Trovate di seguito una lettera del Comitato di sostegno dei lavoratori Fincantieri redatta a ridosso dello sciopero dei metalmeccanici del 20 aprile scorso.
Essa parla dell’attuale crisi in corso nella Fiom e dela necessita’ di
costituire un coordinamento di lotta dei lavoratori e per i lavoratori.
Care/i compagne/i,
nei giorni in cui è in atto una vera e propria epurazione politica dentro la Fiom nei confronti dei compagni de “Il sindacato è un’altra cosa”, a cui va tutta la nostra solidarietà, e nell’immediata vigilia dello sciopero dei metalmeccanici del 20
aprile, ci permettiamo di richiamare la vostra attenzione su di un documento che abbiamo redatto alcuni mesi fa insieme ai compagni del SI-Cobas perché pone una serie di questioni ineludibili per la ripresa del movimento di classe, e non ci pare invecchiato.
L’iniziativa che allora prendemmo di provare a costituire un Coordinamento nazionale di lotta tra i lavoratori metalmeccanici che fosse trasversale alle diverse appartenenze sindacali non fu coronata da successo. Ma la prospettiva di un processo di confronto, di cooperazione, di convergenza – su una linea di classe – tra i settori più militanti del sindacalismo ‘di base’, il Si-Cobas anzitutto, e i settori più militanti dell’opposizione in Fiom e in Cgil, ci sembra oggi ancora più necessaria, urgente e possibile di qualche mese fa. E ci auguriamo che prenda corpo quanto prima, al di là della solidarietà che nelle ultime settimane è andata crescendo intorno ai delegati Fiom di Termoli, Melfi e Atessa puniti, insieme a Sergio Bellavita, per avere osato entrare in lotta contro la banda-Marchionne, così come intorno ai 5 compagni di Pomigliano, licenziati politici per mano della stessa banda.
Ci sono tre fattori che ci impongono di riprendere i fili, finora esili e spaiati, di questo processo.
Il primo è la crescente aggressività padronale, che si fa forte del completo, incondizionato sostegno del governo Renzi. E’ sempre più evidente, infatti, che i padroni, a cominciare da quelli metalmeccanici, non intendono spostarsi dalle proprie posizioni oltranziste iniziali. Puntano a portare a casa, come i padroni della chimica, accordi di restituzione – altrimenti, per loro, va più che bene non concludere alcun nuovo contratto, né nazionale né aziendale (vedi la vicenda Fincantieri), dal momento che il blocco sostanziale degli scioperi ha loro garantito un rapporto di forza favorevole nei luoghi di lavoro. Solo la rimessa in campo di un forte e determinato movimento di scioperi potrà spostarli dall’attuale posizione.
Il secondo è, appunto, l’epurazione in corso nella Fiom e nella Cgil. Si verifichi o non si verifichi l’atto finale ultimo di questa vicenda, ovvero l’espulsione da Fiom e Cgil dei delegati e dei compagni de ‘Il sindacato è un’altra cosa’, quanto già avvenuto ha un significato inequivocabile: la cosiddetta “anomalia Fiom” è morta e sepolta, e nessun miracolo potrà riportarla in vita. Di ciò si stanno rendendo conto anche quei compagni che fino a poco tempo fa non avrebbero mai potuto crederlo. Ma i fatti sono fatti, hanno la testa durissima, e parlano un linguaggio inequivocabile. La Fiom di Landini si è schierata dalla parte del ‘riscoperto’ Marchionne-salvatore-della-Fiat, contro quei delegati, lavoratori e compagni che ne hanno sfidato il dispotismo. Per Landini il discorso è chiuso, e figurarsi per Camusso!
