giovedì 28 aprile 2016

pc 28 aprile - Genova, padroni e enti di controllo responsabili del disastro ambientale dell'oleodotto

Iplom, l'accusa della Procura: "L'azienda sapeva da tre anni della tubazione a rischio"

Iplom, l'accusa della Procura: "L'azienda sapeva da tre anni che la tubazione era a rischio"
Nelle carte della Procura i rapporti delle verifiche del 2013 con la segnalazione di 20 punti di usura
Alla Iplom, sapevano, già dal novembre 2013, che l'oleodotto Multedo-Busalla era in pessime condizioni. Già 3 anni fa presentava almeno 20 punti critici, a rischio esplosione. Eppure, nel tratto di Fegino, non si è intervenuti.
Le criticità ed i pericoli presentati dall’oleodotto sono contenuti nella documentazione che la scorsa settimana il pm Walter Cotugno ha fatto sequestrare. O meglio: ha acquisito direttamente lui, recandosi nella sede della raffineria, a Busalla. Tant’è che il procuratore Francesco Cozzi prende tempo per un eventuale dissequestro della parte di conduttura interessata dalla frattura. E il suo vice, Vincenzo Calia, coordinatore del pool ambiente, aggiunge: «Abbiamo il dovere di restituire un bene sicuro, sia per l’ambiente e gli abitanti, sia per le lavorazioni e gli interessi dei dipendenti ».
D’altra parte, si parla di una conduttura lunga 22 chilometri e del diametro di 70 centimetri, realizzata
negli anni Sessanta e mai sostituita integralmente. L’ultima revisione risale al 2013. Il “Pig”, il maialino telecomandato che si infila dentro e la percorre a 360 gradi, aveva disegnato un tracciato per nulla rassicurante, segnalando i punti di usura nello spessore delle pareti della tubazione. «Non si capisce perchè da quella data non si sia fatto nulla - ripete il procuratore capo, Francesco Cozzi - sono passati tre anni e tempo per fare gli interventi ce n’è stato. Adesso si tratterà di capire le ragioni ».
Alla Iplom ammettono di esserne stati al corrente. «Nel report sono indicati i difetti conferma Gianfranco Peiretti, responsabile della Sicurezza - sulla base di questi la direzione pianifica gli interventi, mettendo avanti quelli più urgenti, tanto è vero che su quell’oleodotto abbiamo diversi cantieri aperti».
Con il passare delle ore, crolla, comunque, l’ipotesi che a provocare la rottura sia stato uno smottamento. Anche se l’ultima parola spetta al geologo Alfonso Bellini, uno dei due consulenti nominati dalla Procura della Repubblica. Il professore dovrà valutare se le “gabbie” di reti e pietre adesso situate ai piedi della rottura, siano state posizionate lì come sostegno, oppure se siano franate a valle dopo l’apertura della voragine conseguente l’esplosione.
L’altro consulente è Sandro Osvaldella, ingegnere strutturista, esperto in materiali delle condutture. I due sono stati convocati ieri in Procura, insieme a tutti gli altri soggetti incaricati di indagare sulla delicata vicenda. Tant’è che il pm ha nominato una squadra ben nutrita: all’Arpal ha aggiunto i carabinieri del Noe, la Sezione Ambiente dei vigili urbani e la Capitaneria di Porto. A ciascuno ha affidato un incarico particolare: all’agenzia per l’ambiente ed ai vigili urbani quello di investigare sui danni ambientali; ai carabinieri, di acquisire quanta più documentazione possibile, tanto che da oggi prenderanno la “residenza” in raffineria; alla sezione tecnica della Guardia Costiera le competenze in mare. Durante la riunione operativa è stato redatto un cronoprogramma per le indagini . Soltanto dopo avere fatto i dovuti accertamenti si potrà parlare di dissequestro. Sopratutto, dopo la messa in sicurezza dell’oleodotto. E a tal proposito c’è da immaginare che i tempi non siano prossimi.

Aldilà di quanto accaduto alle 19,26 di domenica 17 aprile scorso, cioè dello sversamento di 680mila litri di greggio, che si tratti di una vicenda delicata lo dimostra il fatto che l’altro ieri il procuratore capo abbia voluto rendersi conto di persona, facendo un sopralluogo sul punto di frattura della tubazione, poi lungo i torrenti Fegino, Pianego e Polcevera. E Cozzi ha avuto parole di apprezzamento sui lavori di bonifica realizzati finora. «È stato fatto un grosso lavoro - ha detto le acque sono pressoché pulite, non c’erano chiazze di petrolio lungo i corsi d’acqua e comunque il danno ambientale sarà valutato successivamente».

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