È una storia notturna quella dell’emendamento a favore del progetto petrolifero Tempa Rossa che ha messo nei guai l’ex ministro Federica Guidi per via dei lavori di subappalto nel sito che interessavano il suo compagno. La prima notte è quella tra il 16 e il 17 ottobre 2014, quando le commissioni Ambiente e Attività produttive di Montecitorio stanno discutendo il decreto Sblocca Italia: quel testo rende, tra le altre cose, molto più facile costruire impianti petroliferi (e inceneritori) visto che li dichiara “infrastrutture strategiche per l’interesse nazionale”. Si procede a tappe forzate ed è notte quando la deputata M5S Mirella Liuzzi si accorge di uno strano emendamento che rende “strategiche” pure tutte le opere connesse all’attività estrattiva: gasdotti, porti, siti di stoccaggio. Proprio quello che serve al progetto Tempa Rossa... quell’emendamento era stato consegnato alle commissioni dal capo di gabinetto del ministro Federica Guidi e portava la sua firma: la rivolta delle opposizioni, e forse l’imbarazzo del Pd, causano una irrituale dichiarazione di inammissibilità per quel testo...
Va meglio con la legge di Stabilità. La notte è quella tra il 12 e il 13 dicembre 2014 e siamo in commissione Bilancio in Senato. L’emendamento viene consegnato – come da prassi – dal ministero dello Sviluppo economico a Maria Elena Boschi, titolare dei Rapporti col Parlamento e gestore del traffico delle proposte governative. Stavolta il testo passa e viene recepito nella manovra poi approvata con la fiducia... Pochi minuti dopo, comunque, Guidi avverte il fidanzato e s’inguaia.
...il progetto Tempa Rossa ha il suo cuore nel giacimento lucano la cui concessione è appannaggio di Total (al 50%), Shell e Mitsui. I sei pozzi in Basilicata (più 2 da autorizzare) a regime dovrebbero produrre 50 mila barili al giorno, aumentando del 40% la produzione nazionale di greggio. Questo progetto ha già ottenuto una Valutazione di impatto ambientale positiva nel 2011. Qual è il problema allora? Quello che si fa col petrolio una volta estratto: bisogna portarlo a Taranto, stoccarlo e raffinarlo. È una vera fortuna che Eni disponga di un impianto proprio nella martoriata città dell’Ilva. E qui, però, cominciano i guai: cittadinanza, movimenti e (fino a un certo punto) pure i politici locali si oppongono a potenziare la capacità inquinante dell’impianto del Cane a sei zampe. Il motivo lo spiegò Arpa Puglia nel 2011: “L’esercizio di questi impianti comporterà un aumento delle emissioni diffuse pari a 10 tonnellate/anno che si aggiungeranno alle 85 tonnellate/anno già prodotte (con un incremento del 12%)”.
C’erano insomma problemi a fare i lavori al punto di approdo del petrolio estratto nel giacimento di Total e soci di Gorgoglione, in Basilicata: due siti di stoccaggio, un prolungamento del pontile e altre cosette. È qui che arriva l’ex ministro Guidi: l’emendamento prevede che l’autorizzazione unica per le opere “strategiche” valga anche “per le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali” anche lontano dal giacimento. E se gli enti locali si oppongono? C’è il secondo comma: lo Sblocca Italia prevede che, in quanto strategiche, su queste opere alla fine decida il governo. Il via libera definitivo ai lavori a Taranto è arrivato il 19 dicembre 2015, quattro mesi fa. Lo ha firmato il ministro Federica Guidi. Non si sa se poi abbia avvertito il fidanzato.
LA POSIZIONE DELLO SLAI COBAS SC DI TARANTO NELL'AGOSTO 2014
... sul progetto 'Tempa rossa'... Le questioni principali
che in questo momento solleviamo sono di due ordini: il problema dell'impatto
ambientale e il problema della democrazia sul territorio.
