La riforma del lavoro secondo Pietro Ichino: "Il licenziamento non è più un tabù"
ALESSANDRIA - La “filosofia” del Jobs Act
spiegata da Pietro Ichino. Lunedì 21 nella sede dell'associazione
Cultura e Sviluppo il professor Ichino, giuslavorista, senatore
della Repubblica tra i fautori della nuova riforma del lavoro, attraverso la
presentazione del suo ultimo libro “Il lavoro ritrovato” (Mondadori 2015)
ha illustrato i punti cardine sui quali la riforma è stata costruita, fornendo
un'analisi dei dati sin qui registrati in termini di occupazione dopo l'entrata
in vigore del cosiddetto contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti
e degli altri provvedimenti contenuti nel Jobs Act.
Flexsecurity, la parola d'ordine intorno alla quale il Jobs Act ha preso forma. Di cosa si tratta esattamente? “Flexsecurity non è altro che la coniugazione del massimo possibile di flessibilità delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza del lavoratore nel
passaggio da un posto ad un altro”, spiega il prof. Ichino. Per attirare maggiori investimenti serve un mercato del lavoro fluido, meno vischioso, in cui però siano garantite tutele alle persone in cerca di una nuova occupazione. In questo sistema il licenziamento non è più considerato un tabù. “La sociologia del lavoro - afferma Ichino - ci conferma che quanto maggiore è la protezione della stabilità del posto di lavoro, tanto minore è lo scambio tra la posizione di chi è fuori e di chi è dentro. Non è un caso che il 50% dei disoccupati in Italia si trova in questa condizione da più di un anno”.
In un mercato del lavoro meno ingessato, anche il licenziamento può diventare più sopportabile e meno traumatico. “Se il mercato è più vischioso significa che per chi ha il lavoro protetto diventa più pericoloso perderlo. Se perdere il posto crea un danno maggiore alla persona è normale che anche il giudice sia più severo con l'azienda che licenza”, la quale dovrà quindi ricompensare un costo sociale del licenziamento maggiore. Con la nuova riforma si crea un avvicendamento più rapido, per cui essere licenziati non rappresenti più un evento straordinario. Lo stigma negativo del licenziamento sarà perciò inferiore. “Il giudice di conseguenza non richiederà un difetto di produttività più grave per ravvisare il giustificato motivo. Le persone conservano il posto solo se la produttività è più alta”.,,,
Uno dei provvedimenti più discussi del Jobs Act è certamente l'introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Fino a dicembre 2015 il numero dei contratti stipulati con questa formula ha fatto registrare una aumento significativo, +46,9%, ma già nel primo mese del nuovo anno si è palesato un netto rimbalzo negativo di quasi il 40% rispetto a gennaio 2015. Il dato che fa riflettere è l'impennata delle assunzioni con l'indeterminato a tutele crescenti avuta negli ultimi due mesi dell'anno passato, andamento spiegabile, per stessa ammissione di Ichino, con la data di scadenza al 31 dicembre 2015 dello sgravio contributivo integrale a favore dell'azienda. Secondo i detrattori con il venir meno dell'incentivo economico verrà dimostrata l'incosistenza di questa nuova tipologia di contratti.
Flexsecurity, la parola d'ordine intorno alla quale il Jobs Act ha preso forma. Di cosa si tratta esattamente? “Flexsecurity non è altro che la coniugazione del massimo possibile di flessibilità delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza del lavoratore nel
passaggio da un posto ad un altro”, spiega il prof. Ichino. Per attirare maggiori investimenti serve un mercato del lavoro fluido, meno vischioso, in cui però siano garantite tutele alle persone in cerca di una nuova occupazione. In questo sistema il licenziamento non è più considerato un tabù. “La sociologia del lavoro - afferma Ichino - ci conferma che quanto maggiore è la protezione della stabilità del posto di lavoro, tanto minore è lo scambio tra la posizione di chi è fuori e di chi è dentro. Non è un caso che il 50% dei disoccupati in Italia si trova in questa condizione da più di un anno”.
In un mercato del lavoro meno ingessato, anche il licenziamento può diventare più sopportabile e meno traumatico. “Se il mercato è più vischioso significa che per chi ha il lavoro protetto diventa più pericoloso perderlo. Se perdere il posto crea un danno maggiore alla persona è normale che anche il giudice sia più severo con l'azienda che licenza”, la quale dovrà quindi ricompensare un costo sociale del licenziamento maggiore. Con la nuova riforma si crea un avvicendamento più rapido, per cui essere licenziati non rappresenti più un evento straordinario. Lo stigma negativo del licenziamento sarà perciò inferiore. “Il giudice di conseguenza non richiederà un difetto di produttività più grave per ravvisare il giustificato motivo. Le persone conservano il posto solo se la produttività è più alta”.,,,
Uno dei provvedimenti più discussi del Jobs Act è certamente l'introduzione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Fino a dicembre 2015 il numero dei contratti stipulati con questa formula ha fatto registrare una aumento significativo, +46,9%, ma già nel primo mese del nuovo anno si è palesato un netto rimbalzo negativo di quasi il 40% rispetto a gennaio 2015. Il dato che fa riflettere è l'impennata delle assunzioni con l'indeterminato a tutele crescenti avuta negli ultimi due mesi dell'anno passato, andamento spiegabile, per stessa ammissione di Ichino, con la data di scadenza al 31 dicembre 2015 dello sgravio contributivo integrale a favore dell'azienda. Secondo i detrattori con il venir meno dell'incentivo economico verrà dimostrata l'incosistenza di questa nuova tipologia di contratti.
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