di cortei creando una sorte di zone rosse, norme antigraffitari-; di irrigimentazione e controllo autoritario della società-con l'istituzionalizzazione delle ronde, ma in generale con la militarizzazione delle città; così la lotta deve essere a 360° e richiede strumenti, organismi e forme di lotta articolati. In questa direzione, con piccoli passi, ci stiamo adoperando.
Milano, 23 luglio 2010
Nessun commento:
Posta un commento