mercoledì 13 gennaio 2021

pc 13 gennaio - Assemblea nazionale telematica dei lavoratori e lavoratrici combattive - ore 10.30 del 16 gennaio

  prepariamo lo sciopero generale per il prossimo 29 gennaio e  una mobilitazione nazionale per il 30 gennaio:

Appello a tutti i lavoratori, precari, disoccupati e al sindacalismo combattivo
ovunque collocato

Contro l’uso padronale della pandemia: c’è bisogno di lotta, c’è bisogno di
sciopero!

COSTRUIAMO INSIEME LO SCIOPERO GENERALE DEL 29 GENNAIO E
UNA GRANDE MOBILITAZIONE NAZIONALE SABATO 30 GENNAIO

Il 16 gennaio assemblea nazionale su Zoom

Si aggiungeranno agli altri metalmeccanici già presenti nell’Assemblea alcuni operai e delegati, nonché licenziati politici delle fabbriche metalmeccaniche e operai ed ex operai impegnati nella lotta per la difesa della salute sui luoghi di lavoro e nel supporto ai loro familiari: i compagni licenziati del Si.cobas ed altri della FCA di Pomigliano d’Arco (NA), operai e delegati USB e RSA FIOM della FCA di Melfi (PZ), delegati e operai del SOA della FCA di Termoli, Slai cobas della FCA di Cassino (LT) (già presenti operai FIOM) e i compagni della FIOM della Piaggio Pontedera (PT)...

A quasi un anno dall’esplosione della crisi pandemica, continuano ad aggravarsi le condizioni di vita e salariali di milioni di lavoratori.

Le migliaia di contagi e di morti, in primis sui luoghi di lavoro, e la vera e propria catastrofe sanitaria, certificano inequivocabilmente il fallimento rovinoso delle misure di contenimento adottate finora sia sul piano nazionale che nelle sue articolazioni regionali e territoriali.

Al collasso del sistema sanitario provocato da decenni di tagli alla spesa sociale si sommano gli effetti di una crisi economica che investe il capitalismo su scala internazionale e non conosce via d’uscita.

In Italia i costi dell’emergenza sono stati scaricati maggiormente su settori “sacrificabili” e sui relativi lavoratori e lavoratrici dipendenti, accelerando una crisi in atto già da anni e incrementando disoccupazione, precarietà e disuguaglianze sociali.

Tutto questo è avvenuto a colpi di DPCM rivelatosi disastrosi nel contrastare la pandemia perché, al di là di chiudere a singhiozzo bar e ristoranti, hanno sistematicamente ignorato la mattanza di contagi e di morti nelle fabbriche, nei magazzini e tra il personale ospedaliero, sacrificando la salute e il salario dei lavoratori sull’altare dei profitti di Confindustria e delle grandi multinazionali.

Il governo-Conte si aggroviglia da mesi in giochi di palazzo e dispute su come spartire la torta dei 209 miliardi previsti dal Recovery plan per garantire alle imprese mezzi di produzione più innovativi, ecologici e competitivi, finanziati attraverso un indebitamento che sarà messo in conto alla classe lavoratrice.

Mentre i padroni fanno incetta di sgravi, incentivi, decontribuzioni, ristori di ogni tipo e soprattutto milioni di ore di CIG-Covid (in molti casi generosamente regalata dall’Inps anche in assenza di effettive e comprovati cali di attività), in questi giorni assistiamo ad un balletto tra le forze che sostengono il governo in una crisi di direzione politica e una conseguente accelerazione di una crisi di direzione statale ed istituzionale.

Tutto ciò in una fase di aggravamento delle conseguenze prodotte dalla pandemia.