Sull'impatto ambientale, Taranto è una città che non può
permettersi di aumentare i carichi inquinanti neanche di un grammo; ha già davanti
a sè il problema importante e decisivo per il suo futuro di riuscire ad
ambientalizzare l'Ilva per permettere la continuità produttiva di una fabbrica
che non uccida nè i suoi operai nè le masse popolari tarantine, in particolare
quelle dei quartieri inquinati; il secondo problema che ha la città è quello
del gigantesco piano di bonifica del territorio.
Noi pensiamo che questi siano i problemi principali della
città e vogliamo l'unità di operai e masse popolari per imporre con la lotta la
difesa del lavoro e della salute e sicurezza.
Noi riteniamo che oltre all'Ilva, l'Eni, la Cementir, per
quanto riguarda le industrie, e la Marina Militare abbiano prodotto e
continuino a produrre altrettanti danni alla città. Per cui siamo perchè la
lotta operaia e proletaria si allarghi anche a tutte queste realtà, con gli
stessi obiettivi per quanto riguarda le industrie, con, invece, un radicale
cambiamento per quanto riguarda la Marina.
In questo quadro il progetto 'Tempa rossa' non è
accettabile. Esso vuole "sviluppare la città" ma nel senso attuale,
senza mettere in discussione non tanto l'industria quanto il primato del
profitto sulla vita degli operai e delle masse popolari.
La posizione attuale della Confindustria su questo e
l'agitazione della Confindustria nel raccogliere gli operai al suo seguito e
contrapporla al movimento necessario di lotta per il lavoro e la salute, è
sbagliata e va contrastata.
Ma il dibattito su tutto questo è avvelenato dalla questione
della democrazia e dei diritti violati della città, che proprio il progetto
'Tempa rossa' mette ancora una volta drammaticamente alla luce.
Il primo Ok al progetto 'Tempa rossa' porta la firma
esemplare della Prestigiacomo e di Galan, due ministri corrotti, sotto
inchiesta e uno dei quali arrestato proprio perchè al servizio delle lobby
industriali, affaristiche il cui raggio si è esteso in tutto il territorio
nazionale; la Prestigiacomo è anche dentro l'inchiesta "ambiente
svenduto". Quindi, il "via libera" deciso da questi ministri
deve essere revocato e annullato.
A questo si è aggiunta tutta l'azione dei governi seguenti
che è andata nella stessa direzione e anche qui viene sollevato la definizione
di "opera strategica" che è lo strumento che i governi e i padroni
hanno scelto per imporre comunque i loro progetti finalizzati a speculazione e
profitto. Quando questi governi parlano di "interesse strategico" non
vanno creduti per principio perchè fanno coincidere l'"interesse
strategico" con quello dei padroni. Questa è una seconda ragione per
respingere 'Tempa rossa'.
Con la parola "strategica" gli operai, lavoratori,
le masse popolari di Taranto vengono cancellati come soggetti che devono
decidere su ciò che accade nel loro territorio, vengono espropriati sulla
possibilità di discutere e far sentire la loro voce.
Nel caso concreto, per di più lo stesso consiglio comunale,
sia pur in maniera confusa e ipocrita, come tutto quello che fa la giunta
Stefano su questi temi, ha detto al momento il suo NO al progetto. Quindi, non
esiste che il governo, i padroni e l'Eni affermano di farlo comunque e fanno
andare avanti il progetto come se niente fosse.
Per questo lo slai cobas dice NO all'attuale progetto 'Tempa
rossa' e lo considera parte della battaglia generale che dobbiamo fare.
Certo chi grida assassini non contro i padroni ma contro gli
operai è gentaglia imbecille, piccolo borghese o sottoproletaria, che dice che
nociva è l'industria e non il capitale, che ci vuole portare a tempi immaginari
di una Taranto che non è mai stata come dicono loro se non nelle fotografia
delle mostre d'epoca...
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