Alcuni
insegnanti del Liceo Artistico Caravaggio di Milano ci hanno scritto
una lettera sul dibattito odierno sul tema dell'immigrazione fatto di
«dichiarazioni che ci fanno impallidire come educatori quando
cerchiamo di trasmettere valori nel rispetto dei diritti umani
fondamentali, ricordando ai nostri ragazzi le atrocità del recente
passato europeo perché si possa evitare la stessa disumanizzazione
della società attuale»
Siamo
insegnanti di un liceo milanese che intende far sentire la propria
voce a proposito dei migranti su cui si è scatenata una campagna
denigratoria senza precedenti.
Oggi
questa gente disperata, che si imbarca su gommoni di fortuna, viene
indicata da molti come il “male” da cui l’Italia e l’Europa
devono guardarsi per non contaminare le nostre comunità.
Dichiarazioni
che ci fanno impallidire come educatori
quando cerchiamo di trasmettere valori nel
rispetto dei diritti umani fondamentali, ricordando ai nostri ragazzi le atrocità del recente passato europeo perché si possa evitare la stessa disumanizzazione della società attuale.
rispetto dei diritti umani fondamentali, ricordando ai nostri ragazzi le atrocità del recente passato europeo perché si possa evitare la stessa disumanizzazione della società attuale.
Questa
“gente” noi l’abbiamo incontrata e soccorsa, in collaborazione
con la Comunità di S. Egidio al Memoriale della Shoah, alla Stazione
centrale di Milano,
con una gara di solidarietà umana che ha coinvolto docenti e
studenti: ciascuno di noi portava un po’ di frutta, brioche, un
piccolo dono per i bambini. Abbiamo ascoltato le storie delle loro
personali tragedie che abbiamo trascritto e fatto circolare tra noi,
insegnanti e studenti.
Dobbiamo
dunque considerarci parte della “filiera criminale” così come
sta succedendo per le ONG? Ebbene
sì, in un mondo a rovescio come quello attuale, possiamo
considerarci dei “trafficanti” che aiutano la gente a trovare
rifugio da guerre, persecuzioni, povertà carica di disperazione.
Ebbene
sì, osiamo
spiegare ai ragazzi le ragioni per cui questa umanità dolente fugge
da tutto questo
affrontando il deserto e trascorrendo mesi nei lager libici dove
subisce violenze di ogni genere pur di affermare l’insopprimibile
diritto alla vita con un imbarco per una “bella crociera” nel
Mediterraneo dove si aggirano squali di varia natura, non solo
letteralmente.
Ebbene
sì, abbiamo
anche la pretesa di sentirci indignati per le parole di molti
politici e
di molti uomini e donne che intravedono in questi migranti una
minaccia per la propria “purezza etnica” e/o per la propria
sicurezza.
Ecco
perché ci
sentiamo di intervenire ricordando Primo Levi:
«Voi
che vivete sicuri/ nelle vostre tiepide case, /voi che trovate
tornando a sera/il cibo caldo e i visi amici:/ Considerate se questo
è un uomo/che lavora nel fango/che non conosce pace/che lotta per
mezzo pane/che muore per un sì o per un no».
Un
gruppo di docenti del Liceo
Artistico Caravaggio di Milano
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