Il terzo è la comparsa di alcuni primi segnali di movimento tra i lavoratori e i giovani che vanno raccolti e incoraggiati attraverso nuove iniziative di lotta il più possibile unitarie nella loro stessa concezione e programmazione. Ci riferiamo a primi momenti di ripresa della mobilitazione contro le guerre di aggressione ai popoli del Medio Oriente e agli emigranti medio-orientali e africani (a cominciare dalla manifestazione del Si-Cobas a Bologna di settembre, dalla iniziativa No Trident di Napoli del 24 ottobre fino a quella di domani a Catania contro Frontex), ai coraggiosi scioperi proclamati in Fiat-FCA contro i sabati di straordinario obbligati, alla buona riuscita dello sciopero del 18 marzo proclamato da CUB, SI-Cobas e Usi, alla accesa protesta anti-Renzi a Napoli di qualche giorno fa, e all’incoraggiamento alla ripresa delle lotte che ci arriva anche dalla ampia e dura mobilitazione contro la legge Khomri in Francia.
Di questi piccoli segnali si sono accorti anche i bonzi sindacali, se è vero che Fiom-Fim-Uilm si avviano verso lo sciopero del giorno 20 aprile, uno sciopero che – nelle loro intenzioni – è solo dimostrativo e ‘preventivo’, per far sfiatare la rabbia che si sta accumulando tra i lavoratori, prima che essa raggiunga un livello tale da manifestarsi autonomamente. Una decisione sulla quale, a nostro avviso, si può intervenire attivamente spingendo perché diventi uno sciopero vero e partecipato di 8 ore e su obiettivi di lotta corrispondenti ai bisogni operai repressi negli ultimi venti anni – obiettivi che abbiamo iniziato a segnalare nel testo allegato, che distribuiremo lunedì alla Fincantieri di Marghera.
Ma è evidente che l’insieme di questi avvenimenti richiede da un lato una riflessione di più ampio respiro sulle radici storiche, sociali, ideologiche della compiuta deriva di Fiom e Cgil, e dall’altro di guardare in avanti ai compiti inseparabili di battaglia, sindacale e politica insieme, che ci attendono negli ulteriori svolgimenti di una crisi storica del capitalismo, che appare avviata a un momento di nuova acutizzazione.
Cari saluti,
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri – Marghera, 15 aprile 2016
Care/i compagne/i,
nei giorni in cui è in atto una vera e propria epurazione politica dentro la Fiom nei confronti dei compagni de “Il sindacato è un’altra cosa”, a cui va tutta la nostra solidarietà, e nell’immediata vigilia dello sciopero dei metalmeccanici del 20
aprile, ci permettiamo di richiamare la vostra attenzione su di un documento che abbiamo redatto alcuni mesi fa insieme ai compagni del SI-Cobas perché pone una serie di questioni ineludibili per la ripresa del movimento di classe, e non ci pare invecchiato.
L’iniziativa che allora prendemmo di provare a costituire un Coordinamento nazionale di lotta tra i lavoratori metalmeccanici che fosse trasversale alle diverse appartenenze sindacali non fu coronata da successo. Ma la prospettiva di un processo di confronto, di cooperazione, di convergenza – su una linea di classe – tra i settori più militanti del sindacalismo ‘di base’, il Si-Cobas anzitutto, e i settori più militanti dell’opposizione in Fiom e in Cgil, ci sembra oggi ancora più necessaria, urgente e possibile di qualche mese fa. E ci auguriamo che prenda corpo quanto prima, al di là della solidarietà che nelle ultime settimane è andata crescendo intorno ai delegati Fiom di Termoli, Melfi e Atessa puniti, insieme a Sergio Bellavita, per avere osato entrare in lotta contro la banda-Marchionne, così come intorno ai 5 compagni di Pomigliano, licenziati politici per mano della stessa banda.
Ci sono tre fattori che ci impongono di riprendere i fili, finora esili e spaiati, di questo processo.