Intanto gli operai e le classi subalterne oltre che morire ed essere colpiti in massa dal virus vedono i loro salari in caduta libera: al danno del mancato rinnovo dei CCNL scaduti da più di un anno (su tutti il settore metalmeccanico e quello del trasporto merci e logistica) si aggiunge la beffa dell’intensificazione dei carichi e dei ritmi di lavoro, la oramai cronica moltiplicazione dei contratti precari e a termine e, dulcis in fundo, il congelamento delle indennità di vacanza contrattuale…

In questi mesi il governo e i vertici dei sindacati confederali si sono vantati di aver difeso l’occupazione grazie alla moratoria sui licenziamenti, quando nella realtà abbiamo assistito a una mattanza di posti di lavoro, tra centinaia di migliaia di contratti a termine non rinnovati, miriadi di lavoratori irregolari e intermittenti finiti per strada e non poche aziende che, con buona pace delle misure governative, hanno chiuso o delocalizzato le loro attività (valgano per tutti gli esempi della Whirlpool e della Meridbulloni).

A quest’opera di macelleria sociale l’unica risposta dello Stato è la repressione di ogni lotta che fuoriesca dagli angusti confini delle finte processioni dei confederali.

Negli scorsi mesi un’ampio settore del sindacalismo di classe e delle avanguardie conflittuali che hanno saputo resistitere e lottare in difesa degli interessi dei lavoratori anche nel pieno del lockdown, ha deciso di dar vita a un percorso unitario, l’assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi, accomunata da un unico obbiettivo: ridare voce, peso e visibilità nazionale alle lotte dei lavoratori, coordinarle e rafforzarle a partire da una piattaforma rivendicativa comune, indipendentemente da ogni appartenenza di categoria o di sigla sindacale.

L’oramai imminente sblocco della moratoria sui licenziamenti annuncia una catastrofe di dimensioni epocali per i lavoratori e per tutti i proletari: attendere passivamente che questa valanga ci piova addosso senza neanche predisporre una ipotesi e un programma di controffensiva, equivale ad accettare una resa senza condizioni ai diktat dei padroni e ai loro piani di macelleria sociale.

E’ per questo che lo scorso 29 novembre un’ampia e partecipata assemblea telematica ha lanciato a larga maggioranza la proposta di uno sciopero generale per il prossimo 29 gennaio e di una mobilitazione nazionale per il 30 gennaio: questa proposta ha già registrato in queste ore l’interesse di varie realtà di lotta territoriali e l’adesione di un pezzo importante del movimento studentesco, ponendo le basi di una mobilitazione realmente generalizzata.

All’attacco a salari e diritti dobbiamo contrapporre una piattaforma generale di lotta capace unificare e compattare il fronte dei lavoratori e degli sfruttati e di lanciare un segnale chiaro al governo-Conte, ai padroni e ai vertici sindacali collaborazionisti:

 per la tutela piena della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro: protocolli realmente vincolanti, con tamponi per tutti e diritto ad astenersi con la garanzia del salario pieno nel caso di espansione del virus nei luoghi di lavoro o di violazione aziendale delle norme-anti Covid;

 riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario;

 patrimoniale del 10% sul 10% per far pagare la crisi alla classe padronale;

 salario medio garantito ai disoccupati, eliminando contratti precari e paghe da fame;

 regolarizzazione di massa degli immigrati, slegata dal ricatto del lavoro e abolizione di tutta la legislazione speciale sull’immigrazione;

 contro la precarizzazione e le discriminazioni salariali e contrattuali nei confronti delle donne: per il potenziamento del welfare, contro la logica della conciliazione tra lavoro domestico ed extra-domestico.

In vista dello sciopero del 29 e della manifestazione del 30 gennaio, per costruire insieme queste iniziative, per proseguire il confronto con tutti i lavoratori e le organizzazioni del sindacalismo di base e conflittuale, per rafforzare un percorso comune di lotta per i mesi a venire, è convocata per sabato 16 gennaio alle ore 10,30 su Zoom la terza assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi.

Per info e per le credenziali d’accesso all’assemblea scrivere a: assemblea279@gmail.com

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