lunedì 13 gennaio 2020

pc 13 gennaio - Un libro analisi/inchiesta per il rilancio forte della lotta operaia per il salario in ogni fabbrica e posto di lavoro

una recensione

“Basta salari da fame!”
E’ questo il bel titolo del libro scritto da due giovani ricercatori di scienze sociali, Marta e Simone Fana, e pubblicato dalla casa editrice Laterza. Marta Fana è membro della redazione di “Jacobin Italia” e, due anni fa, scrisse un altro interessante libro dal titolo “Non è lavoro, è sfruttamento”. Suo fratello Simone, scrive articoli per “Left” e “Internazionale” e si muove nello stesso campo di ricerca della sorella.

Un titolo, quello del libro, che racchiude un chiaro messaggio politico: per affrontare seriamente il problema delle diseguaglianze sociali nel nostro Paese, è necessario partire dalla questione salariale. E’ quello, il cuore del problema. “Oggi in Italia si guadagna meno di trent’anni fa, a parità di professione, a parità di livello di istruzione, a parità di carriera. Vale per tutti, tranne per quella minoranza che sta in alto”, scrivono gli autori. Oggi, proprio come un secolo fa, il divario tra i salari
dei lavoratori e i profitti aziendali rappresenta la vera e propria cartina di tornasole dei rapporti di forza tra le classi e i gruppi sociali. Rapporti di forza che, in questi ultimi trent’anni dominati dal modello neoliberista, si sono nettamente spostati a vantaggio della classe imprenditoriale, del “capitale”, per usare un linguaggio novecentesco ormai abbandonato (rifiutato…) anche da quelli che si considerano come eredi della tradizione del movimento operaio del secolo scorso.

E’ proprio lo squilibrio tra Capitale e Lavoro ad essere al centro del libro. Che si presta a due letture differenti: un testo di “denuncia”, che intende smascherare la condizione di palese sfruttamento a cui viene sottoposto, oggi, il lavoro dipendente; ma anche un manuale di analisi storica, per riflettere sul passato. Ed è quest’ultimo, a mio avviso, il più grande merito dell’opera. I due autori infatti non si limitano a porre in evidenza gli aspetti più odiosi di un modello capitalista sempre più ingiusto e colmo di contraddizioni, come avrebbe detto Marx. Ma svolgono anche una attenta e dettagliata analisi storiografica. Dimostrando, peraltro, di avere delle ottime doti di storici dell’economia. Nella prima parte dell’opera, in maniera assai precisa e puntuale, viene narrata la parabola dei diritti del lavoro in Italia, dal secondo dopoguerra ad oggi.  “Il nostro punto di partenza è il dopoguerra, quando la frantumazione del lavoro e le condizioni di sfruttamento intensivo, dentro e fuori i settori privilegiati della nuova industrializzazione, erano la norma”, scrivono ancora i due autori. Che riconoscono la grande importanza delle lotte operaie e contadine, tra gli anni Cinquanta e Sessanta.  “Per due decenni uomini e donne, dalle campagne alle città, tornarono a unirsi in organizzazioni politiche e sindacali, a fare inchieste, a denunciare, a lottare per un salario minimo dignitoso”.

Poi, agli inizi degli anni Settanta, si verifica il punto di rottura. Il momento di svolta è costiutito dallo shock petrolifero del ’73 e dalla cosiddetta stagflazione. Due elementi che danno inizio alla controffensiva capitalistica. Automazione, delocalizzazione e finanziarizzazione diventano le parole d’ordine di un capitalismo globale sempre più aggressivo. Che sembra avere un unico scopo: piegare il mondo del lavoro agli interessi del capitale. Fare profitti sempre più alti, a discapito dei diritti e dei salari dei lavoratori. “La crisi internazionale di metà anni Settanta fu colta come momento propizio per sferrare un duro colpo a quella maggioranza che pareva indomita, accerchiandola con una retorica che attribuiva agli aumenti salariali la causa della galoppante inflazione e la perdita di competitività e, di fatto, decretando la sconfitta di quel movimento. Su queste basi ideologiche furono portate avanti le politiche di austerità sia monetaria che fiscale, permettendo alle imprese di procedere alle proprie ristrutturazioni fatte di esternalizzazione e frantumazione dei processi produttivi”.

Marta e Simone Fana ci spiegano che il modello neoliberista che abbiamo sotto gli occhi, non è altro che la risposta del capitale alle lotte operaie degli anni Sessanta e Settanta. Un libro  da leggere, quindi , perchè ci parla di noi. Della nostra storia. Di quell’assalto al cielo, tentato dal movimento operaio e poi fallito. E delle conseguenze di quel fallimento.     

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