Iplom, l'accusa della Procura: "L'azienda sapeva da tre anni della tubazione a rischio"
Nelle carte della Procura i
rapporti delle verifiche del 2013 con la segnalazione di 20 punti di usura
Alla
Iplom, sapevano, già dal novembre 2013, che l'oleodotto Multedo-Busalla era in
pessime condizioni. Già 3 anni fa presentava almeno 20 punti critici, a rischio
esplosione. Eppure, nel tratto di Fegino, non si è intervenuti.
Le criticità ed i pericoli presentati dall’oleodotto sono contenuti nella documentazione che la scorsa settimana il pm Walter Cotugno ha fatto sequestrare. O meglio: ha acquisito direttamente lui, recandosi nella sede della raffineria, a Busalla. Tant’è che il procuratore Francesco Cozzi prende tempo per un eventuale dissequestro della parte di conduttura interessata dalla frattura. E il suo vice, Vincenzo Calia, coordinatore del pool ambiente, aggiunge: «Abbiamo il dovere di restituire un bene sicuro, sia per l’ambiente e gli abitanti, sia per le lavorazioni e gli interessi dei dipendenti ».
Le criticità ed i pericoli presentati dall’oleodotto sono contenuti nella documentazione che la scorsa settimana il pm Walter Cotugno ha fatto sequestrare. O meglio: ha acquisito direttamente lui, recandosi nella sede della raffineria, a Busalla. Tant’è che il procuratore Francesco Cozzi prende tempo per un eventuale dissequestro della parte di conduttura interessata dalla frattura. E il suo vice, Vincenzo Calia, coordinatore del pool ambiente, aggiunge: «Abbiamo il dovere di restituire un bene sicuro, sia per l’ambiente e gli abitanti, sia per le lavorazioni e gli interessi dei dipendenti ».
D’altra parte, si parla di una conduttura lunga 22
chilometri e del diametro di 70 centimetri, realizzata
negli anni Sessanta e mai sostituita integralmente. L’ultima revisione risale al 2013. Il “Pig”, il maialino telecomandato che si infila dentro e la percorre a 360 gradi, aveva disegnato un tracciato per nulla rassicurante, segnalando i punti di usura nello spessore delle pareti della tubazione. «Non si capisce perchè da quella data non si sia fatto nulla - ripete il procuratore capo, Francesco Cozzi - sono passati tre anni e tempo per fare gli interventi ce n’è stato. Adesso si tratterà di capire le ragioni ».
negli anni Sessanta e mai sostituita integralmente. L’ultima revisione risale al 2013. Il “Pig”, il maialino telecomandato che si infila dentro e la percorre a 360 gradi, aveva disegnato un tracciato per nulla rassicurante, segnalando i punti di usura nello spessore delle pareti della tubazione. «Non si capisce perchè da quella data non si sia fatto nulla - ripete il procuratore capo, Francesco Cozzi - sono passati tre anni e tempo per fare gli interventi ce n’è stato. Adesso si tratterà di capire le ragioni ».
Alla Iplom ammettono di esserne stati al corrente.
«Nel report sono indicati i difetti conferma Gianfranco Peiretti, responsabile
della Sicurezza - sulla base di questi la direzione pianifica gli interventi,
mettendo avanti quelli più urgenti, tanto è vero che su quell’oleodotto abbiamo
diversi cantieri aperti».
Con il passare delle ore, crolla, comunque,
l’ipotesi che a provocare la rottura sia stato uno smottamento. Anche se
l’ultima parola spetta al geologo Alfonso Bellini, uno dei due consulenti
nominati dalla Procura della Repubblica. Il professore dovrà
valutare se le “gabbie” di reti e pietre adesso situate ai piedi della rottura,
siano state posizionate lì come sostegno, oppure se siano franate a valle dopo
l’apertura della voragine conseguente l’esplosione.
L’altro consulente è Sandro Osvaldella, ingegnere
strutturista, esperto in materiali delle condutture. I due sono stati convocati
ieri in Procura, insieme a tutti gli altri soggetti incaricati di indagare sulla
delicata vicenda. Tant’è che il pm ha nominato una squadra ben nutrita:
all’Arpal ha aggiunto i carabinieri del Noe, la Sezione Ambiente dei vigili
urbani e la Capitaneria di Porto. A ciascuno ha affidato un incarico
particolare: all’agenzia per l’ambiente ed ai vigili urbani quello di
investigare sui danni ambientali; ai carabinieri, di acquisire quanta più
documentazione possibile, tanto che da oggi prenderanno la “residenza” in
raffineria; alla sezione tecnica della Guardia Costiera le competenze in mare.
Durante la riunione operativa è stato redatto un cronoprogramma per
le indagini . Soltanto dopo avere fatto i dovuti accertamenti si potrà parlare
di dissequestro. Sopratutto, dopo la messa in sicurezza dell’oleodotto. E a tal
proposito c’è da immaginare che i tempi non siano prossimi.
Aldilà di quanto accaduto alle 19,26 di domenica 17
aprile scorso, cioè dello sversamento di 680mila litri di greggio, che si tratti
di una vicenda delicata lo dimostra il fatto che l’altro ieri il procuratore
capo abbia voluto rendersi conto di persona, facendo un sopralluogo sul punto di
frattura della tubazione, poi lungo i torrenti Fegino, Pianego e Polcevera. E
Cozzi ha avuto parole di apprezzamento sui lavori di bonifica realizzati finora.
«È stato fatto un grosso lavoro - ha detto le acque sono pressoché pulite, non
c’erano chiazze di petrolio lungo i corsi d’acqua e comunque il danno ambientale
sarà valutato successivamente».
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