Il primo è la crescente aggressività padronale, che si fa forte del completo, incondizionato sostegno del governo Renzi. E’ sempre più evidente, infatti, che i padroni, a cominciare da quelli metalmeccanici, non intendono spostarsi dalle proprie posizioni oltranziste iniziali. Puntano a portare a casa, come i padroni della chimica, accordi di restituzione – altrimenti, per loro, va più che bene non concludere alcun nuovo contratto, né nazionale né aziendale (vedi la vicenda Fincantieri), dal momento che il blocco sostanziale degli scioperi ha loro garantito un rapporto di forza favorevole nei luoghi di lavoro. Solo la rimessa in campo di un forte e determinato movimento di scioperi potrà spostarli dall’attuale posizione.
Il secondo è, appunto, l’epurazione in corso nella Fiom e nella Cgil. Si verifichi o non si verifichi l’atto finale ultimo di questa vicenda, ovvero l’espulsione da Fiom e Cgil dei delegati e dei compagni de ‘Il sindacato è un’altra cosa’, quanto già avvenuto ha un significato inequivocabile: la cosiddetta “anomalia Fiom” è morta e sepolta, e nessun miracolo potrà riportarla in vita. Di ciò si stanno rendendo conto anche quei compagni che fino a poco tempo fa non avrebbero mai potuto crederlo. Ma i fatti sono fatti, hanno la testa durissima, e parlano un linguaggio inequivocabile. La Fiom di Landini si è schierata dalla parte del ‘riscoperto’ Marchionne-salvatore-della-Fiat, contro quei delegati, lavoratori e compagni che ne hanno sfidato il dispotismo. Per Landini il discorso è chiuso, e figurarsi per Camusso!
Il terzo è la comparsa di alcuni primi segnali di movimento tra i lavoratori e i giovani che vanno raccolti e incoraggiati attraverso nuove iniziative di lotta il più possibile unitarie nella loro stessa concezione e programmazione. Ci riferiamo a primi momenti di ripresa della mobilitazione contro le guerre di aggressione ai popoli del Medio Oriente e agli emigranti medio-orientali e africani (a cominciare dalla manifestazione del Si-Cobas a Bologna di settembre, dalla iniziativa No Trident di Napoli del 24 ottobre fino a quella di domani a Catania contro Frontex), ai coraggiosi scioperi proclamati in Fiat-FCA contro i sabati di straordinario obbligati, alla buona riuscita dello sciopero del 18 marzo proclamato da CUB, SI-Cobas e Usi, alla accesa protesta anti-Renzi a Napoli di qualche giorno fa, e all’incoraggiamento alla ripresa delle lotte che ci arriva anche dalla ampia e dura mobilitazione contro la legge Khomri in Francia.
Di questi piccoli segnali si sono accorti anche i bonzi sindacali, se è vero che Fiom-Fim-Uilm si avviano verso lo sciopero del giorno 20 aprile, uno sciopero che – nelle loro intenzioni – è solo dimostrativo e ‘preventivo’, per far sfiatare la rabbia che si sta accumulando tra i lavoratori, prima che essa raggiunga un livello tale da manifestarsi autonomamente. Una decisione sulla quale, a nostro avviso, si può intervenire attivamente spingendo perché diventi uno sciopero vero e partecipato di 8 ore e su obiettivi di lotta corrispondenti ai bisogni operai repressi negli ultimi venti anni – obiettivi che abbiamo iniziato a segnalare nel testo allegato, che distribuiremo lunedì alla Fincantieri di Marghera.
Ma è evidente che l’insieme di questi avvenimenti richiede da un lato una riflessione di più ampio respiro sulle radici storiche, sociali, ideologiche della compiuta deriva di Fiom e Cgil, e dall’altro di guardare in avanti ai compiti inseparabili di battaglia, sindacale e politica insieme, che ci attendono negli ulteriori svolgimenti di una crisi storica del capitalismo, che appare avviata a un momento di nuova acutizzazione.
Cari saluti,
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri – Marghera, 15 aprile 2016
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