Fabio Riva è stato mandato ai domiciliari - I padroni, che hanno ammazzato, sfruttato, truffato, lasciano il carcere, la gente del popolo, gli immigrati anche se non hanno fatto nulla restano anni e alcuni vengono anche uccisi in carcere. Una società che si basa su questa enorme e inaccettabile ingiustizia, deve essere rovesciata!
Le motivazioni degli avvocati di Fabio Riva e quelle della
sentenza sono un'offesa verso gli operai, la popolazione di Taranto,
ammalata e con tanti morti, per i profitti di questi porci padroni.
Gli
avvocati hanno sostenuto che le accuse verso Riva "si tratta di
preistoria" - quando non si tratta affatto di preistoria e continuano
oggi e continueranno anche negli anni futuri i tumori e le morti.
I
giudici hanno accolto la motivazione degli stessi legali, per cui,
"essendo mutato il quadro di riferimento della gestione Ilva (da tre
anni guidata da commissari di governo), non sussistono esigenze di
natura cautelare quanto meno rispetto al pericolo di recidiva".
Una
motivazione ridicola, tenuto conto che i Riva sono tuttora impegnati a
nascondere nei vari paradisi fiscali e nelle varie società di comodo i
loro miliardi fatti sullo sfruttamento degli operai Ilva di Taranto; e
questo inciderà eccome nel processo Ilva per quanto riguarda i
risarcimenti alle parti civili. E, quindi, Riva, fuori dal carcere,
avraà più mani libere in queste operazioni.
ANCORA UNA VOLTA, LA "GIUSTIZIA" HA DIFESO I PADRONI E HA ATTACCATO I LAVORATORI E LE MASSE POPOLARI
(Da Repubblica) - Fabio Riva, 61 anni, ex numero due del gruppo Riva Fire proprietario
dell’Ilva di Taranto, lascia il carcere. Il tribunale del riesame di
Taranto ha concesso gli arresti domiciliari all’industriale arrestato il
4 giugno del 2015 su mandato d’arresto europeo per il suo
coinvolgimento nell’inchiesta “Ambiente svenduto”
sul disastro ambientale di Taranto. Nel processo tarantino Fabio Riva risponde di associazione per
delinquere, corruzione, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze
alimentari e altri reati. A Milano invece l’industriale è stato
condannato in primo e secondo grado a sei anni e mezzo di carcere con
l’accusa di truffa allo Stato per aver beneficiato illecitamente di
fondi statali destinati alle grandi aziende che esportano all’estero.
A dicembre scorso la Cassazione aveva confermato il rischio di
inquinamento delle prove ma messo in dubbio quello di reiterazione del
reato alla base delle esigenze cautelari dal momento che Riva si è
dimesso da ogni incarico nell’azienda di famiglia e com’è noto da più di
due anni lo stabilimento è commissariato dal governo. Nell'agosto 2015,
invece, dopo il primo no alla scarcerazione del gip Vilma Gilli, il
tribunale del riesame aveva negato i domiciliari al figlio del patron
Emilio Riva.
Fabio Riva si era rifugiato per più di due anni a Londra per sfuggire al mandato di
cattura emesso dalla magistratura italiana,
A chiedere una misura cautelare più blanda del carcere sono stati i
difensori di Fabio Riva, gli avvocati Luca Perrone e Nicola Marseglia.
In particolare
durante la sua discussione davanti ai tre giudici del collegio
l’avvocato Perrone per contestare l’attualità della misura cautelare ha
fatto notare che le accuse del maxi processo “Ambiente svenduto” partono
dal lontano 1995, anno in cui i Riva acquistarono dallo Stato lo
stabilimento siderurgico di Taranto. “Si tratta di preistoria – ha detto
il legale - A quei tempi, anche se pochi lo ricordano, il presidente
del consiglio era Lamberto Dini”.
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