A
forza di ripetercelo cominciamo ad esserne consapevoli: la gioventù
vuol dire precarietà. Per la scuola, per il lavoro, per l'amore, per
l'alloggio, per la condizione economica, per l’identità, per ogni cosa,
in tutto e per tutto, siamo "precari". Vale a dire, non proprio finiti,
stabilizzati, tranquilli, sicuri. Una specie di fiammifero in una bufera
di neve. E dunque, è per questo che ci compatiscono, ed è in nome di
questa decretata fragilità che parliamo, che prendiamo le nostre difese:
con un po' di fortuna e fatica, dovremmo avere, un giorno il privilegio
di diventare adulti, integrati, lavoratori soddisfatti.
Ed è vero che in un certo modo, siamo fragili, manipolabili, sfruttabili. A scuola, in realtà non ci hanno insegnato a difenderci, ancor meno a combattere da soli. Quello che ci hanno insegnato è preparaci a raccogliere merda tutta la vita col cucchiaino, una vita con le sue piccole rassegnazioni, i suoi chili di sogni infranti, la sua crudele mancanza di destino. È vero che molti versano in condizioni precarie. Ma per essere onesti, la "vita normale" che ci fanno intravedere è tanto entusiasmante quanto una nuova versione del film Visitatori.
Ed è vero che in un certo modo, siamo fragili, manipolabili, sfruttabili. A scuola, in realtà non ci hanno insegnato a difenderci, ancor meno a combattere da soli. Quello che ci hanno insegnato è preparaci a raccogliere merda tutta la vita col cucchiaino, una vita con le sue piccole rassegnazioni, i suoi chili di sogni infranti, la sua crudele mancanza di destino. È vero che molti versano in condizioni precarie. Ma per essere onesti, la "vita normale" che ci fanno intravedere è tanto entusiasmante quanto una nuova versione del film Visitatori.
Quando navighiamo sui social network o sui siti d'informazione, vediamo facilmente quello che i vecchi pensano di noi: ci compatiscono o ci disprezzano. Ancora un "movimento giovanile"! S’impietosiscono o se la ridono, ma sarebbe comunque tutto un film già visto. Forse o forse no. Noi abbiamo un'altra intuizione, l'intuizione che la storia ritorna, ma non si ripete. L'intuizione che questo governo è particolarmente spaventato che continuiamo, che non ci arrendiamo, che non abbandoniamo le strade. Questa è anche l'unica spiegazione alla brutalità delirante dei poliziotti schierati per impedire un’assemblea generale a Tolbiac. E no, Valls non ha paura della CGT [principale sindacato francese, equivalente della CGIL NdT] e dei lavoratori che marciano in silenzio. Quello che teme sono questi giovani che tutti disprezzano perché sa che, alla fine, forse ci stancheremo ma che non ci faremo comprare da false promesse o da un futuro sotto anestetico. Non sono completamente stupidi negli uffici ministeriali, sanno bene che non abbiamo molto da perdere e non sarà facile farci credere al loro futuro radioso.
Siamo davvero al centro di questo paradosso: è perché non siamo molto per questa società che siamo in qualche modo liberati da essa. Non abbiamo scommesso una lira su questo mondo, allora non abbiamo bisogno di fare lo struzzo mentre esso affonda. Se ci pensate: non lottiamo contro la precarietà, ma a partire dalla precarietà.
Quindi bisognerà dire a tutte queste persone che si preoccupano di noi o per noi: non abbiamo paura del futuro, è il vostro futuro che ha paura di noi. Non abbiamo paura della strada, del cambiamento, della rivolta. Non abbiamo paura di perdere il nostro lavoro o i nostri riferimenti, i nostri privilegi e il nostro piccolo conforto. Ce ne freghiamo completamente del vostro mondo, quello che vogliamo è tentare qualcosa, qualcosa di nuovo, inaudito, inverosimile. E voi non ci farete credere che il risultato potrebbe essere peggiore del merdaio che ci avete lasciato. "Ma che cosa proponete?” Ficcatevi al culo questa domanda. Per voi, dovremmo essere non solo giovani e stupidi, ma anche “giovani con le proposte”. La vita non è un video per le presidenziali non proponiamo nulla, invitiamo allo sconvolgimento, al sollevamento, all'insurrezione. Di idee ne abbiamo e ne avremo, e ciò casca a fagiolo perché morirete ben prima di noi
La questione non è di avere 16, 30 o 77 anni. Dobbiamo smettere di credere che la gioventù è una fase di transizione. Non si è giovani e poi, in seguito, vecchi. Non si è vecchi perché si è stati giovani. La gioventù è l'opposto del lasciarsi andare: è partire all'assalto del mondo, compreso quando si tratta di rovesciarlo.
La legge El Khomri è forse un pretesto – il pretesto che ci mancava - per scendere in strada, occupando gli edifici pubblici, incontrarci e decidere insieme. Sappiamo tutti che se non lo facciamo ora, se manchiamo di audacia e coraggio, il ritorno alla normalità sarà ancora più brutale: la vita di merda e le elezioni 2017 di merda. Cerchiamo meno di produrre un movimento di giovani che di pensare la gioventù del movimento. Vale a dire, dargli la possibilità di non essere quello che i movimenti precedenti erano. Permettergli di essere imprevedibile. Diamogli l'opportunità di non ripetere ciò che la generazione precedente ha fatto. Miriamo alla rivolta. Dai 7 ai 77 anni.
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