A Seriate, Bergamo, il 18 giugno, la
presentazione del libro Ilva è stata come una “irruzione” in una
realtà viva e di lotta, partecipata di compagni, operai, lavoratori,
precari, donne, giovani, costantemente in trincea nella lotta sociale
e politica sul territorio. Per cui l'intera assemblea, oltre che
molto partecipata, è stato terreno di vivace discussione, confronto
e in alcuni casi anche di scontro costruttivo, che ha permesso che la
questione Ilva e la questione Taranto uscisse dalle pagine di un
libro e, appunto, invadesse la realtà del centro e si intersecasse
con la vita e l'azione del centro stesso.
Nella introduzione è
stato subito posto sul piatto il tema del libro: il ruolo degli
operai dell'Ilva dall'inizio alla fine di questa vicenda, contro chi
li voleva trasformati e ridotti a complici del padrone assassino o
fantasmi di uno scenario tutto giocato sull'assurda “alternativa”:
se è meglio morire da inquinamento o da fame.
Non è vero che gli operai
non hanno lottato. Hanno lottato anche duramente, ma hanno perso a
fronte dell'alleanza padroni, governo e sindacati. In questa fabbrica
come in tutto il paese.
E' vero che gli operai ci
tengono al lavoro e al salario - in una città del Sud sullo
stipendio di un operaio vivono tante persone - e, quindi, è naturale
che si faccia il massimo di resistenza per non ricadere in una
prospettiva di disoccupazione e di mancanza di futuro.
Ma questo non vuole
assolutamente dire che gli operai non vogliono una fabbrica che non
uccida sul lavoro, come per centinaia di volte è avvenuto, prima,
durante e dopo Riva, sia nella fabbrica di Stato, che nella fabbrica
privata, che nella fabbrica attuale commissariata dal governo dei
padroni.
E' vero che la lotta è
stata resa difficile, non ultimo dalla catena di assunzioni pilotate,
prese dai bacini dei paesi, delle parrocchie e del sindacalismo
compiacente. Ma questa classe operaia ha
prodotto piattaforme e le
avanguardie hanno affrontato una dura repressione con metodi che sono
andati oltre quello che normalmente succede nelle fabbriche, dalla
Palazzina laf, ai licenziamenti degli operai e delegati Fiom che
avevano bloccato un convertitore, alla persecuzione scientifica dei
delegati che non ci stavano né all'insicurezza permanente né alla
complicità sindacale. La verità è che quando gli operai hanno lottato sono stati soli, gli ambientalisti, che poi hanno occupato gli scenari di questi ultimi anni, non c'erano mai quando gli operai morivano in fabbrica, quando gridavano nei cortei “Riva assassino”, quando venivano fatti segno di pressione, intimidazione e repressione.
La storia concreta, viva della fabbrica, la storia di operai come Massimo Battista, ha colpito gli operai presenti al CS di
Seriate, spesso attivisti Fiom che ne conoscevano una parte; così
come le pagine del libro che descrivono il fuoco della lotta di quei
due anni. Questo ha chiamato i compagni e le compagne presenti ad
intervenire, a chiedere particolari, e anche a schierarsi quando
qualcuno dei presenti ha cercato di deviare il dibattito su futuri di
“nazionalizzazioni”, su “colpe dell'Europa”, invece che
analizzare e comprendere la dinamica di una concreta ed epocale lotta
di classe nella fabbrica più grande del nostro paese e in una città
cuore, non solo della contraddizione Ilva, ma di Eni, Arsenale, Base
navale, della Marina Militare, ecc.
Di estremo interesse poi è
stato per i compagni del Centro ascoltare la presentazione di quelle
parti del libro che narrano, con dati di fatto, l'evoluzione negativa
del movimento dei 'Liberi e pensanti' e l'avvitamento su sé stesso
dell'intero movimento esploso nei due anni raccontati dal libro.
Forte è stato poi il
sostegno alla denuncia del libro circa l'emergenza del 2012 che,
benchè avesse portato al sequestro di ampie parti della fabbrica e
alle ordinanze “allarmate” del sindaco della città che vietava
ai bambini dei Tamburi di giocare per strada, non ha trovato alcuna
risposta, e a distanza di 4 anni, le bonifiche sono a zero, i bambini
continuano a morire e lo sciagurato 10° decreto del governo rinvia
al 2019, ai nuovi padroni, indiani o italiani che siano, l'attività
per il disastro immane prodotto dalla produzione per i profitti del
capitale.
Così come chiarissimo è
stato ai compagni il sistema che ha permesso a padron Riva di agire e
produrre ricchezze finite nei 'paradisi fiscali' e ben rappresentati
dalla catena di imputati al maxi processo di Taranto.
All'assemblea è seguita
la proiezione di tre video brevi ma illuminanti su ciò che avviene
tuttora in fabbrica, come lo sversamento nelle fogne e nel mare delle
sostanze pericolose; sulla drammatica ed esemplare vicenda del
cimitero, luogo più inquinato della città, dove le tombe devono
essere scoperchiate e i terreni rivoltati, e ai morti di questa
città, spesso operai, è negata anche una degna sepoltura; e,
infine, sulle donne dei Tamburi che senza mai perdere sia il sorriso
che la rabbia denunciano come siano state “inguaiate” e come non
accettino un futuro per loro e i loro figli di malattia e morte.
E' stata davvero una delle
assemblee di presentazione del libro “Ilva la tempesta perfetta”
che si stanno svolgendo in giro per l'Italia, in cui si è più
sentito il sostegno e il calore di una realtà, apparentemente molto
lontana da Taranto, ma in realtà vicina e caratterizzata dalla
solidarietà proletaria e di classe e dalla comune lotta –
solidarietà, espressasi anche con un contributo finanziario
rilevante per le spese di viaggio dei compagni di Taranto.
I compagni hanno chiesto
che ulteriori assemblee e discussione, non solo sull'Ilva ma anche
sulle lotte degli operai della logistica e su altre questioni
politiche, ci siano in futuro, perchè di questo ha bisogno chi vuole
lottare davvero contro padroni, governo, Stato, Europa capitalista,
ecc.
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