La Turchia diventerà la più grande prigione a cielo aperto per migranti. L’accordo raggiunto con l’Ue
dopo l’ultimo vertice europeo è già in vigore da due giorni, e anche se
le operazioni di rimpatrio dei migranti non sono ancora ufficialmente
iniziate il portavoce del coordinatore del governo greco per le
politiche migratorie, Giorgos Kyritsis, fa sapere che si tratta solo di
una questione di tempo. Il testo, approvato dai leader dei 28 paesi dell’Unione,
prevede infatti l’attuazione di un programma che nella sua brutalità è
piuttosto ambizioso. I migranti in arrivo sulle coste greche verranno
respinti verso la Turchia, mentre i profughi sulla rotta balcanica, in
maggioranza siriani, afghani e
iracheni in fuga dalle guerre che ben conosciamo, saranno rispediti sempre tra le braccia del presidente Erdoğan in attesa di tempi migliori. In pratica, le deportazioni di massa previste dall’accordo, delle quali si faranno carico l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere (Frontex) e le autorità turche, spingeranno migliaia di persone disperate e in cerca di rifugio verso un regime autoritario che semplicemente non riconosce la convezione di Ginevra sui rifugiati. Le domande di asilo poi non potranno essere prese in considerazione in maniera individuale, mentre per ogni siriano deportato in Turchia, un siriano già presente in territorio turco verrà ricollocato in un paese dell’Unione. Per la riuscita di questo meccanismo, l’Europa si è impegnata per un massimo di 72mila posti disponibili, ma in Turchia sono già presenti 2,3 milioni di profughi siriani.
iracheni in fuga dalle guerre che ben conosciamo, saranno rispediti sempre tra le braccia del presidente Erdoğan in attesa di tempi migliori. In pratica, le deportazioni di massa previste dall’accordo, delle quali si faranno carico l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere (Frontex) e le autorità turche, spingeranno migliaia di persone disperate e in cerca di rifugio verso un regime autoritario che semplicemente non riconosce la convezione di Ginevra sui rifugiati. Le domande di asilo poi non potranno essere prese in considerazione in maniera individuale, mentre per ogni siriano deportato in Turchia, un siriano già presente in territorio turco verrà ricollocato in un paese dell’Unione. Per la riuscita di questo meccanismo, l’Europa si è impegnata per un massimo di 72mila posti disponibili, ma in Turchia sono già presenti 2,3 milioni di profughi siriani.
La Grecia, ormai umiliata in tutto e per tutto,
viene delegata con Ankara alla gestione dei flussi migratori e della
crisi umanitaria che l’Europa non ha il coraggio di affrontare. Secondo
l’Unità di crisi ellenica al momento più di 45mila migranti si trovano
all’interno del paese, e il loro numero è in costante aumento. Le
condizioni del campo di Idomeni, località al confine
tra Grecia e Macedonia dove sono bloccate più di 10mila persone, sono
disperate; i profughi, tra cui numerose donne e bambini, sopravvivono
nel fango riparati in minuscole tende già allagate dalle piogge
torrenziali. Le ong presenti parlano di scarsità di viveri e denunciano
condizioni igieniche tragiche, lanciando l’allarme su possibili epidemie di epatite e colera. Come riportato dall’Independent, il ministro dell’Interno greco Panagiotis Kouroublis ha definito la tendopoli di Idomeni una “moderna Dachau”
nella quale le condizioni di vita dei rifugiati rispecchiano quelle dei
campi di concentramento nazisti. Nel frattempo, l’Ue e l’UNHRC, il
Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, stanno valutando gli
aiuti e il numero dei funzionari da inviare sulle isole greche per
fermare i migranti, tralasciando paradossalmente una situazione ancora
più drammatica.
In questo contesto, il premier turco Ahmet Davutoğlu
incassa una vittoria diplomatica... In un primo momento le sue richieste avevano addirittura infastidito un
paio di leader europei più critici, ma le pressioni e l’abilità di
Angela Merkel, in versione Viktor Orbán, hanno fatto
immediatamente richiudere gli occhi dell’Europa davanti
all’insopportabile ferocia del regime turco. La Turchia
dunque riceverà 3 miliardi di euro di aiuti finanziari per “prendersi
cura dei migranti” e, se non dovessero bastare, altri 3 miliardi
aggiuntivi verranno versati entro e non oltre la fine del 2018. La
guerra ha un costo, questo è poco ma sicuro, e che sia portata avanti
nei confronti dei migranti o rilanciata dall’estate scorsa contro il
popolo curdo poco importa. Il presidente Erdoğan,... gongola e apre le
tasche nell’attesa dei “fondi europei”, bacchettando i paesi membri per
il loro presunto sostegno ai curdi.
L’opportunità di liberalizzare i visti d’ingresso nell’area Schengen per i cittadini turchi e la nuova promessa europea di far ripartire i negoziati per l’adesione di Ankara all’Unione, entrambe condizioni contenute nell’accordo, rappresentano in una certa misura un nulla osta alle forze di sicurezza turche per continuare la brutale repressione della popolazione civile e dell’opposizione politica filocurda.
L’opportunità di liberalizzare i visti d’ingresso nell’area Schengen per i cittadini turchi e la nuova promessa europea di far ripartire i negoziati per l’adesione di Ankara all’Unione, entrambe condizioni contenute nell’accordo, rappresentano in una certa misura un nulla osta alle forze di sicurezza turche per continuare la brutale repressione della popolazione civile e dell’opposizione politica filocurda.
Con questo accordo non solo l’Unione europea... minimizza l’evidente
processo di fascistizzazione dello Stato messo in moto dall’alleato
Recep Tayyip Erdoğan. La strategia della tensione che sta rapidamente
canalizzando tutto il potere verso l’Akp, il partito del presidente,
tiene in ostaggio il popolo turco ed è essenzialmente funzionale
all’occultamento dei massacri di civili nel Kurdistan,
atrocità documentate per le quali i soldati del regime restano impuniti... Perquisizioni ed
esecuzioni sommarie, arresti arbitrari, saccheggi e violenze d’ogni sorta. Per non parlare dell’arresto di alcuni noti avvocati per la loro attività in difesa dei diritti umani, o della censura
e degli attacchi alla libertà di stampa. Giornali e televisioni sono da
tempo vittime di una repressione capillare, come dimostrano la miriade
di abusi denunciati. Basti pensare alla carcerazione di Can Dündar ed Erdem Gül,
direttore e caporedattore del quotidiano di opposizione laica
Cumhuriyet, che rimessi in libertà dopo 3 mesi di reclusione ora
rischiano l’ergastolo, oppure al più recente commissariamento del
quotidiano Zaman, critico con il governo e accusato dai procuratori di
essere vicino agli ambienti del 'terrorismo'.
Affidare la vita di migliaia di profughi, in fuga da guerre e
povertà, nelle mani di un regime che viola ripetutamente i diritti umani
è un crimine disumano...
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