Presentato a Parigi un ricorso contro l’impresa
Exxelia Technologies, produttrice di quel componente, per “complicità in
crimini di guerra” e “concorso in
omicidio involontario”. Nell'attacco morirono tre ragazzini
Era il 17 luglio 2014. Nella casa della famiglia Shuheibar,
in un quartiere densamente popolato di Gaza, si stava preparando la
festa prevista alla sera, quella della rottura del digiuno del ramadan. In
quella residenza abitavano i fratelli Tareq e Wissam, con le loro
consorti e i figli. I più piccoli si
trovavano sul tetto, a dare da mangiare ai colombi. Ma proprio in quel terribile momento un missile inviato dall’esercito israeliano si abbatté sopra la casa. Tre bambini morirono, altri due furono gravemente feriti. Gli Shuheibar non hanno mai dimenticato. Quel giorno raccolsero i resti del missile. E in uno di quei pezzi metallici lessero tre parole: “Eurofarad-Paris-France”. Si trattava del sensore, fabbricato da un’impresa francese. Assistita da una Ong francese (l’Acat, Action des chrétiens pour l’abolition de la torture), la famiglia palestinese ha presentato mercoledì a Parigi un ricorso in giustizia contro l’impresa produttrice di quel componente per “complicità in crimini di guerra” e “concorso in omicidio involontario”. È un procedimento altamente simbolico.
trovavano sul tetto, a dare da mangiare ai colombi. Ma proprio in quel terribile momento un missile inviato dall’esercito israeliano si abbatté sopra la casa. Tre bambini morirono, altri due furono gravemente feriti. Gli Shuheibar non hanno mai dimenticato. Quel giorno raccolsero i resti del missile. E in uno di quei pezzi metallici lessero tre parole: “Eurofarad-Paris-France”. Si trattava del sensore, fabbricato da un’impresa francese. Assistita da una Ong francese (l’Acat, Action des chrétiens pour l’abolition de la torture), la famiglia palestinese ha presentato mercoledì a Parigi un ricorso in giustizia contro l’impresa produttrice di quel componente per “complicità in crimini di guerra” e “concorso in omicidio involontario”. È un procedimento altamente simbolico.
L’estate 2014 fu quella dell’Operazione margine di
protezione, innescata dagli israeliani: in appena 50 giorni, nella loro
caccia ai guerriglieri di Hamas e di altri gruppi terroristici, uccisero
più di 2mila persone. E anche tanti, tantissimi civili, in certi casi bambini,
come nella famiglia Shuheibar. Riguardo proprio a quel caso specifico, secondo
diversi testimoni interrogati dalla commissione d’inchiesta del consiglio dei
diritti dell’uomo dell’Onu, nessun guerrigliero si trovava
nell’abitazione, né nelle prossimità. E nessun segnale era stato lanciato a
quei civili per avvertirli in precedenza del bombardamento. Eurofarad
(diventata nel frattempo Exxelia Technologies) è una piccola società
francese, produttrice di componenti elettronici, non necessariamente utilizzati
dall’industria delle armi, ma che in quel settore può contare diversi dei suoi
clienti. Fa parte del gruppo Exxelia, che, colto di sorpresa dall’iniziativa
legale, non ha ancora reagito ufficialmente. Il ricorso vuole determinare se
l’azienda francese abbia venduto il suo componente direttamente al fabbricante
israeliano, se era consapevole dell’utilizzo che ne sarebbe stato fatto e a quale
data è stata effettuata la transizione. “Già dal 2009 – si legge nella
documentazione del ricorso – erano noti a tutti i sospetti che gravavano
sull’esercito israeliano sulla possibilità di commettere crimini di guerra”. “Credo
che bisognerebbe aver vissuto da una decina d’anni isolati in una grotta, per
non sapere quello che è successo nella striscia di Gaza e ciò che vi hanno
fatto gli israeliani – sottolinea Ingrid Metton, avvocato difensore
della famiglia Shuheibar a Parigi -. Ecco, vorremmo che i dirigenti di Exxelia
Technologies si esprimessero dinanzi ai giudici per dire se non hanno avuto
problemi e se non si sono fatti qualche domanda al momento di vendere dei
sensori a un fabbricante d’armi in Israele”.
Nessun commento:
Posta un commento