Il tutto in risposta ad uno sciopero, proclamato dalla
Confederazione Generale Italiana dei Lavoratori, in risposta all’infame
comportamento del padrone Adolfo Orsi che, nei mesi precedenti, aveva
licenziato tutti i 560 dipendenti per poi riassumere soltanto quelli non
sindacalizzati, con una forte riduzione del salario.
La cronaca degli avvenimenti la riprendiamo dal giornale
proletari comunisti che ospita - in data nove gennaio - una
corrispondenza, apparsa su Operai Contro, di un lettore che spiega come
quest’anno non avrebbe partecipato alla commemorazione dell’eccidio
sopra citato, preferendo ricordare il massacro con uno scritto.
«Dopo una serrata di un mese la CGIL proclama uno sciopero generale
di tutte le categorie in tutta
la provincia per il 9 gennaio 1950, nonostante gli ostacoli posti dalla Prefettura e della Questura di Modena che negarono l’uso di qualsiasi piazza per poter tenere la manifestazione sindacale. Il giorno prima dello sciopero arrivarono a Modena circa 1.500 poliziotti per presidiare le fonderie riunite, con autoblindo T 17 STAGHOUND E ARMAMENTO PESANTE, APPOSTANDOSI CON LE ARMI ANCHE SUI TETTI DELLA FABBRICA. Verso le dieci del mattino una decina di operai giunse ai cancelli della fabbrica che era circondata dai carabinieri armati. All’improvviso un carabiniere sparò un colpo di pistola in pieno petto ad Angelo Appiani che morì sul colpo, subito dopo dal tetto della fabbrica i carabinieri aprirono il fuoco con le mitragliatrici contro un gruppo di operai, uccidendo Arturo Chiappelli e Arturo Malagoli e ferendo molte persone alcune in maniera molto grave. L’operaio Roberto Rovatti, che portava al collo una sciarpa rossa, venne circondato dai carabinieri, buttato in un fosso venne massacrato a morte con i calci dei fucili, un blindato T17 iniziò a sparare sulla folla, e uccise Ennio Garagnani. I sindacalisti della CGIL iniziarono ad avvisare, con gli altoparlanti i manifestanti di spostarsi verso piazza Roma. Nonostante ciò un carabiniere uccise con un fucile Renzo Bersani, che si trovava oltre 100 metri dalla fabbrica. Il bilancio della giornata fu di SEI MORTI, 200 FERITI E 34 ARRESTI CON L’ACCUSA DI RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE, ADUNATA SEDIZIONE E ATTENTATO ALLE LIBERE ISTITUZIONI. L’UNDICI GENNAIO SI SVOLSERO I FUNERALI DELLE SEI VITTIME ALLA PRESENZA DI OLTRE 300.000 PERSONE».
la provincia per il 9 gennaio 1950, nonostante gli ostacoli posti dalla Prefettura e della Questura di Modena che negarono l’uso di qualsiasi piazza per poter tenere la manifestazione sindacale. Il giorno prima dello sciopero arrivarono a Modena circa 1.500 poliziotti per presidiare le fonderie riunite, con autoblindo T 17 STAGHOUND E ARMAMENTO PESANTE, APPOSTANDOSI CON LE ARMI ANCHE SUI TETTI DELLA FABBRICA. Verso le dieci del mattino una decina di operai giunse ai cancelli della fabbrica che era circondata dai carabinieri armati. All’improvviso un carabiniere sparò un colpo di pistola in pieno petto ad Angelo Appiani che morì sul colpo, subito dopo dal tetto della fabbrica i carabinieri aprirono il fuoco con le mitragliatrici contro un gruppo di operai, uccidendo Arturo Chiappelli e Arturo Malagoli e ferendo molte persone alcune in maniera molto grave. L’operaio Roberto Rovatti, che portava al collo una sciarpa rossa, venne circondato dai carabinieri, buttato in un fosso venne massacrato a morte con i calci dei fucili, un blindato T17 iniziò a sparare sulla folla, e uccise Ennio Garagnani. I sindacalisti della CGIL iniziarono ad avvisare, con gli altoparlanti i manifestanti di spostarsi verso piazza Roma. Nonostante ciò un carabiniere uccise con un fucile Renzo Bersani, che si trovava oltre 100 metri dalla fabbrica. Il bilancio della giornata fu di SEI MORTI, 200 FERITI E 34 ARRESTI CON L’ACCUSA DI RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE, ADUNATA SEDIZIONE E ATTENTATO ALLE LIBERE ISTITUZIONI. L’UNDICI GENNAIO SI SVOLSERO I FUNERALI DELLE SEI VITTIME ALLA PRESENZA DI OLTRE 300.000 PERSONE».
In occasione del settantesimo anniversario di questa mattanza, la
locale federazione genovese di Rifondazione organizza due iniziative:
una a Cogoleto - a partire dalle ore 18:00, presso la Casa del Popolo di
via Luigi Parenti 24 - l'altra nel capoluogo.
L'appuntamento per quest'ultima è per le ore 17:30, presso il
circolo intitolato al partigiano Severino "Dente" Bianchini, dove si
ritrovano, oltre ai rifondaroli, militanti del Partito Comunista
Italiano, di Potere al Popolo, e di Sinistra Anticapitalista.
Di qui i partecipanti - alcune decine di unità, tra cui spicca la
presenza del partigiano "Giotto", al secolo Giordano Bruschi, che tiene
il discorso di commemorazione - raggiungono la vicina targa posta in via
Giacomo Moresco, a pochi metri dalla sede sopra citata, a lato della
stazione dei carabineri.
Giunti alla meta, il compagno relatore tiene un discorso durante il
quale ricorda gli avvenimenti legati al periodo in questione - durante i
quali era delegato nel consiglio di gestione dell'azienda Sam Giorgio -
per poi ammonire i presenti, attraverso il racconto di episodi del
ventennio, a non dimenticare cosa sia stato il fascismo.
Bosio (Al), 11 gennaio 2020
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
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