Dietro
front dell’esercito Usa: in seguito all’attacco iraniano dell’8 gennaio
scorso alla base di Ain al-Asad (nell’ovest dell’Iraq), risposta di
Teheran all’assassinio di 5 giorni prima del Generale iraniano Qasem
Soleimani, 11 militari statunitensi sono stati curati per sintomi di
commozione.
Ad ammetterlo è stato oggi il capitano Bill Urban, portavoce del Comando centrale Usa. Urban ha anche spiegato che, come misura di precauzione, alcuni soldati sono stati portati in strutture americane in Germania o in Kuwait per ulteriori controlli. “Quando saranno giudicati pronti per prendere servizio, faranno ritorno in Iraq” ha poi aggiunto. Poche ore dopo il raid e anche il giorno seguente, il presidente Usa Donald Trump disse che “nessun americano” era rimasto ferito nell’attacco iraniano. Una versione che non contrasta con quella che Urban che ha presentato oggi: gli statunitensi, ha infatti tenuto a precisare, sono stati trasportati dalla base di al-Asad “nei giorni successivi all’attacco”. Quindi, teoricamente, non quando Trump ha parlato.
Se l’attacco iraniano però non ha causato vittime ed è stato più simbolico che altro (al punto che gli iracheni furono avvisati in anticipo e quest’ultimi, pare, a loro volta lo comunicarono agli americani) e i controlli per commozione sono prassi comune come affermano le autorità statunitensi, resta da chiedersi perché l’esercito Usa ha cercato per giorni di non far uscire questa notizia. Ammetterlo sarebbe stato letto come un segno di debolezza nei confronti della “nemica” Teheran e della comunità internazionale? O semplicemente perché casi del genere vengono derubricati come semplice normalità?
Ad ammetterlo è stato oggi il capitano Bill Urban, portavoce del Comando centrale Usa. Urban ha anche spiegato che, come misura di precauzione, alcuni soldati sono stati portati in strutture americane in Germania o in Kuwait per ulteriori controlli. “Quando saranno giudicati pronti per prendere servizio, faranno ritorno in Iraq” ha poi aggiunto. Poche ore dopo il raid e anche il giorno seguente, il presidente Usa Donald Trump disse che “nessun americano” era rimasto ferito nell’attacco iraniano. Una versione che non contrasta con quella che Urban che ha presentato oggi: gli statunitensi, ha infatti tenuto a precisare, sono stati trasportati dalla base di al-Asad “nei giorni successivi all’attacco”. Quindi, teoricamente, non quando Trump ha parlato.
Se l’attacco iraniano però non ha causato vittime ed è stato più simbolico che altro (al punto che gli iracheni furono avvisati in anticipo e quest’ultimi, pare, a loro volta lo comunicarono agli americani) e i controlli per commozione sono prassi comune come affermano le autorità statunitensi, resta da chiedersi perché l’esercito Usa ha cercato per giorni di non far uscire questa notizia. Ammetterlo sarebbe stato letto come un segno di debolezza nei confronti della “nemica” Teheran e della comunità internazionale? O semplicemente perché casi del genere vengono derubricati come semplice normalità?
Nessun commento:
Posta un commento