Soros si è però convinto che è in particolare in Europa e nell’area euro che si concentreranno i problemi più acuti. «Le tensioni fra gli Stati membri hanno raggiunto il punto di rottura – scrive – non solo sui rifugiati, ma anche come risultato delle tensioni eccezionali fra Paesi debitori e creditori all’interna della zona euro».
sulla situazione dell’Italia, oggi considerata da molti sui mercati il più importante anello debole su cui rischia di scaricarsi l’impatto del referendum inglese. «In Italia la caduta del 10% del mercato azionario in seguito al voto sulla Brexit segnala chiaramente la vulnerabilità del Paese a una crisi bancaria conclamata, che potrebbe portare al potere il movimento populista 5 Stelle già l’anno prossimo».
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La previsione di Soros: inevitabile una disintegrazione dell’Ue
Le conseguenze della Brexit sull’economia reale saranno paragonabili a quelle della crisi finanziaria del biennio 2007 - 2008.
Da qualche mese George Soros, a 85 anni, era tornato a gestire attivamente larghe parti del suo fondo speculativo da circa 30 miliardi di dollari, convinto com’era che sui mercati finanziari si sarebbe scatenata una nuova fase d’instabilità. Ha dimostrato di non aver perso la capacità di analisi con la quale aveva previsto la crisi della lira e della sterlina nel 1992: le posizioni che ha preso nelle scorse settimane sull’oro, il bene-rifugio per eccellenza, hanno generato forti guadagni giovedì notte e venerdì.
Ieri
però Soros si è dedicato a un’altra attività, quella di
commentatore. Su Project Syndicate, il portale che raccoglie gli
interventi di quasi tutti i principali commentatori economici del
mondo, il finanziare ha descritto il quadro europeo, così come lo
vede dopo lo choc di Londra. «Lo scenario catastrofico che molti
temevano si è materializzato – scrive Soros su Project Syndicate –
rendendo la disintegrazione dell’Unione europea praticamente
irreversibile». La prima vittima del referendum sulla Brexit sarà
la Gran Bretagna stessa, a suo parere, ma gli effetti economici e
politici sono destinati ad allargarsi a macchia d’olio sul resto
del continente: «I mercati finanziari in tutto il mondo resteranno
probabilmente in agitazione fino a quando il complicato processo di
divorzio politico ed economico dalla Ue non sarà negoziato. Le
conseguenze per l’economia reale saranno comparabili solo alla
crisi finanziaria del 2007-2008».
Soros
si è però convinto che è in particolare in Europa e nell’area
euro che si concentreranno i problemi più acuti. «Le tensioni fra
gli Stati membri hanno raggiunto il punto di rottura – scrive –
non solo sui rifugiati, ma anche come risultato delle tensioni
eccezionali fra Paesi debitori e creditori all’interna della zona
euro». È qui che il finanziere americano si concentra in
particolare sulla situazione dell’Italia, oggi considerata da molti
sui mercati il più importante anello debole su cui rischia di
scaricarsi l’impatto del referendum inglese. «In Italia la caduta
del 10% del mercato azionario in seguito al voto sulla Brexit segnala
chiaramente la vulnerabilità del Paese a una crisi bancaria
conclamata, che potrebbe portare al potere il movimento populista 5
Stelle già l’anno prossimo».
La
risposta più efficace sarebbe un rilancio immediato dei principali
governi: un rapido accordo fra Francia, Italia e Germania per creare
un meccanismo finanziario di assicurazione europea all’interno
dell’Unione bancaria, e almeno l’inizio di un bilancio comune
dell’area per sostenere le economie colpite da uno choc o una
recessione. Ma Soros è scettico: la situazione attuale, scrive, «non
promette bene per un serio programma di riforme dell’area euro, che
dovrebbe includere una reale unione bancaria, una limitata unione di
bilancio e meccanismi molto più forti di delega e responsabilità
democratiche. E il tempo non è dalla parte dell’Europa».
Inizierà
a diventare più chiaro nei prossimi giorni se la lettura di Soros,
ancora una volta, sarà stata corretta. Oggi la Spagna torna al voto
dopo sette mesi di paralisi politica e nei giorni seguenti i leader
europei dovranno dire se sono pronti a ridare credibilità
all’architettura europea, e come. Affiancare alla vigilanza
bancaria europea dei meccanismi di sostegno europei davvero
accessibili è forse il passaggio più urgente (ma per ora bloccato
dalla Germania). La sola alternativa per mettersi al sicuro da una
crisi bancaria in Europa sarebbe rendere meno punitivi per gli
investitori i salvataggi pubblici. In queste ore è intervenuto in
proposito Olivier Blanchard, fino a pochi mesi fa capo economista del
Fondo monetario internazionale e ora al Peterson Institute di
Washington. «Le sofferenze bancarie sono salite costantemente e sono
tenute a bilancio a valori sostanzialmente superiori ai prezzi di
mercato – osserva Blanchard nel suo blog – Il governo italiano si
è dimostrato molto riluttante ad applicare le regole del bail-in»,
ossia colpire investitori e risparmiatori in caso di aiuto di Stato.
L’ex capoeconomista del Fmi conclude: «La credibilità delle
regole è in gioco. Vanno applicate, oppure modificate in modo
credibile». Uno dei temi, presumibilmente, sul tavolo dei leader
europei nei prossimi giorni.
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